Beppe Grillo sul fine vita: “Tema morale da passerella politica. Noi non siamo pro-morte”
In un lungo post pubblicato sull'omonimo blog, Beppe Grillo discute di fine vita e sferra un pesante attacco ai radicali, da sempre promotori di disegni di legge dedicati ai diritti civili e sostenitori della legalizzazione di eutanasia e testamento biologico. "In che modo un parlamento, la legge scritta oppure ancora da scrivere, può contenere in se la più grande paura dell’uomo? Come possiamo pensare di trovarci tutti d’accordo su qualcosa, la fine della vita per come la conosciamo, che ognuno di noi vede e teme in modo differente?", si chiede Beppe Grillo. "Nulla è più soggettivo della morte, crediamo di averla descritta e definita in modo scientifico, ed è vero, limitatamente alla definizione dello stato di vita e quello di morte. Ma la morte ( noi da morti) che cos’è? Il passaggio dall’essere vivi al non esserlo più in cosa consiste? È questo che chiamiamo morire ed è tale questione che ci trova ignoranti e intimoriti al tempo stesso. C’è solo una cosa chiara riguardo a questo tipo di argomenti: finiscono per diventare la passerella di schieramento politico preferita da coloro che non intendono affrontare la questione in se ma, piuttosto, vogliono dispiegare come ruote di pavoni il loro colore morale. Invece di essere in contatto con temi potenzialmente sconvolgenti si approfitta per schierarsi, pronti a dichiarare inaccettabile oppure inammissibile l’argomento stesso", sostiene il fondatore del Movimento 5 Stelle.
"Ma neppure possiamo fare la fine dei radicali, dove ci sono disgrazie ci sono loro, referendum per morire, per divorziare (che è comunque una fine), per uccidere o aiutare ad uccidersi ci sono loro, i radicali… ma perché? Non li ho mai capiti, la loro ideologia è la fine, si tirano un po’ su con le coppie di fatto e i matrimoni Gay ma con gli uteri in affitto si finisce di nuovo nel truculento, nella morale elitaria di chi ad una sorta di élite è convinto di appartenere. Perché vi parlo dei radicali? Loro nascono da una posizione morale e basta, li finiscono. Noi non siamo qui a dire alla gente che cosa è buono e cosa è cattivo: c’è una libertà di pensiero assoluta nel movimento. Quello che ci unisce è il desiderio di restituire ai cittadini la determinazione del loro essere sociale e il rispetto del loro essere in privato", prosegue Beppe Grillo.
"Questo non significa che siamo completamente incapaci di riflettere oppure fornire degli spunti di riflessione in merito al fine vita. La prima cosa, la più semplice: il problema è reale e chiede alla politica una soluzione… Perché la vita e la morte sono la differenza principale che l’uomo percepisce se deve prendere delle decisioni. Perché la fine della vita ci terrorizza e, se non siamo particolarmente timorosi della morte in se lo siamo del morire, di come moriremo. Credo che sia possibile instaurare un dialogo sulla morte che non si fondi sull’ideologia, ma neppure sul nulla, ed ecco un punto di partenza: non esistono esperti della morte! Se considerate un medico di trincea, non uno di quelli che rifanno le tette, e lo confrontate con qualcuno che non abbia mai visto un morto in vita sua il medico saprà dire tante cose su come si cerca di evitare la morte; oppure evitare di far soffrire immensamente qualcuno che non ha alcuna speranza evitando l’accanimento terapeutico. Ad esempio rianimando oppure insistendo con chemio e radioterapie oramai inutili in quel caso specifico. Verrebbe da pensare: ‘caspita il primo sa tantissime cose sulla morte più del secondo' ma non è così".
"Sia ben chiaro: il movimento non considera le posizioni morali, oppure religiose, come di meno o più qualificate ad esprimersi in questo senso. Semplicemente sappiamo che si tratta di opinioni piuttosto che certezze. Credere ed essere scientificamente certi di qualcosa rappresentano le due posizioni potenzialmente più distanti che si possano immaginare al riguardo. Eppure, se pensiamo alla società civile, tutto quello che l’uomo pensa, crede, oppure vive come una convinzione meritano uguale rispetto in una società civile, quella comunità di esseri umani che vive sotto lo stesso tetto di fronte a questo argomento. Se, però, è vero che nessuno conosce la morte in sé, a prescindere dalle delle proprie esperienze umane e professionali, dobbiamo partire proprio da questa mancanza di conoscenza, dal momento che ci tutti rende uguali di fronte alla questione. Che si tratti di un conoscere oppure un non conoscere quello che importa è che vale per tutti: il mistero della vita come il mistero della morte", sostiene Beppe Grillo.
Se fossimo intimamente consapevoli di questa profonda mancanza di certezze riguardo la morte in se, sarebbe molto più semplice spogliarsi di quelle posizioni preconcette che così tanto influenzano i dibattiti sul tema. Ed è questo che vi sto chiedendo: di provare a liberarci dei preconcetti e limitarci a decidere su ciò che è contemplabile alla luce, oppure al buio, della nostra ignoranza circa la natura della morte: per questo siamo soddisfatti dei risultati raggiunti in parlamento dove non ci si poteva aspettare un’unanimità di pensiero come ha affermato Silvia Giordano, nostra parlamentare. Eppure, nonostante un lavoro collegiale e di ascolto reciproco “durante il quale più volte, ascoltando gli altri, abbiamo modificato la nostra idea” in molti hanno ceduto alla tentazione della mossa politica di demagogizzare l’altro affibbiandogli l’appellativo di “pro-morte”. Io credo che queste posizioni simil radicali oppure pienamente oscurantiste rappresentino il fumo dietro il quale ci si vuol nascondere e con il quale si desidera confondere avversari immaginare costruiti alla bisogna di un dibattito politico che cerca la sterilità per non produrre nulla, oltre a nuovi soggetti politici e persone di nuovo additabili come pro questo oppure pro quello.
Gettare un mistero in mano a gente di quella fatta e gettare perle ai porci non è tanto differente, ne quella gente, nei i porci, sanno fare di meglio, con quelle perle, che guarnire una versione kitsch e naziona-lpopolare di una questione che riguarda il nostro intimo più di qualsiasi altra. Una questione che, però, intima non può restare dal momento che è regolamentata e gestita dallo stato.
Così non abbiamo permesso che il non poter definire la morte in se si sia trasformato in un caos alla radicale maniera; oggi così simile al modo in cui trattano le questioni moltissimi parlamentari che si sono nascosti dietro improbabili atteggiamenti morali in cerca di un autore politico a cui asservirsi.