La questione della cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia continua a dividere la politica e gli italiani. Dopo le polemiche tra centrodestra e centrosinistra, ma soprattutto dopo i vergognosi attacchi personali ricevuti dal ministro per l'Integrazione Cecile Kyenge, appare chiaro che si tratta di un tema sul quale sarà molto difficile immaginare un'ampia convergenza fra le forze politiche (se possibile legittimata dal consenso degli italiani). Sull'argomento è tornato anche Beppe Grillo, con un breve trafiletto sul suo blog, in cui prova a chiarire alcuni punti e mette in chiaro la linea del Movimento 5 Stelle: nessuna preclusione sul cambiamento delle regole, ma è necessario che siano gli italiani ad esprimersi, magari con un referendum. Secondo il capo politico del Movimento 5 Stelle, infatti, si tratta di una decisione che può cambiare la geografia del Paese e non può essere lasciata alla decisione della politica. Ecco nel dettaglio il pensiero di Grillo sullo ius soli:
In Europa non è presente, se non con alcune eccezioni estremamente regolamentate, lo ius soli. Dalle dichiarazioni della sinistra che la trionferà (ma sempre a spese degli italiani) non è chiaro quali siano le condizioni che permetterebbero a chi nasce in Italia di diventare ipso facto cittadino italiano. Lo ius soli se si è nati in Italia da genitori stranieri e si risiede ininterrottamente fino a 18 anni è già un fatto acquisito. Chi vuole al compimento del 18simo anno di età può decidere di diventare cittadino italiano. Questa regola può naturalmente essere cambiata, ma solo attraverso un referendum nel quale si spiegano gli effetti di uno ius soli dalla nascita. Una decisione che può cambiare nel tempo la geografia del Paese non può essere lasciata a un gruppetto di parlamentari e di politici in campagna elettorale permanente. Inoltre, ancor prima del referendum, lo ius soli dovrebbe essere materia di discussione e di concertazione con gli Stati della UE. Chi entra in Italia, infatti, entra in Europa.
È chiaro che l'appello alla condivisione delle scelte è senza dubbio lodevole, anche perché si inserisce nel solco di una rinnovata partecipazione al processo democratico che è uno pilastri della piattaforma ideologica del Movimento 5 Stelle. Tuttavia bisogna chiarire un paio di passaggi che il post di Grillo affronta in maniera superficiale, probabilmente per "ragioni di carattere comunicativo". Innanzitutto (e tralasciando il riferimento all'Europa), come precisato più volte dal ministro Kyenge, "non si è mai detto che l'Italia deve applicare uno ius soli puro", ma semplicemente c'è la necessità di aggiornare la normativa (l'urgenza, considerando che la legge che disciplina la questione è datata 1992, quando era nettamente inferiore il numero di minori nati in Italia e senza cittadinanza). Inoltre, il cuore del problema è il limbo in cui vivono decine di migliaia di minori, addirittura di seconda e terza generazione, che non hanno diritto alla cittadinanza italiana. Infine, occorre precisare che la base di partenza della proposta del ministro sarà, con buona probabilità, la proposta già al vaglio della Commissione Affari Costituzionali della Camera "che estendeva la cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia o arrivati da piccoli, legandola a una certa stabilità del nucleo familiare o alla scuola", oppure quella del Pd che contemplava la cittadinanza per chi "nasce in Italia con almeno un genitore residente da cinque anni e il minore che arriva nel paese e conclude almeno un ciclo scolastico (elementari, medie, superiori o formazione professionale)".