Dopo il piccolo terremoto del primo turno delle elezioni amministrative, con alcuni risultati decisamente sorprendenti e conferme più o meno scontate, c'è ovviamente grande attesa per il risultato del turno di ballottaggio, in programma domenica e lunedì. Al centro della curiosità (e delle preoccupazioni) di gran parte dei partiti tradizionali, certamente i risultati nelle due maggiori città chiamate al voto, Palermo e Genova, ma soprattutto l'esito del voto di Parma, la Stalingrado del Movimento 5 Stelle, tanto per usare la provocatoria definizione di Beppe Grillo. Una consultazione, quella del 20 e 21 maggio dalla quale in qualche modo dipenderanno anche le mosse a breve giro dei partiti che sostengono il Governo Monti, usciti con le ossa rotte dal primo turno (eccezion fatta in parte per il Partito Democratico). Ma proviamo a vedere nel dettaglio la situazione nelle maggiori città.
A Genova Marco Doria pensa già da Sindaco – Il vincitore delle primarie del centrosinistra è praticamente il Sindaco in pectore del capoluogo ligure, tanto che il ballottaggio si configura praticamente come una formalità. Non bastasse il 48,3% ottenuto al primo turno, Doria si trova a dover fare i conti con il candidato del Terzo Polo che non sembra in grado di impensierirlo (parte dal 15% e potrà contare solo parzialmente sugli elettori del Popolo della Libertà) e sconta una campagna elettorale piena di contraddizioni. Nota invece la posizione del Movimento 5 Stelle, il cui candidato Paolo Putti (che aveva raccolto quasi il 14% dei consensi) ha bollato come "invotabili" entrambi i candidati.
A Palermo una sfida "atipica" – Sorvolando sul caos dei conteggi elettorali, che sinceramente ci sentiamo solo in parte di attribuire ad un "errore umano" degli impiegati regionali (con una legge elettorale cervellotica e "impresentabile"), bisogna riconoscere il carattere particolare di un ballottaggio che vede di fronte due candidati "partiti" dallo stesso schieramento. Ed in effetti, dopo qualche schermaglia iniziale, sia Leoluca Orlando che Fabrizio Ferrandelli hanno dato vita ad un dibattito dai toni pacati, che suggerisce anche la possibilità di una decisa convergenza nel dopo ballottaggio. Al momento non si hanno riferimenti numerici precisi, tuttavia la sensazione (basterebbe leggere le cronache della campagna elettorale) è che difficilmente il vincitore delle primarie del Partito Democratico riuscirà a colmare il gap che lo separa dall'ex Sindaco Orlando.
Taranto, centro sinistra in netto vantaggio – Come vi abbiamo raccontato anche nei giorni precedenti al primo turno, quella di Stefàno sembrava potersi configurare come un'elezione annunciata, tanto più perché di fronte aveva le macerie del centrodestra ed era sostenuto dalla più ampia alleanza possibile (Pd, Idv, Sel e Udc). In effetti il centrosinistra ha mancato di poche centinaia di voti l'elezione al primo turno e si è trovato catapultato in un faccia a faccia contro Mario Cito, figlio del notissimo ex Sindaco e personaggio cult, non solo per le sue traversie giudiziarie. Va detto che in ogni caso, le liste a sostegno di Stefàno avranno oltre il 50% dei seggi in consiglio comunale, mentre merita di essere segnalato il risultato della coalizione guidata da Angelo Bonelli, che ha sfiorato il 12% al primo turno.
Parma, la Stalingrado del M5S – Nella città emiliana, per quanto paradossale possa sembrare, è in atto uno scontro il cui risultato potrebbe incidere sugli equilibri politici a livello nazionale. Come infatti saprete, a contendersi la poltrona di primo cittadino saranno Vincenzo Bernazzoli, candidato del Partito Democratico e dell'Italia dei Valori e Federico Pizzarotti, esponente del Movimento 5 Stelle che al primo turno ha raggiunto quasi il 20% dei consensi. Va detto che il democratico Presidente della Provincia di Parma, pur partendo con un vantaggio di circa 20 punti, non ha alcuna certezza di essere eletto. Anzi, stando ad alcuni sondaggi (anche se realizzati dallo stesso M5S) il tanto temuto sorpasso sembrerebbe destinato a concretizzarsi con Pizzarotti che otterrebbe il 53% dei consensi. In ogni caso si tratta di una sfida aperta, perché se è pur vero che il Movimento riuscirà a catalizzare gli scontenti, i delusi e gran parte dei voti andati agli altri candidati, allo stesso tempo non va sottovalutata la grande capacità di mobilitazione degli elettori del Partito Democratico.