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Beppe Grillo non fa più ridere. E proprio per questo fa paura ai partiti

Lo spettacolo di Grillo convince, motiva ed esalta gli spettatori. Ma non fa ridere. E forse è giusto così: il comico ha da tempo lasciato il posto al politico. Che ora punta in alto e fa davvero paura ai partiti.
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L'inizio è di quelli che lasciano presagire qualcosa di diverso, sinceramente. Lo spettacolo "Te la do io l'Europa" di Beppe Grillo si apre infatti all'insegna dell'autoironia, con la riproposizione del fumetto animato di Makkox a Gazebo, quel geniale "Abat – jour" in cui si ironizza sull'ossessione del chiedere alla Rete della coppia Grillo – Casaleggio, Sandra e Raimondo trasfigurati. L'ampia platea del Palapartenope ride di gusto e si prepara ad accogliere il capo politico del Movimento con una vera e propria standing ovation (poche le sedie vuote, niente tutto esaurito insomma, ma un ottimo risultato che smentisce le voci di un presunto "flop" per il ritorno sulle scene di Grillo; con la presenza ). Grillo arriva con una specie di lenzuolo in una mano (la bandiera Ue, che userà per 20 secondi) e una lettera nell'altra (quella dei lavoratori del Consorzio di bacino senza stipendio da 18 mesi, gli stessi della protesta di Sanremo; lettera che leggerà senza però specificarne la provenienza) e si gode gli applausi prima di ripetere sarcastico (lo farà altre 4 volte nel corso della serata): "Questo non è uno spettacolo, ma un comizio politico a pagamento".

Il punto è che, sarcasmo a parte, Beppe ha perfettamente ragione. Quello che andrà in scena di lì a poco sarà a tutti gli effetti un comizio elettorale, o meglio, un lunghissimo incontro di un leader di partito con la sua gente in vista di un appuntamento elettorale presentato come una vera e propria crociata. E attenzione, a giusta ragione, dal momento che quello che occupa la sala è il "suo" popolo, che partecipa, si appassiona, si diverte, si carica e interagisce in un modo mai visto prima. Sinceramente ho visto raramente il pubblico conoscere l'intero repertorio del "comico", suggerire battute, completare le frasi e le informazioni, correggerne le sbavature, regalare momenti di reale comicità (ci arriveremo) e via discorrendo. È una assemblea, un momento di sintesi e un punto di partenza per la battaglia: che sia a pagamento o meno, non interessa ai partecipanti, perché dovrebbe interessare gli altri?

Però non è uno spettacolo teatrale, o meglio, non è nemmeno uno spettacolo. Probabilmente, togliendo gli ultimi quindici minuti (in cui si parla di scuola, mobilità e progresso), Grillo non ha avuto nemmeno bisogno di scriverlo. Si tratta del "racconto collettivo" del Movimento 5 Stelle, con punte di doverosa autocelebrazione (l'incontro con Bono e Mandela, i risultati elettorali, i primi passi con Casaleggio e via discorrendo) e soprattutto con il "riepilogo delle puntate precedenti", che occupa tre quarti di spettacolo. Dal "che fine ha fatto Letta?", a quel "Renzi spuntato dalla massoneria fiorentina" (con l'ormai celebre incontro cui Grillo dedica un rapidissimo passaggio, forse sapendo che non si è trattato della sua migliore esibizione), poi giù fino a Bersani – Gargamella che voleva "solo i nostri voti", all'incontro con Napolitano ("non è saggio, è furbo, ma ormai tocca arrivarci solo con le sedute spiritiche) e ancora alla questione della composizione delle liste ("sono capo politico solo per una questione giuridica") e dei primi dissidi interni ("espulsioni dopo 3 gradi di giudizio". La questione "Europa" è invece indissolubilmente legata alle imminenti elezioni e Beppe arringa: "È una guerra all'ultimo sangue, se vinciamo le elezioni non sta più su niente; ci basta prendere un parlamentare in più del Pd e dovranno prenderne atto". Qui Grillo ripete punto per punto tutti, ma proprio tutti, i ragionamenti fatti sul blog e in Aula. Dal populismo al vero europeismo, dal referendum sull'euro al pareggio di bilancio, dal fiscal compact dei "50 miliardi l'anno per vent'anni" (sic) al Mes, dalla creazione del debito alla minaccia delle multinazionali (qui obiettivamente la logica va un po' a farsi benedire, ma prendetela come un'opinione di chi scrive), dagli sprechi del Parlamento Europeo alla collocazione del M5S nei gruppi ("Non decido mica io", spiega, dimenticando forse quanto scritto nel Codice di comportamento, in cui si legge che, in effetti, decide lui…). E, come del resto "tradizione", c'è un ampio spazio ai temi economici, con proiezioni che definire "catastrofiste" sarebbe riduttivo e con valutazioni "discutibili" ("Prenderanno il risparmio privato, anzi lo stanno già facendo; Renzi sta tassando i risparmi e le cose peggioreranno, si prenderanno i risparmi dei pensionati e tasseranno i nostri conti correnti").

Il "problema" è che Grillo non fa più ridere. C'è poco da dire, semplicemente non fa ridere. In due ore di spettacolo le battute "da copione" sono poche e fiacche, con qualche illuminazione ("Abbiamo inserito in Parlamento una figura che non si vedeva da trent'anni: un onesto; "Io ormai vivo con un notaio nel letto, come mi muovo mi autentica un movimento") ma anche con momenti decisamente imbarazzanti ("I 33 voti in Val d'Aosta? Ma se non parlano italiano, non si capisce manco che dicono"; "Le leggi sono piene di commi, comma sopra, comma sotto: dopo averle lette vai in comma"; "Voi avete i cani ‘c'aggia fà', che si sdraiano in posti impensabili") e il ricorso a vignette e fotomontaggi raccattati in giro sulla Rete (all'ottimo Biani, affianca qualche immagine infantile e banale). Il passaggio sulla città che ospita la tappa, di solito uno dei punti di forza degli show grillini, va oltre l'imbarazzante, con i soliti luoghi comuni sul "napoletano che eternizza il presente", si lamenta in continuazione, non rispetta i semafori, si attacca la corrente da solo eccetera, cui stavolta Beppe aggiunge una (pazzesca, davvero pazzesca) sparata neoborbonica: "Vi hanno derubato di tutto con una finta storia, avevate tutto, ricchezze e progresso, con i Borbone che hanno restituito tutto a questa città…e poi Carlo III? Ma quante cose ha fatto Carlo III?". L'ovazione che chiude questo passaggio è da far gelare il sangue (e al 99% degli storici di tutto il mondo saranno fischiate le orecchie). Su de Magistris poi Grillo riesce a prendersi anche qualche fischio (quando lo definisce "il meno peggio"), ma anche a far sorridere quando ammette il suo errore: "Ho sbagliato io a sostenerlo al Parlamento Europeo, io ci credevo, ora sputatem ‘nfaccia".

Insomma, non è uno spettacolo comico. E non è nemmeno uno spettacolo per tutti (men che mai per giornalisti, il male assoluto anche per la platea, che riempie di insulti anche gli operatori che fanno interviste all'inizio). Un peccato, probabilmente, perché Grillo ha dei tempi comici fenomenali e sprazzi di genio assoluto. Ma alla fine è giusto così, perché Grillo è il leader indiscusso di quella che potrebbe diventare la prima forza politica del Paese e in questo momento, come in parte ammette lui stesso in un passaggio dello spettacolo, riesce difficile se non impossibile considerare come "satira" i suoi interventi sulla vita politica e sociale del Paese. Perché non c'è dubbio che la satira possa essere partigiana e utilizzata strumentalmente alla creazione del consenso, ma dovrebbe avere come precondizione la smitizzazione del satiro stesso, la sua "riduzione" a giullare (e un fondo di onestà intellettuale che in parte manca…). E c'è contraddizione fra il giullare ed il potere (e, volente o nolente, Grillo detiene un'opzione sull'intero Movimento), anzi incompatibilità vera e propria. Grillo è ormai coerentemente e compiutamente un politico. E non hanno senso né valore le esegesi riduzionistiche delle sue parole, che hanno invece la legittimazione data dal voto di oltre otto milioni di italiani. Insomma, va preso sul serio. Del resto, se lo fanno Digos e magistrati (lui stesso racconta ridendo che per aver usato la parola "psiconano" ha ricevuto due denunce, dalle associazioni di nani e malati psichiatrici, ma l'esempio "reale" è quello delle denunce "politiche" degli ultimi mesi), non si capisce per quale motivo non dovrebbero farlo gli altri. Soprattutto quelli che gravitano intorno a Palazzo Chigi.

Ps: ho volutamente steso un velo pietoso su "Grillo spiega Youporn", ripensando ai tempi in cui faceva scoprire al Paese Skype o Wikipedia…

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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