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Elezioni europee 2024

Biggeri a Fanpage: “Guerra non è partita a Risiko, basta con strategia miope basata solo su armi”

“Da oltre due anni ormai inviamo regolarmente armi, missili e munizioni in Ucraina e nonostante questo l’esercito russo si trova in una posizione favorevole sul campo di battaglia. L’equilibrio di cui parla la Meloni si può trovare solo sul terreno di una soluzione negoziale”: lo dice Ugo Biggeri, fondatore di Banca Etica e oggi candidato con il M5s alle elezioni europee, in un’intervista con Fanpage.it.
A cura di Annalisa Girardi
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Da fondatore di Banca Etica a candidato alle prossime elezioni europee: parliamo di Ugo Biggeri, in corsa con il Movimento Cinque Stelle per il voto dell'8 e 9 giugno. In un'intervista con Fanpage.it spiega i motivi che lo hanno spinto a candidarsi e il suo contributo soprattutto per quanto riguarda gli obiettivi in finanza etica e nel campo del mercato delle armi, temi particolarmente cari al M5s e di primo piano in questa campagna elettorale.

Da Banca Etica alla corsa in Europa con il Movimento Cinque Stelle, come è nata questa candidatura?

È nata sui temi e sulle proposte. Ho apprezzato le novità portate dal Movimento 5 Stelle in politica soprattutto per le sue posizioni ambientaliste e per la giustizia sociale. Poi, durante la fase di scrittura del programma per le elezioni europee, si sono rivolti a me per le mie competenze sul tema della finanza etica e della trasparenza sull’import-export di armi. Ho dato un contributo alla scrittura del programma e il presidente Giuseppe Conte mi ha chiesto in seguito se volessi fare qualcosa di più per l‘Italia e l’Europa candidandomi e io ho accettato con entusiasmo. È una sfida nuova per me. L’attivismo è politica.

Nel simbolo del M5s è stata inserita la parola Pace. In Ucraina si può davvero arrivare alla pace senza armi, contando che lesercito russo in questo momento sta riuscendo a prevalere sul campo militare? Cosa pensa della tesi sostenuta più volte da Meloni secondo cui le armi servono proprio per arrivare a una situazione di equilibrio” tra le due parte in campo, che le costringa ai negoziati?

Penso che la guerra non sia una partita a Risiko. Qui ci sono morti reali, feriti, famiglie separate, distruzione. Nella guerra non ci sono come nei giochi da tavolo vincitori e vinti: ci sono solo sconfitti come ha sempre ripetuto Papa Francesco. Da oltre due anni ormai inviamo regolarmente armi, missili e munizioni in Ucraina e nonostante questo l’esercito russo si trova in una posizione favorevole sul campo di battaglia. L’equilibrio di cui parla la Meloni si può trovare solo sul terreno di una soluzione negoziale che risolva una volta per tutte le troppe contrapposizioni fra ucraini e russi. Questo non significa giustificare l’invasione di Putin che è ingiustificabile e avrà delle conseguenze nei rapporti con l’UE negli anni a venire, ma una cosa sono le sanzioni economiche altra il confronto sul campo di battaglia. Noi diciamo basta a questa strategia miope, è tempo di investire nella pace. Sostengo dunque l’appello di Luciana Castellina e altri in cui si chiede che il prossimo Parlamento europeo convochi una conferenza esplorativa che coinvolga le due parti e avvii una discussione su un possibile ordine di pace.

Del mercato delle armi si è occupato a lungo con Banca Etica, ad esempio battendosi per la legge 185 del 1990. Cosa porterà della sua esperienza a Strasburgo, se eletto?

Sulla pace e contro il mercato delle armi sono il candidato che ha più competenze anche in virtù della campagna che è poi sfociata nell’approvazione della legge 185 del 1990 che regolamenta l’export di armi italiane nel mondo. Questa legge non va modificata, così come intende fare il governo, piuttosto va traslata a livello europeo affinché i cittadini abbiano accesso alle informazioni sulle esportazioni di armi e su quali banche finanziano queste operazioni. Grazie alla mia esperienza acquisita in Banca Etica porto con me anche il know how sulla finanza sostenibile che esclude categoricamente qualsiasi finanziamento o investimento nell’industria bellica. L’Unione europea è il secondo esportatore di armi a livello mondiale, un primato che non può essere motivo di orgoglio.

Qual è la sua posizione sulla Difesa comune europea, sullesercito europeo e sulla possibilità di unificare” questa industria?

La Difesa europea può rappresentare una grande occasione di riduzione degli sprechi in un settore che presenta duplicati inutili fra i vari Paesi membri. In principio sono favorevole, tuttavia voglio vedere le carte e capire come questa proposta di rafforzamento della Difesa europea si concretizzerà. Non mi convince una certa retorica bellicista che è stata più volte recentemente usata da Ursula Von dar Leyen, ma anche da Macron. Non dobbiamo ripetere gli errori della Nato che ha assunto una postura più offensiva e di contrapposizione alla Russia, che puramente difensiva come invece dovrebbe essere. Quindi su questo tema la parola d’ordine è cautela.

A livello finanziario, invece, per cosa lavorerebbe in Ue? Per una politica fiscale comune?

La prima battaglia da fare è contro l’elusione fiscale e i paradisi fiscali che drenano risorse agli Stati membri. Secondo l’Osservatorio fiscale europeo i profitti spostati nei paradisi fiscali nel 2022 ha raggiunto il picco di 1.000 miliardi di dollari: è il 35% di tutti gli utili contabilizzati dalle multinazionali al di fuori del Paese in cui hanno sede. La nostra proposta prevede l’introduzione di una tassazione unica che si applichi al cosiddetto catasto finanziario. Secondo i nostri dati con questa proposta il gettito fiscale dei Paesi europei aumenterebbe del 20% e questo permetterebbe di combattere l’elusione delle tasse attraverso il trasferimento degli utili dai paradisi fiscali. Sarà una grande sfida perché molte grandi compagnie usano società di comodo per non pagare le tasse, ma se c’è la volontà politica io credo che potremo vincere questa battaglia.

E cosa ne pensa della riforma fiscale portata avanti in Italia da questo governo?

La tassazione deve essere equa e progressiva e questo governo invece sta puntando sulla flat tax che crea gravi diseguaglianze. Per esempio un operaio che percepisce 1.300 euro al mese pagherà la stessa aliquota di un dirigente che prende tre volte tanto, ma il carrello della spesa e anche il costo della vita è uguale per entrambi, quindi a perderci saranno sicuramente i più poveri. Inoltre, nella riforma fiscale non si affronta con la giusta determinazione il nodo spinoso dell’evasione fiscale. La riforma prevede depenalizzazioni e un concordato biennale a cui difficilmente le partite Iva potranno accedere. Insomma ci sono due pesi e due misure e si lascia tutto al caso, quando invece con una vera lotta all’evasione fiscale potremmo recuperare miliardi da redistribuire.

Infine, quali sono gli altri ambiti e obiettivi su cui vorrebbe lavorare a Strasburgo?

Nella mia vita mi sono occupato anche di ambiente e di agricoltura sostenibile, due temi che sono fondamentali per il futuro dell’Italia e dell’Europa. In particolare, lavorerò per rafforzare il biologico non solo perché è sinonimo di qualità, una caratteristica che ben si sposa con il Made in Italy, ma anche per una questione di sicurezza alimentare, troppo spesso sottovaluta. Già oggi in Italia il 20% di tutte le superfici coltivate sono biologiche. Io credo che questa sia la strada se vogliamo garantire un accesso al mercato globale ai nostri prodotti.

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