Tutto si sarebbe aspettato Silvio Berlusconi alla vigilia del voto sul Presidente della Repubblica, meno che di finire in un cul de sac a giochi nemmeno aperti. La mossa di Renzi, lo scacco con l’alfiere Mattarella, ha infatti ricompattato il PD e messo a dura prova quello che sembrava il ritrovato asse fra Forza Italia, i transfughi del Nuovo Centro Destra e gli ex alleati dell’Unione di Centro. Il Cavaliere si è trovato di fronte ad un bivio, con il problema che entrambe le strade portavano ad un vicolo cieco. Se infatti Forza Italia avesse deciso di non partecipare al voto per l’elezione del Capo dello Stato (e Mattarella ugualmente eletto), si sarebbe prodotto uno strappo clamoroso nei rapporti istituzionali (ma non era il momento della "pacificazione?") e la pressione sarebbe finita tutta sul Nuovo Centrodestra.
A quel punto Alfano avrebbe dovuto assumersi la responsabilità di uscire dall’Aula al momento dell’elezione del Capo dello Stato: scelta semplicemente impensabile per chi è anche ministro dell’Interno, a maggior ragione se su un nome “imposto” dal segretario di partito / capo del Governo. Il leader del Nuovo Centro Destra, insomma, avallando le tesi oltranziste di alcuni forzisti avrebbe messo fine non solo alle larghe intese sulle riforme costituzionali, ma anche alla sua stessa partecipazione al Governo. Ed è in questa chiave che vanno interpretati i goffi tentativi degli esponenti centristi di tenere distinti i due piani, l’elezione al Colle e l’alleanza di Governo. E ancora: andare alla conta in questo momento e contro questo avversario appare quasi un suicidio politico, dal momento che sono troppe le variabili (franchi tiratori, transfughi, pontieri) e tanti i paracadute di cui si è dotato Renzi (ex M5S, asse con Sel, candidatura "ineccepibile").
Che fare, dunque? È questa la domanda che si sono posti nelle ultime ore sia Berlusconi che Alfano, senza riuscire ad uscire dall’impasse. Per il Cavaliere, convergere ufficialmente su Mattarella significherebbe umiliarsi sulla pubblica piazza; per Alfano sostenere il candidato imposto da Renzi equivarrebbe alla rinuncia di qualunque residuale spazio di manovra all’interno dell’esecutivo e allontanarsi nuovamente dall’area forzista. Votare scheda bianca, in queste condizioni, è parso il minore dei mali: elezione sicura per Sergio Mattarella e resa dei conti rinviata a quando le condizioni lo permetteranno. Poco, pochissimo per chiunque.
È in questa chiave che va letto il "capolavoro di Renzi". Un candidato imposto con forza, di fronte ad un muro che si è sgretolato da solo, vittima delle sue contraddizioni (la finta opposizione al Governo e gli "interessi in comune") e delle mille tare strutturali (l'assenza di un leader con la piena agibilità politica, il costante calo dei consensi, l'isolamento in Parlamento). Insomma, la partita è (vabbeh, pare) chiusa: ha vinto Renzi, che è senza avversari e senza alleati di peso.