Bellanova a Fanpage: “Vogliamo Draghi a capo della Commissione. Agricoltori? Le proteste sono giuste”
Stati Uniti d'Europa non è solo il nome di una lista elettorale, né tantomeno di un sogno irraggiungibile: è un obiettivo concreto, da costruire. Lo dice in un'intervista con Fanpage.it Teresa Bellanova, esponente di Italia Viva e candidata alle prossime elezioni europee nella lista di Matteo Renzi ed Emma Bonino. L'ex ministra critica il disegno sovranista di una Europa delle Nazioni, affermando che porterebbe a un continente più diviso, frantumato negli interessi di parte e meno rilevante nel contesto globale. Non solo, chiarisce anche la sua posizione sulle proteste degli agricoltori e sul futuro che auspica per la transizione verde.
È candidata con la lista Stati Uniti d’Europa: si tratta di un sogno, un’ambizione, o di un progetto concreto da costruire nei prossimi cinque anni?
Siamo gli unici che nel simbolo non hanno un cognome, ma un sogno e una sfida culturale. Ma gli Stati Uniti d’Europa sono anche un progetto concreto, senza il quale condanniamo il nostro continente all’irrilevanza politica. A partire dalla politica estera, nella quale l’Europa non conta nulla, è del tutto assente. Non è una sfida facile. Non è un progetto che puoi costruire in pochi giorni. Ma un fatto è certo: o l’Europa cambia o è destinata all’irrilevanza. Sono elezioni fondamentali per il futuro dell’Europa, ma in Italia ce ne siamo accorti solo noi. Gli altri partiti vedono le elezioni europee come un sondaggio su stessi, tanto è vero che nessuno dei leader che si candidano, Meloni, Schlein, Tajani, Calenda, andrà a Strasburgo. Matteo Renzi lo farà e così tutti noi candidati nella lista Stati Uniti d’Europa se eletti.
L’idea degli Stati Uniti d’Europa è quanto più distante ci possa essere da quella di Europa della Nazioni, sostenuta dalle forze politiche sovraniste, date in vantaggio nei sondaggi: quali sarebbero le conseguenze concrete di prendere quest’ultima strada?
Avremmo una Europa ancora più divisa, ancora più legata agli interessi particolari e quindi ancora meno rilevante a livello internazionale. Matteo Salvini dice meno Europa: ma meno Europa vuol dire più Cina, più Europa vuol dire più Italia. La scelta di Giorgia Meloni di allearsi con Vox e con Orban e, in prospettiva, inseguire Marine Le Pen e la destra estrema europea fa un enorme danno al nostro Paese. L’Italia, per affrontare le sue sfide, avrebbe bisogno di fare sponda con gli altri Paesi fondatori. Per questo è importante che la nostra lista faccia un buon risultato: saremo determinanti nell’impedire che l’Europa cada in mano ai sovranisti.
Lei è stata ministra dell’Agricoltura: qual è il suo punto di vista sulle proteste degli agricoltori? Hanno ragione?
Il governo ha fatto scelte dissennate sul settore. Mentre gli agricoltori italiani affrontavano negli ultimi mesi: l’aumento delle materie prime, i gravi eventi metereologici che hanno interessato il Nord e il Sud del nostro Paese, l’ingresso del grano, del mais e dei semi di girasole provenienti dall’ Ucraina sui nostri mercati. E invece di gestire queste difficoltà e di sostenere il settore il governo sceglie di tagliare l’esonero Irpef voluto dal governo Renzi, che per il settore vale 248 milioni di euro, elimina la decontribuzione per i produttori under 40. Insomma hanno aumentato le tasse ai piccoli agricoltori, ai giovani che rappresentano il cambio generazionale nel settore. Certo, in parte sono tornati indietro, senza avere il coraggio di dire però che avevano sbagliato.
Quanto alle proteste degli agricoltori europei, credo che abbiano avuto delle ragioni nel protestare contro il Green Deal agricolo, che va assolutamente rivisto. Fa però sorridere che i sovranisti sposino quella protesta: il commissario alla agricoltura è un conservatore, milita nello stesso gruppo europeo di Giorgia Meloni.
La partita sull’ambiente è centrale in questa campagna elettorale: pensa che il progetto di transizione ecologica sia a rischio, se nella prossima legislatura europea si dovesse affermare una nuova maggioranza? E cosa comporterebbe questo?
La maggioranza Giorgia non si farà e faremo di tutto per impedire che sia riconfermata Ursula Von der Leyen, la candidata di Forza Italia, noi vogliamo contribuire a portare Mario Draghi a capo della Commissione. Per quanto riguarda l’ambiente, noi pensiamo che si debba andare verso una transizione sostenibile non solo per l’ambiente ma anche per i posti di lavoro. Fra chi nega il cambiamento climatico e chi sposa l’ambientalismo ideologico, noi assumiamo una posizione ragionevole. Il Green Deal ha fallito: rischia di distruggere l’industria europea e far perdere posti di lavoro. E allo stesso tempo, non combattere davvero il cambiamento climatico.
Lei è candidata al Sud e ha detto (cito un suo tweet) che l’Europa può svolgere un ruolo fondamentale per il rilancio del Meridione: come?
Serve un’istituzione più forte, meno burocratica, più vicina alle aziende ed alle famiglie. Un passo spedito che noi europeisti convinti possiamo incentivare e misurare. Le dico di più: un’Europa veloce, integrata, democratica, serve soprattutto al Sud, che deve esprimere potenzialità spesso inespresse a causa di paletti nostrani o comunque di una mentalità di certi nostri amministratori di piccolo ‘cabotaggio’. Più Europa vuol dire sicuramente più Sud, perché noi meridionali portiamo doti fondamentali, la terra, la creatività, la tendenza a sperimentare e ad innovare.
Serve poi un piano industriale europeo che sostenga ricerca e investimenti, politiche attive e formative. Debito comune finalizzato ad accrescere la competitività del sistema Paese. Oltre a una gestione dei fondi europei più attenta a dotare di infrastrutture materiali e immateriali il Sud.
L’Autonomia differenziata rischia di ostacolare questo processo di rilancio?
L’Autonomia differenziata targata Calderoli rischia di aumentare il divario tra Nord e Sud. Penso, ad esempio, alla sanità. Già oggi, migliaia di cittadini del meridione sono costrette a spostarsi al Nord per curarsi. Se non avremo livelli essenziali di assistenza adeguati, questo esodo non potrà che aumentare. I fondi del Pnrr destinati alle regioni del Sud e poi cancellati sono l’ennesima dimostrazione del fatto che a questo governo il Mezzogiorno non interessa. La sostituzione di quelle risorse con finanziamenti del fondo di coesione che non si sa quando e come saranno disponibili è uno schiaffo alle regioni del Sud. Ma io sono convinta che alla fine non si farà. Quello Meloni è il governo degli annunci.