“Basta fare i fighetti con parole straniere”: Rampelli difende la sua legge per tutelare l’italiano
Non è (solo) una questione identitaria, ma anche di accessibilità per tutti i cittadini. La battaglia di Fabio Rampelli a difesa della lingua italiana continua: il vicepresidente della Camera – dopo giorni di polemiche sulla sua proposta di legge – è tornato a parlare del testo, accusando tutti di non averlo letto con attenzione. Nello specifico Rampelli dice che le multe fino a 100mila euro non sono per le persone, ma per aziende e pubbliche amministrazioni, e che dietro alla sua proposta c'è l'obiettivo di rendere la burocrazia comprensibile a tutti: "Mi fa piacere che si sia parlato tanto della mia proposta di legge per la tutela della lingua italiana, mi fa sorridere che nessuno l'abbia letta – ha attaccato l'esponente di Fratelli d'Italia a Omnibus – Non c'è nessuna contravvenzione per le persone, che mantengono in pieno la loro libertà di esprimersi nella lingua che vogliono. C'è una multa, ma è indirizzata alla pubblica amministrazione".
"Si ispira a una legge francese – ha raccontato Rampelli – diciotto nazioni su ventisette in Europa hanno la difesa della lingua in Costituzione". Poi ha spiegato: "La mia legge dice che le pubbliche amministrazioni, lo Stato, le società partecipate, gli enti pubblici e privati che operano commercialmente in Italia, le grandi multinazionali, sono tenute a utilizzare in Italia la lingua italiana". Rampelli ha anche ammesso che c'è sì una posizione ideologica, ma non è il centro del provvedimento: "Non solo per una questione di tipo identitario, che pure c'è, perché io penso che la cultura italiana vada difesa. Ma perché c'è una vocazione sociale in questa legge – ha aggiunto – buona parte degli italiani, come anziani e persone che non hanno concluso gli studi, non può essere esclusa, ci deve essere un diritto di comprensione rispetto a quello che accade in Italia".
"Le pubbliche amministrazioni se la devono piantare di esprimersi con vocaboli stranieri che non sono comprensibili da parte di almeno la metà dei cittadini italiani – ha continuato Rampelli – Dobbiamo rendere la democrazia accessibile a tutti. Non si può chiamare una legge Jobs act o scrivere spending review in un decreto legge di uno Stato che ha una sua lingua. Se c'è un corrispondente si utilizza". E ha concluso: "Se invece c'è una ricerca spasmodica a fare i fighetti e i provinciali, utilizzando gratuitamente delle parole straniere perché ti danno l'accesso ai salotti buoni, penso che questo sia sbagliato".