Bevilacqua (M5s) a Fanpage: “Autonomia autorizza per legge le diseguaglianze, Sud resterà indietro”
Un conto sono le peculiarità, un altro le diseguaglianze. Lo sottolinea la senatrice del Movimento Cinque Stelle Dolores Bevilacqua, affermando che il progetto dell'Autonomia del governo non ha a cuore la tutela delle prime, ma comporterà solo un aumento delle seconde: "L'Autonomia non è la risposta alle caratteristiche differenti delle singole Regioni, ma una spada di Damocle e una sentenza tombale sulle diseguaglianze nel Paese, che non potranno mai essere colmate con questa legge", dice in un'intervista con Fanpage.it.
Secondo la senatrice quella della maggioranza è solo propaganda e sulla riforma ci sono dei nodi che sarà impossibile sciogliere. In particolare, Bevilacqua fa riferimento agli investimenti necessari per uniformare i Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni che il governo dovrebbe definire per garantire che i servizi erogati rispettino uno standard minimo su tutto il territorio nazionale. In altre parole, uno strumento perché non ci siano cittadini di serie A e cittadini di serie B. Queste risorse, evidenzia però la senatrice Cinque Stelle, non ci sono.
Ci può spiegare cosa intende?
L'emendamento presentato da Andre De Priamo (FdI) ha svelato una volta per tutte l'ipocrisia della maggioranza sui Lep: De Priamo, cercando di dare la giusta importanza al fatto che debbano essere identificati questi livelli essenziali delle prestazioni prima che venga riconosciuta l'Autonomia alle varie Regioni, ha fatto riferimento al rispetto dell'invarianza di bilancio. Ma ci troviamo di fronte a un governo che su alcuni temi, si veda ad esempio la sanità, non solo non investe, ma addirittura taglia; un governo che ha sottoscritto un Patto di stabilità che porterà tagli di circa 12 miliardi nei prossimi anni. È chiaro allora che, in quest'ottica, quelle sui Lep restano parole vuote: non ci sarà mai un significativo apporto economico per definirli, resteranno allora lettera morta.
Svimez ha fatto un calcolo e ha detto che per arrivare a uniformare i Lep servirebbero 100 miliardi di euro. Stiamo parlando di un importo inavvicinabile, se si pensa che le Manovre valgono circa 20-30 miliardi: dove pensano di trovare 100 miliardi per colmare i gap tra i Lep in tutta Italia? È qualcosa di irrealizzabile. Significa mettere nero su bianco che da oggi l'Italia avrà delle diseguaglianze autorizzate dalla legge.
La Lega dice che non è vero che i divari aumenteranno…
Se l'Italia, nell'ambito del Pnrr, è riuscita ad avere la fetta più sostanziale dei fondi, è stato proprio perché l'Europa ha sottolineato come sia fondamentale per il nostro Paese intervenire su delle diseguaglianze oggettive tra Nord e Sud. Quindi dalla Lega non ci vengano a dire che non ci sono diseguaglianze, altrimenti certificano di non avere contatto con la realtà e che la loro è solo propaganda.
L'allarme sull'Autonomia differenziata non arriva solo dal Mezzogiorno, riguarda anche le periferie. Alcuni mesi fa mi sono trovata a discutere con dei sindaci delle comunità montane del Trentino, dove tra l'altro godono già di una certa autonomia e quindi sanno di cosa stanno parlando: sono preoccupati dal fatto che, senza alcun accertamento da parte del governo centrale delle scelte fatte a livello regionale, ci possa essere una penalizzazione delle periferie e delle comunità più remote, a vantaggio invece dei centri che godono di tutti i servizi.
Le disparità, quindi, non si creerebbero solo tra Nord e Sud?
No, c'è altro. E lo dice anche Confindustria, che ha stigmatizzato il rischio di un imprenditore che si troverà a operare con diverse sedi in Italia e dovrà fare i conti con venti regimi diversi a seconda della Regione in cui si troverà a operare. Insomma, venti sistemi fiscali diversi, con un notevole aggravio anche per i costi della gestione dell'attività, che si troverà polverizzata in venti realtà differenti.
Con l'Autonomia si ipoteca il futuro del Sud e delle periferie. Io non parlerei di Autonomia differenziata, ma di Autonomia delle diseguaglianze, perché mette nero su bianco in una legge dello Stato la canonizzazione della situazione attuale che vede un Sud fortemente svantaggiato.
Avete accusato la maggioranza di voler spaccare l'Italia…
Arriviamo dalla pandemia, che ci dovrebbe aver insegnato che su determinati temi – e mi riferisco alla sanità che è già fortemente regionalizzata – è fondamentale una gestione unitaria a livello nazionale. La pandemia ci ha mostrato le inefficienze di un sistema sanitario dove già i Lep esistono sotto forma di Lea, i livelli essenziali di assistenza: questi però dimostrano di essere rimasti lettera morta, in quanto i fondi per adeguarli in maniera uniforme su tutto il territorio non ci sono. La sanità è già gestita a livello regionale e questa gestione ha già dimostrato tutta la sua debolezza.
Inoltre le Regioni si troveranno a non ricevere più dallo Stato alcuni finanziamenti che derivavano dalla redistribuzione del gettito fiscale che veniva raccolto a livello centrale e poi, appunto per ripianare le discrepanze a livello territoriale, veniva redistribuito passando così da alcune Regioni ad altre. Sia Bankitalia, che l'Ufficio parlamentare di bilancio che il dossier studi del Senato hanno denunciato il grosso problema finanziario che si troveranno ad affrontare le Regioni a cui verranno tolti questi fondi, che non verranno reperiti più da nessuna altra parte.
C'è un certo bipolarismo in questa maggioranza. Da un lato vuole la riforma dell'Autonomia, ma dall'altro opera un fortissimo accentramento per quanto riguarda ad esempio i fondi di sviluppo e coesione, che sarebbero dotazione delle singole Regioni e il Pnrr, che il ministro Fitto che avoca a sé nella cabina di regia. Prima accentrano la gestione di questi fondi su Palazzo Chigi, poi vanno in Parlamento a votare l'Autonomia differenziata: dove sta la coerenza?
La maggioranza dice che in questo modo si bilanceranno i poteri: da un lato si accentra, dall'altro si delega alle Regioni…
No, non è bilanciamento: questo è bipolarismo istituzionale, perché non c'è alcuna attinenza tra i due piani. Sono due questioni che riguardano piani diversi della vita costituzionale dello Stato italiano, l'unica cosa che hanno in comune è la volontà di fare campagna elettorale e propaganda sulla pelle dei cittadini. Queste scelte le piangeranno gli italiani per i prossimi anni. Qui c'è un degrado delle istituzioni, che si comportano con la nostra Costituzione come se stessero barattando figurine. La maggioranza è spaccata e divisa e gioca a scambiarsi la riforma delle Autonomie in cambio di quella del premierato, due riforme che vanno in direzioni diametralmente opposte.
Il Partito democratico ha aperto anche all'idea di un Referendum, cosa ne pensa il M5s?
Come Movimento Cinque Stelle tenteremo tutte le strade per fermare questo scellerato progetto. Ma è chiaro che dobbiamo parlare di strade percorribili, altrimenti rischiamo di passare per quelli che non danno soluzioni concrete ai cittadini. Quello del referendum non è detto che sia un percorso fattibile.