Che si tratti di stranezze della politica agostana, di carenza di argomenti da parte dei media o di effetti collaterali della crisi economica e della conseguente incertezza politica, fatto sta che la notizia di un possibile riavvicinamento fra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini comincia a rimbalzare di testata in testata e ad assumere contorni più definiti. Ad aprire la strada a quello che sarebbe senza dubbio un "evento" nel panorama politico italiano, un paio di editoriali pubblicati dalle principali testate che fanno riferimento al centrodestra. Sia Libero che Il Giornale, in effetti, hanno più volte evidenziato i tanti "segnali di disgelo" fra il Cavaliere ed i vertici di Futuro e Libertà, evidenziati dallo "scambio di cortesie della scorsa settimana, quando in occasione del discorso di Berlusconi a Montecitorio Fini lo attese all’ingresso dell’aula per stringergli la mano e accompagnarlo ai banchi del governo e il premier restituì la gentilezza a fine seduta aspettando che il presidente della Camera scendesse dal suo scranno per una seconda stretta di mano". Una dimostrazione formale di un clima diverso fra gli ex alleati, testimoniato anche da alcune dichiarazioni di esponenti di primo piano dei due partiti, improntate alla "costruzione di un fronte unico per arginare la minaccia della crisi economica".
Insomma, stando ai due principali "osservatori" dell'area berlusconiana di centrodestra, il leit motiv dei due schieramenti sarebbe più o meno quello di "mettere da parte le divisioni e ritornare a dialogare". Certo, risulta chairo a tutti come non sia al momento praticabile la strada di un ulteriore rimpasto con l'inserimento nella squadra di Governo di esponenti di Fli e dell'Udc di Casini, ma ciò che invece affascina le parti politiche in gioco è una prospettiva di diverso tipo, che muove da alcune considerazioni ormai acclarate. Innanzitutto sono pochi i dubbi sul fatto che la parabola politica di Silvio Berlusconi stia per concludersi, fatta salva la prospettiva "istituzionale" o quantomeno quella di guida carismatica del fronte conservatore. In secondo luogo la profonda (malgrado tutto) riorganizzazione interna del Popolo della Libertà, che porterà alla marginalizzazione di alcune personalità che avevano caldeggiato la linea "oltranzista" nei confronti del Presidente della Camera, unita alla perdita di incidenza diretta del gruppo di Fli (scarnificato da defezioni e retromarce improvvise), sembrano garantire le "minime condizioni di dialogo", come del resto testimoniato anche da alcune dichiarazioni di Italo Bocchino. Infine, ma non di minore rilevanza, la considerazione che la linea terzopolista rischia di rivelarsi ben poco affascinante, soprattutto se lo scontro politico dovesse subire una accelerazione in autunno, considerando anche l'impasse in tema di alleanze nel centrosinistra e la determinazione di Alfano nel recuperare consenso tra i moderati. Tutto ciò, dunque, nell'ottica di una ricostruzione di un fronte moderato e conservatore che non necessariamente avrebbe come sbocco immediato un'alleanza elettorale e programmatico. Si tratterebbe in pratica di "recuperare un rapporto" in vista di una eventuale convergenza futura sui grandi temi ma soprattutto in relazione alla tremenda situazione economico – finanziaria in cui rischia seriamente di venirsi a trovare il Paese in autunno.
Quanto poi tali considerazioni ed ipotesi abbiano reale fondamento, sarà chiaro solo alla ripresa dell'attività parlamentare. E sarà proprio nel merito delle questioni che questi "sviluppi potenziali" dovrebbero concretizzarsi, sempre ammesso che non si tratti dell'ennesima manovra di disturbo o dell'ennesimo tentativo di disorientare l'opinione pubblica. Intendiamoci, l'idea di una classe dirigente responsabile e capace di superare rancori e divergenze nell'ottica dell'interesse nazionale, rappresenterebbe un deciso passo in avanti per l'intera politica italiana. Tuttavia, le grandi alleanze, i tavoli di concertazione e gli accordi programmatici, hanno senso solo se trovano concretizzazione e sostanza negli atti e negli indirizzi pratici. Ma soprattutto, più che generici appelli al dialogo, segnali di fumo e momenti di disgelo, occorrono serietà e rigore, consapevolezza della gravità della situazione e apertura reale e fattiva ai contributi delle forze di opposizione: il rischio è continuare a recitare la stessa inutile commedia, ma a pochi metri dal precipizio.