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Benifei (Pd): “Voteremo Fitto solo se Von der Leyen non piega la testa ai Conservatori”

Domani è atteso l’ok del Parlamento europeo alla nuova Commissione Ue, dopo l’accordo tra S&D e Ppe sulla nomina di Fitto. “Lo voteremo, purché von der Leyen chiarisca il programma politico resterà quello che abbiamo approvato a luglio”, dice a Fanpage.it l’eurodeputato Pd Brando Benifei.
A cura di Giulia Casula
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Domani a Strasburgo è atteso il via libera della plenaria del Parlamento europeo alla nuova Commissione, che diventerà operativa il 1° dicembre. Dopo ore di negoziati tra Popolari e Socialisti, i gruppi che compongono la cosiddetta "maggioranza Ursula" hanno trovato l'accordo attorno alla vicepresidenza esecutiva di Raffaele Fitto. 

Quello di S&D però, è un sì con riserva. "Ci aspettiamo che nel suo discorso mercoledì Ursula von der Leyen chiarisca che il programma politico resterà lo stesso su cui abbiamo dato l'ok a luglio. Altrimenti, potrebbe avere dei problemi nel momento del voto", dice a Fanpage.it l'eurodeputato del Partito democratico, Brando Benifei. Il dem però non teme il rischio imboscata: "Sono fiducioso che saprà fare chiarezza".

Alla fine l’intesa su Fitto è arrivata al termine di una lunga trattativa con i popolari. All’inizio il gruppo di S&D sembrava intenzionato a tenere duro sulla richiesta di ritirargli il ruolo di vicepresidente. Cos’ha determinato il cambio di passo? 

Quando si è deciso di dare un via libera a tutti i commissari vicepresidenti che erano rimasti da approvare, noi fino all'ultimo momento del processo decisionale, abbiamo ritenuto di dover mettere per iscritto un nostro disappunto esplicito per la scelta di dare una vicepresidenza a un esponente dei conservatori. Infatti S&D, ma anche Renew, Left e Verdi hanno messo per iscritto, con una nota di minoranza, una posizione di preoccupazione rispetto al possibile tentativo di indebolire il ruolo della Commissione nel tutelare lo stato di diritto di fronte all'uso dei fondi europei. Perché quando Fitto è stato capogruppo di Ecr ha molte volte votato a difesa di Orban. È l'esempio più classico di situazione dove c'è un potenziale abuso dei fondi europei in contesti di non rispetto della separazione dei poteri.

La linea però era quella di un pacchetto di vicepresidenti senza Fitto, poi avete cambiato idea… 

Noi non abbiamo cambiato giudizio. Quello che è maturato in una discussione nel gruppo è la scelta di permettere di far avanzare la Commissione europea e arrivare a una discussione poi in aula. La questione non è per Fitto, in quanto tale, il quale ha fatto anche un'audizione migliore di altri commissari che sono stati esaminati ed è una persona seria con cui si può ragionare, che non è chiuso al lavoro di compromesso da fare per arrivare a delle maggioranze e a degli accordi in Europa. Quello che però noi riteniamo essenziale e che dovrà essere chiarito in questi giorni da von der Leyen – altrimenti questo tentativo di trovare una soluzione non sarà sostenibile – è che l'indicazione di un ruolo di vicepresidente a un esponente di Ecr, non comporti un cambiamento del programma politico. La nostra contrarietà non è cambiata, però se Von der Leyen vuole riuscire ad avere il nostro appoggio è essenziale che faccia chiarezza.

Cosa vi aspettate che dica la presidente della Commissione europea? 

Qualche parola l'ha iniziata a dire in queste ore, ma nel discorso di mercoledì deve chiarire che il programma di luglio, che ha messo insieme Ppe, Socialisti, Verdi e Liberali e che riguarda una serie di questioni su cui Ecr ha posizioni diametralmente opposte, si mantenga. Come primo passo positivo in questa direzione, ma non sufficiente, abbiamo avuto un documento di Ppe, Liberali e S&D con ribadito il fatto che noi riteniamo che l'impianto della Commissione debba essere quello su cui von der Leyen ha chiesto i voti.

Insomma, volete la garanzia che von der Leyen non pieghi la testa ai Conservatori? 

Esatto, però diciamo che quello che la Commissione dice nel momento più solenne in cui viene a chiedere il voto è quello che dà anche un segno alla alla legislatura. Ad esempio nella scorsa legislatura, la presidente della Commissione espresse in maniera chiara la volontà di procedere con il Green Deal, che è stato uno dei segni della legislatura del 19-24. Quindi attendiamo a questo punto, perché l'indicazione di un vicepresidente Ecr ha creato problemi e noi non abbiamo potuto evitare sino all'ultimo di chiarire la nostra contrarietà.

Nell'accordo con il Ppe, quanto ha pesato effettivamente il sì da parte dei popolari a Ribera?

La questione di Ribera, a mio avviso è stato più un bluff dei Popolari che una reale questione perché votare contro Ribera significava portare tutto il gruppo di S&D a essere al 100% contrario a votare la presidenza della Commissione questa settimana. Era più una minaccia che altro. Il Ppe spagnolo ha voluto trasformare l'esame della commissaria in un processo al governo Sanchez. È una vergogna, fuori da quello che noi siamo abituati a vedere. Ma so che anche nel Ppe c'è chi non gradisce  questo andazzo di farsi trascinare verso l'estrema destra dai gruppi interni che vogliono fare battaglie tutte nazionali, a scapito di trovare gli equilibri europei.

Su Fitto Meloni ha accusato il Pd di non difendere l’interesse nazionale rivendicando quanto fatto da Fratelli d'Italia nei confronti di Gentiloni. Ora come si sente di rispondere? 

Mi sembra un ragionamento che non sta assolutamente in piedi. Meloni e lo stesso Fitto nel 2019 avevano dichiarato sulle colonne del Secolo d'Italia che Gentiloni era il frutto di uno scambio di poltrone fra il MoVimento 5 Stelle e il Pd. Questo era il tono con cui si ponevano di fronte all'indicazione del commissario italiano, addirittura promuovendo una manifestazione davanti a Palazzo Chigi per protestare. Noi abbiamo avuto un atteggiamento serio, abbiamo fatto un esame a Fitto sulla sua delega. Il tema è politico e riguarda Ecr. Noi non vogliamo che i nazionalisti incidano sulla costruzione del programma della Commissione europea: von der Leyen e il suo partito cosa vogliono fare? Perché il Ppe in questo Parlamento ha una maggioranza relativa tra i gruppi, quindi il tema è se vuole mettersi nelle mani degli estremisti di destra o vuole ragionare con i gruppi pro-europei. Altrimenti, si è visto, si può bloccare l'azione dell'Unione europea.

Secondo alcuni retroscena però, i socialisti non sarebbero d'accordo al loro interno. C'è il rischio che anche il Pd si spacchi e si presenti diviso? 

Questa ricostruzione mi pare destituita di fondamento. Ho partecipato a tutte le discussioni e c'è stata una preoccupazione condivisa sulla presenza di Ecr nella Commissione. Ci possono essere valutazioni differenti, magari basate su esperienze diverse che si hanno avute con Fitto. La posizione del Pd, come è stata espressa anche dalla segretaria è chiara: noi non poniamo questioni di politica nazionale diversamente da Meloni. Su questo il partito è unito.

Mancano poco al voto finale. Dobbiamo aspettarci delle sorprese? 

Sono convinto che von der Leyen abbia dimostrato in passato di sapere tornare sui propri passi rispetto a impostazioni errate e a cogliere il quadro politico. Credo che abbia visto come un'apertura alla destra più nazionalista scompaginerebbe un quadro politico interno. Mi sembra che le parole rivolte in queste ore ai Verdi siano indicative di una consapevolezza in tal senso. Ci saranno riunioni con lei e  con la nostra capogruppo Iratxe Garcia per discutere insieme di cosa dirà mercoledì. Sono fiducioso che capisca che ora è il momento di fare chiarezza. Altresì, se non lo facesse, avrebbe dei problemi nel voto e certamente il nostro gruppo si spaccherebbe.

Quindi il vostro è un sì con riserva? 

Diciamo che attendiamo da qui a mercoledì. Quello che è accaduto la scorsa settimana ha mostrato come andare verso  la destra non porta niente di utile alla Commissione europea. Spero che che le parole che ci aspettiamo di sentire vadano in questa direzione, ma lo capiremo nelle prossime ore.

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