Benedetta Scuderi (Verdi): “L’Europa finanzi la transizione energetica per convincere i cittadini”
Benedetta Scuderi è candidata alle elezioni europee dell'8 e 9 giugno con Alleanza verdi e Sinistra. Ha 32 anni, è originaria di Agropoli, in provincia di Salerno, ma ha studiato tra Roma, Londra e Milano, dove ha deciso di stabilirsi. Infatti, è candidata alle europee con la circoscrizione Nord-Ovest (Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria e Lombardia). È laureata in giurisprudenza con lode e ha alle spalle due master, uno in sostenibilità ed energia e uno in politiche pubbliche. Dal 2019 è entrata a far parte dei Verdi e dal 2022 è Co-Portavoce degli Young European Greens, una federazione ombrello delle giovanili verdi europee affiliate al Partito Verde Europeo. Nella vita professionale, oltre alla politica, si occupa di consulenza di sostenibilità. Intervistata da Fanpage.it, ha spiegato qual è la sua idea di Europa e quali gli obiettivi da raggiungere.
Quali sono i principali temi da portare in Europa?
Le tematiche da portare in Europa sono principalmente tre, secondo me. La giustizia climatica, il femminismo e la parità di genere e la giustizia sociale.
Andiamo con ordine, cosa bisogna fare sul tema della giustizia climatica?
Noi vogliamo un'Europa che accompagni le persone nella transizione, sia in termini di risorse sia in termini di pianificazione. E non soltanto nella transizione energetica ma anche in quella industriale, che consiste nell'internalizzare le filiere strategiche, soprattutto tramite tecnologie innovative come il riuso delle materie prime delle batterie o le energie rinnovabili. Serve riappropriarsi dell'economia reale, ma in maniera strategica e in termini di transizione.
È necessario poi muoversi nell'ambito dell'adattamento ai cambiamenti climatici: il nostro territorio è un grandissimo esempio di come i cambiamenti climatici siano presenti, impattanti e già spaventano. Infine, è essenziale che l'Europa si faccia carico di tutte queste cose e anche della riformulazione totale della Politica agricola Comune, partendo dal vietare qualsiasi tipo di sussidio agli allevamenti intensivi, dall'avere agricolture più sostenibili come quella rigenerativa, quella biologica e così via.
Cosa fare, invece, sulla parità di genere?
Serve portare la parità di genere in tutti gli Stati membri perché adesso siamo a livelli molto diversi. Come farlo? Partendo dal contrasto alla violenza di genere creando finalmente lo stupro come reato europeo basato sul consenso. Inserendo l'aborto nella carta dei diritti fondamentali, verificando che sia concretamente accessibile in tutti gli Stati. Lavorare sul gap (o divario) occupazionale, ad esempio, prevedendo un congedo paritario genitoriale non trasferibile, uguale e che permetta ad entrambi i genitori di fare i genitori.
Per quanto riguarda la giustizia sociale, un tema che le sta a cuore è quello della casa ed è molto sentito anche nella città di Milano.
Sì, io sto spingendo molto sull'emergenza abitativa. Vorrei tanto che il Parlamento europeo dichiarasse l'emergenza dando accesso a tutte le risorse. Molti pensano che la casa non sia una competenza dell'Unione Europea perché al momento, di fatto, non lo è. Però l'Europa può in primis dichiarare l'emergenza in Parlamento e fare delle norme. Può poi prevedere dei fondi ad hoc per ristrutturazioni ed edilizia pubblica, ma anche creare delle regolamentazioni di trasparenza per gli affitti brevi. Sono stati fatti passi avanti, ma vorremmo che il prossimo Parlamento ne faccia altri.
Cosa fare per i giovani?
Dare loro pari opportunità ed evitare qualsiasi tipo di sfruttamento. Vogliamo vietare finalmente, obiettivamente e veramente tutti i tirocini non retribuiti e tutto il lavoro non retribuito.
Dicono che i ragazzi di oggi sono sempre più disillusi dalla politica. L'Europa che proponete potrebbe dare loro fiducia e farli avvicinare di più alla politica?
Stiamo lavorando proprio in questo senso cioè avvicinare i giovani alla politica. Lo facciamo tramite tecniche e metodologie politiche diverse rispetto a quelle tradizionali, quindi utilizzando l'educazione non formale per riuscire a coinvolgerli in tematiche che possono sembrare complesse quando in realtà non lo sono. Cerchiamo di farli partecipare nel prendere delle decisioni comuni che permettano di avere una posizione e lottare per questa. Ovviamente, vanno mostrati dei risultati, lottando all'interno delle istituzioni.
Ci sono dei problemi comunque enormi tra politica e giovani: da una parte il distacco da metodi che non li rispecchiano, dall'altro lato il problema di accesso alla politica. Noi viviamo in un mondo sempre più precario, in cui la politica, in generale, è vista male ed è difficile trovare un lavoro. Facciamo fatica a trovare il tempo e la stabilità che ci permetta di avere la possibilità e le risorse di fare anche politica.
Le istituzioni sono vecchie, i giovani non si vedono rappresentati e le loro istanze sono sempre meno considerate. L'Italia è un Paese sempre più vecchio e la politica deve soddisfare la popolazione con delle proposte adatta alla demografia. Io dico sempre: ‘Si parla tanto di pensioni, ma non si parla mai di vietare i tirocini non retribuiti. Questo perché la maggior parte dei votanti ha un'età da pensione e non da tirocinio'. La politica guarda alla classe dei votanti, ma questo allontana i giovani. Non riescono a far parte delle istituzioni e anche quando ci provano si trovano davanti delle barriere molto alte.
Per cambiare tutto questo bisognerebbe cambiare ognuno di questi punti: rendere più accessibile la politica e iniziare a fare politiche per i giovani. Che non sono politiche giovanili, ma politiche a tutti gli effetti, come quelle del lavoro, della scuola, della casa, degli stipendi (in Italia abbiamo gli stipendi reali più bassi d'Europa). Servono politiche strutturali e non giovanili, che coinvolgono tutti.
Qual è la sua idea di Europa?
Abbiamo un'idea più strutturale di riforma dell'Europa, non racchiusa in una direttiva, ma che deve andare un po' oltre. Vogliamo una fiscalità unita, una politica estera comune che deve essere una politica di pace. Poi vogliamo un'Europa più democratica attraverso una riforma delle istituzioni che dia più potere e competenze al Parlamento, che non faccia sì che l'Europa si fermi davanti ai nazionalismi.
Concretamente, cosa deve fare l'Europa per essere più democratica?
Deve dare più poteri al Parlamento europeo e superare il meccanismo in cui soltanto la Commissione europea può proporre delle leggi perché penso sia l'unica struttura legislativa al mondo in cui il Parlamento può votare una legge, ma non può proporla. Secondo noi, poi, si deve limitare il potere del Consiglio europeo, che oggi è fortissimo. Infine, si deve evitare il potere di veto del Consiglio per evitare situazioni come l'Ungheria di Orban. Per noi l'Europa deve essere federale, un'Europa delle Regioni piuttosto che delle Nazioni, un'Europa dove ci sia un principio di solidarietà vero e non si vada a guardare ai nazionalismi, ma all'interesse collettivo.
Torniamo un attimo indietro alla transizione ecologica e facciamo un focus sulla decarbonizzazione.
La decarbonizzazione riguarda diversi ambiti della nostra vita. Sicuramente dobbiamo agire sulla mobilità, sugli edifici, sull'agricoltura, sull'industria e sull'energia. Sono tutti ambiti in cui la decarbonizzazione è necessaria.
Ad esempio, sulla mobilità come può impattare la decarbonizzazione?
Per quanto riguarda la mobilità si deve completamente cambiare il modello attuale. Dobbiamo passare da una mobilità fortemente basata sull'utilizzo dell'auto privata, e andare verso una mobilità che invece è basata sul trasporto pubblico, sul trasporto su ferro e sul trasporto condiviso (avere quindi una macchina in sharing o in affitto). L'obiettivo è ridurre il numero di auto private in circolazione.
La mobilità deve essere rivista con un passaggio totale all'elettrico laddove è possibile, anche se ormai è possibile in quasi tutti gli ambiti. Serve investire tantissimo sull'aumento delle vie ferroviarie, soprattutto a livello europeo (una delle soluzioni più semplici per muoversi all'interno dell'Europa sono i treni notturni, ma l'Italia ha deciso di toglierli quasi tutti).
Ma gli italiani sono pronti per tutto questo?
Si è pronti se si vuole. Chiaro che se pensiamo che le persone debbano pensare da sole alla transizione, la risposta è no. Ma non lo farei neanche io. Per questo lo chiediamo all'Europa e i soldi ci sono. Pensiamo al Pnrr: se è stato possibile il Pnrr, perché non è possibile trovare le risorse? Una nostra proposta è quella di un fondo di decarbonizzazione dell'Europa che equivale a 200 miliardi. Sarebbe un fondo annuale destinato totalmente alla decarbonizzazione. Le risorse economiche si prenderebbe attraverso una micro tassazione, l'1%, dei patrimoni grandissimi (sopra i 4/5 milioni). All'Italia andrebbero 30 miliardi.
Quando ci sono le risorse finanziarie c'è la possibilità di fare tutto. Penso che nessuna persona direbbe no alla transizione visto che porta posti di lavoro, aria e acqua più pulita, capacità di adattamento ai cambiamenti climatici, meno traffico, abbattimento dei costi personali. Nessuno direbbe di no. A meno che uno non debba metterci tutti i propri risparmi. Il problema non è se si è pronti o meno, ma se c'è la volontà politica di prendere le risorse e metterle al servizio della transizione e della collettività.