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Berlusconi non molla. E Forza Italia è al 21%

Nonostante la decadenza da senatore e le difficoltà nel trovare una linea comune, i sondaggi tranquillizzano Berlusconi: Forza Italia parte dal 21%.
A cura di Redazione
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Ancora una volta sono i sondaggi elettorali a regalare un po' di serenità a Silvio Berlusconi. Come racconta il Giornale, a riportare il sereno all'interno di Forza Italia, dopo la burrasca degli ultimi giorni, con l'uscita dalla maggioranza dei fedelissimi del Cavaliere e con il suo allontanamento dal Seanto della repubblica, è stato il confronto operato su 5 diversi sondaggi da Luigi Crespi: "Il sondaggista-comunicatore, incrociando 5 sondaggi, invitava i celebratori seriali di funerali politici anticipati a stare in guardia perché il leader di Fi può ancora contare sulla stessa percentuale del 27-28 marzo del 1994, quando il partito azzurro sorprese tutti conquistando 8.136.135 voti pari al 21,01%. Forza Italia superò di 300 mila voti i Ds (20,36%), battendo in coalizione la «gioiosa macchina da guerra» di Achille Occhetto".

Un dato che consente al Cavaliere di lavorare con serenità alle prossime mosse, che riguardano soprattutto il rapporto con Napolitano e con gli ex sodali del Nuovo Centro Destra. In effetti, era parso chiaro sin da subito che Berlusconi non aveva alcuna intenzione di appoggiare senza se e senza ma i falchi nel loro tentativo di impostare la resa dei conti definitivi con le (ex) colombe. Come racconta Signore: "Ai vertici di piazza in Lucina, infatti, sono in molti a lamentare che l'ex premier stia traccheggiando. Nessun affondo sul governo, niente bordate su Giorgio Napolitano e, soprattutto, nessuna presa di distanza da Angelino Alfano e i suoi. Questo, in particolare, il mood che in molti non sembrano comprendere".

È chiaro però come si tratti di una scelta determinata da una serie di considerazioni "temporanee". In effetti il Cavaliere non può che prendere atto dei nuovi equilibri della maggioranza e sa che la vera partita deve giocarla su due piani e due livelli diversi: da una parte la questione "giudiziaria" (che non è ancora chiusa, a sentire i suoi avvocati), dall'altra quella strettamente politica, con un cambio di passo che avverrà con l'avvicinarsi della consultazione elettorale di giugno.

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