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Bersani dice no al governissimo. E che sia la parola definitiva

La chiusura del segretario democratico ad ogni ipotesi di “equilibrismi, di precarie composizioni di forze contrastanti” serve a mettere la parola fine alle voci sull’inevitabilità dell’inciucio con il Pdl. Che del resto è soluzione che non serve a nulla. Non al Paese, almeno.
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Bersani-incarico

"Ci vuole un Governo, certamente". Lo sa Pierluigi Bersani. Lo sa Matteo Renzi. E lo sanno anche Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi, vicini, vicinissimi nelle valutazioni politiche di queste ultime settimane. Per ragioni diverse non sono dello stesso avviso invece Mario Monti e Beppe Grillo. Il professore sa benissimo che la sua sopravvivenza politica è indissolubilmente legata al ruolo che può ancora giocare in questa legislatura, sia alla guida dell'esecutivo (seppur come Presidente dimissionario) sia come elemento di mediazione – sintesi. Il capo politico del Movimento 5 Stelle invece si è scoperto "difensore della centralità del Parlamento" e ritiene non necessaria la funzione dell'esecutivo (una volta chiarito che, per ragioni di natura costituzionale ma non solo, non esiste la possibilità che l'Italia adotti il tanto citato "modello belga").

Insomma, al Paese serve un Governo. Ma la distanza che passa fra un governicchio, un esecutivo politico ed un governo delle larghe intese è enorme. E non colmabile, a meno che uno degli attori in gioco non decida di pagare un prezzo altissimo. Ha scelto di non rischiare Giorgio Napolitamo, non acconsentendo ai desiderata di Bersani, disposto a rischiare la sfiducia in Aula pur di mettere con le spalle al muro i parlamentari grillini. Ha scelto di non rischiare Beppe Grillo, sbarrando la strada ad ogni ipotesi di "collaborazione" con il Pd nella formazione del Governo e rispondendo picche anche quando Bersani "implorava" (come direbbe Renzi) almeno di non impedire un Governo del cambiamento. Il motivo per il quale a rischiare la disintegrazione in nome di una presunta responsabilità dovrebbe essere solo il Partito Democratico, francamente ci sfugge. Lo ha del resto detto molto chiaramente anche Andrea Orlando, restituendo la fotografia di un dissidio interno che non può essere certamente mascherato dall'unanimità con cui sono state accolte le relazioni di Bersani nelle ultime direzioni nazionali: "Una simpatica ed intelligente componente della segreteria nazionale rimprovera quelli come me, che con nettezza dicono no ad intese con il Pdl di sostenere questa posizione per acquisire il controllo del partito. Il problema e' assai diverso. Noi riteniamo che dopo un'eventuale intesa con il Pdl rischia di non esserci più il Partito".

Detto in altro modo: c'è una sola ragione concreta, non legata ad equilibri di partito o all'autoconservazione stessa del sistema, per il quale Bersani dovrebbe accettare la proposta di Berlusconi dopo aver detto, ribadito, sottolineato, messo nero su bianco la sua contrarietà ad un inciucio con il Pdl? C'è una sola urgenza, una sola riforma, un solo provvedimento di buonsenso che possa essere preso "esclusivamente" da un governo delle larghe intese? C'è un solo motivo per il quale, laddove ha fallito persino un Governo tecnico (sostenuto dalle "larghissime intese"), possa riuscire un compromesso fra le aree più conservatrici di Pd e Pdl? In che modo il Paese potrebbe trarre sollievo dall'incontro di due progetti che, almeno teoricamente, dovrebbero essere radicalmente alternativi? Ne abbiamo parlato anzitempo qui, anticipando in qualche modo anche lo sviluppo di tensioni interne al Pd.

E non è un caso che la discussione nel merito giunga a pochi giorni dall'elezione del nuovo Presidente della Repubblica, mai come stavolta cruciale per il futuro del Paese. Perché in gioco non vi è l'autoconservazione di un sistema, ma anche una tensione fra chi ancora considera il cambiamento una opzione possibile e chi, legittimamente, intende cristallizzare una situazione di precarietà ed incertezza. In nome ovviamente della responsabilità e delle misure urgenti da prendere nell'interesse del Paese, ci mancherebbe.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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