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Opinioni

Basta propaganda, invece di eliminare l’Imu pensiamo a creare lavoro

E se invece di eliminare l’Imu sulla prima casa e restituire i versamenti dello scorso anno, destinassimo nuove risorse ad interventi per la crescita ed il lavoro? Insomma, se abbandonassimo il populismo una volta e per sempre?
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Non si è mai vista una riforma fiscale fatta sospendendo le tasse. È questa la considerazione degli economisti de lavoce.info che dovrebbe guidare ogni analisi critica che si rispetti in merito all'annuncio dei primi provvedimenti del Governo Letta. Il punto in effetti è proprio quello di riuscire a discernere fra scelte guidate puramente dalla disperata volontà di mandare un segnale ai cittadini e quelle studiate per produrre effetti concreti ed invertire un trend negativo (in tal senso il rapporto Ocse è emblematico). La coincidenza delle due "spinte" appare al momento difficile, se non impossibile, paradossalmente più per il fuoco di sbarramento prodotto dalla propaganda politica degli ultimi mesi che per reali contingenze di carattere economico – finanziario.

La questione Imu è emblematica. La fotografia degli esperti de Lavoce è come sempre perfetta: "Il dibattito politico ha assunto i toni di una crociata ideologica, tant’è che il Pdl pare faccia dell’eliminazione dell’Imu sulla abitazione di residenza la condizione essenziale per la sua partecipazione al governo Letta. E Silvio Berlusconi non è il solo politico a mostrarsi iper-refrattario all’Imu. Durante la campagna elettorale, tutti i leader si sono dichiarati favorevoli a una riduzione dell’imposta sulla abitazione principale, inclusi, tanto per dire, Mario Monti e Beppe Grillo. […] Questo accanimento sull’Imu, in un paese che ha perso 8 punti di Pil in cinque anni e che ha un tasso di disoccupazione giovanile attorno al 40 per cento, lascia francamente basiti".

E non è un problema solo di risorse, dal momento in cui non si capisce il motivo per il quale "pur ammettendo" che sia possibile recuperare i 10 – 12 miliardi necessari ad abolizire dell'Imu sulla prima casa e a restituire l'imposta pagata nel 2013, non sia invece preferibile dirottare altrove tali risorse. Magari per ridurre il costo del lavoro, impostare il reddito di cittadinanza, rinforzare gli ammortizzatori sociali. Invece la "morbosa attenzione" (ci perdonerete la citazione di Mario Monti) sull'imposta sugli immobili rischia di comportare errori ben più gravi per il futuro del Paese.

Intendiamoci, l'Imu non è una "tassa perfetta", tutt'altro. Soprattutto perché si interseca con una valutazione imprecisa ed in molta parte erronea delle rendite catastali e perché colpisce famiglie già duramente provata dalla crisi (oltre che non tener conto di alcune situazioni specifiche legate ad esempio ad eredità o ipoteche). Però è una tassa che "se la cava benino in termini redistributivi. Circa la metà delle famiglie italiane non la paga o perché non possiede un’abitazione (e questi sono generalmente i più poveri) o perché la detrazione annulla l’onere di imposta. Poi, il pagamento dell’Imu, in misura maggiore della vecchia Ici, è concentrato prevalentemente sugli scaglioni di reddito più elevati, come è ovvio visto che esiste un correlazione positiva tra il reddito e il valore del patrimonio immobiliare".

Ma non solo, dal momento che va riconosciuto che un sistema di tassazione degli immobili è in vigore nella quasi totalità delle democrazie occidentali e che rappresenta il principale "carburante" per il finanziamento dei Comuni. Un gettito essenziale per il mantenimento minimo dei servizi cui gli enti locali non possono in alcun modo rinunciare (come si è visto negli anni scorsi), salvo tramite il ricorso sistematico ai trasferimenti del Governo centrale (e, tenendo presenti i vincoli di bilancio, si ritornerebbe sempre al nodo risorse). È evidente che occorra fermarsi e riflettere, cercando di conservare la propaganda ed il populismo per la prossima campagna elettorale. Perché se interventi sulla prima casa per famiglie a basso reddito hanno evidentemente un senso, solo una valutazione sommaria delle condizioni in cui versa il Paese (lo ripetiamo, con un tasso di disoccupazione giovanile vicino al 40%) può considerare prioritario cancellare tout court la tassa sulla prima casa. Senza peraltro ridurre il rischio di nuovi aggravi nel breve volgere di qualche mese. Insomma, un brodino e pure freddo.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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