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Balneari, cosa prevede il ddl del governo Meloni per risolvere il caos sulle concessioni: la bozza

Circola una prima versione del disegno di legge con cui il governo vorrebbe chiudere la questione delle concessioni balneari. Si prevede una proroga da uno a cinque anni delle concessioni, poi delle gare con indennizzo per gli attuali gestori. Ma ci sono già dei punti che vanno contro le norme europee, e potrebbero cambiare.
A cura di Luca Pons
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Il governo Meloni prova a formulare una prima soluzione per il caos che è nato attorno alle concessioni balneari, e lo fa con un disegno di legge che potrebbe arrivare al Consiglio dei ministri nelle prossime settimane. Una bozza del testo circolata in queste ora mostra un approccio che, però, sembrerebbe ancora in contrasto con le norme europee (soprattutto la direttiva Bolkestein) e le sentenze dei tribunali sul tema: si parla, infatti, di un rinnovo automatico delle concessioni per un periodo da uno a cinque anni. Non a caso, il testo è ancora al centro di trattative con la Commissione europea.

Al rinnovo seguirebbero poi finalmente le gare per riassegnare la gestione delle spiagge per un periodo da cinque a vent'anni, con un indennizzo per chi le ha controllate finora. In questi bandi non ci sarebbero limiti a quante concessioni può accumulare una sola persona o azienda, se non per decisione dei Comuni. In più, la legge stabilisce che almeno il 15% delle spiagge in ogni Regione dovrebbe essere sempre tenuto libero, a partire dal 2029.

Cosa c'è nella bozza di ddl sulle concessioni balneari

Al centro del ddl ci sarebbe quindi una nuova proroga delle concessioni, ma questa volta per un periodo molto ridotto. Il primo articolo del ddl, secondo quanto riportato dal portale di riferimento della categoria, Mondo balneare, stabilisce un rinnovo della concessione fino al 31 dicembre 2025, cioè di un anno, nelle Regioni dove c'è meno del 25% di spiagge libere. Il rinnovo salirebbe a tre anni (fino al 31 dicembre 2027) dove c'è tra il 25% e il 49% di spiagge libere, e a cinque anni (31 dicembre 2029) dove c'è oltre il 49% di spiagge libere. Le ultime scadenze ufficiali, che i tribunali italiani hanno chiesto di rispettare, sono invece quelle previste dal governo Draghi per il 31 dicembre 2023.

Lo stesso articolo prevede che il governo dovrebbe adottare un Piano nazionale 2024-2029 per "lo sviluppo delle attività insistenti sulle concessioni demaniali ad uso turistico ricreativo e sportivo". In più, appunto entro il 2029, tutte le Regioni dovrebbero rendere almeno il 15% delle spiagge libere da concessioni.

Una volta scaduti anche gli ultimi rinnovi, si svolgerebbero le gare pubbliche gestite dai Comuni per riassegnare le concessioni, della durata tra i cinque e i vent'anni. Per tutta la durata delle procedure di concorso, e fino alla firma della nuova concessione, le spiagge resterebbero comunque nella disponibilità dei vecchi gestori. La norma prevista dal governo, peraltro, non prevede che ci sia un limite di concessioni che un singolo soggetto può accumulare, quindi un privato potrebbe ottenere una sorta di ‘monopolio' delle spiagge in una zona se non intervenissero i Comuni con regole proprie.

Al momento delle nuove gare, poi, chi vince la concessione dovrebbe pagare anche un indennizzo al vecchio concessionario. Questo indennizzo sarebbe calcolato in base al valore aziendale (del patrimonio, del reddito e dell'avviamento) stabilito da una perizia, e seguendo il principio della remunerazione per gli investimenti realizzati. Chi ottiene la concessione, comunque, avrà la possibilità di contestare la perizia e quindi l'entità dell'indennizzo, per evitare dispute legali.

Le possibili critiche dell'Ue e l'attacco dell'opposizione

Uno dei motivi per cui il disegno di legge è ancora una bozza è che il governo Meloni si sta confrontando con la Commissione europea sul tema. Quello delle concessioni balneari, infatti, è un dibattito che prosegue da anni e su cui l'Italia è nel mezzo di una procedura d'infrazione. E il problema più evidente della legge è che propone un rinnovo automatico delle concessioni balneari.

Come già moltissime sentenze hanno stabilito (e anche l'Antitrust ha ricordato di recente), un rinnovo automatico stabilito per legge non è legittimo. Già oggi, formalmente molte concessioni sono scadute. Prolungarle ancora semplicemente non è possibile, e andrebbe incontro a contestazioni dell'Ue e dei tribunali. Lo stesso era successo al primo governo Conte (quello di M5s e Lega), che aveva varato un rinnovo fino al 2033 per poi vederlo annullato dai giudici. Per quanto riguarda l'Europa, anche gli indennizzi potrebbero essere un problema dato che la direttiva Bolkestein vieta tutti i vantaggi per i gestori uscenti delle concessioni.

Dall'opposizione sono arrivate critiche: "Il governo sta trattando per mantenere solo il 15% delle spiagge libere, una percentuale ridicola e inaccettabile, soprattutto se confrontata con la Francia, dove la legge prevede che l'80% delle spiagge sia accessibile liberamente a tutti", ha detto Angelo Bonelli, deputati di Verdi e Sinistra. "Sta svendendo le ultime spiagge libere rimaste nel nostro Paese a prezzi di saldo, permettendo a pochi privilegiati di arricchirsi a discapito della collettività. È un tradimento dei nostri diritti e un colpo mortale alla nostra identità culturale e naturale".

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