Azzolina: “Scuole rimangano aperte. Più si limitano attività fuori, meno sono i rischi in classe”
La ministra dell'Istruzione, Lucia Azzolina, ribadisce che nelle scuole la situazione è sotto controllo e che solo una minima parte dei contagi nel Paese avvenga in classe. Intervenendo a Radio Anch'io, Azzolina ha riportato alcuni dati, sottolineando come solo il 3,5% dei focolai totali in Italia sia riconducibile alle scuole: "Le Asl comunicano tutte le settimane i dati all'Istituto superiore di sanità, che a sua volta ogni settimana pubblica un rapporto complessivo in cui ci sono anche le analisi sulla situazione scolastica. L'ultima volta che è sato pubblicato il monitoraggio l'Iss ci ha riferito che nelle scuole ci sono il 3,5% di focolai rispetto a quelli di tutto il Paese. Quindi sono dei dati molto buoni, anche mettendoli a paragone con quelli degli altri Paesi europei", ha spiegato la ministra Azzolina. Che ha quindi comunicato che il ministero ha richiesto, ed è in attesa di riceverli, i dati che riguardano il numero di tamponi effettuati nelle scuole e la percentuale di positività.
"Ci sono dirigenti scolastici che mi hanno scritto dicendomi di aver avuto un positivo in classe, ma che i protocolli di sicurezza hanno funzionato perché gli altri bambini della stessa classe non si sono contagiati. Se noi avessimo questi dati dalle Asl, sarebbe utile. Ma le Asl sono in affanno. Però il tracciamento nelle scuole è fondamentale", ha aggiunto Azzolina. Raccontando anche di aver posto delle domande, sul tracciamento dei positivi nelle scuole, direttamente ai dirigenti scolastici: "Avevamo dei numeri veramente molto confortanti rispetto alla popolazione scolastica. Dopodiché a causa delle Asl, che come sappiamo sono molto in affanno, non lo abbiamo più chiesto".
Come sta funzionando il tracciamento nelle scuole
In altre parole, il tracciamento è saltato anche nelle scuole. Ma quali sono le prospettive allora per il resto dell'anno scolastico? "In questo momento gran parte della comunità scientifica ha più volte affermato che i rischi nella scuola sono veramente minimi e molto calcolati grazie a tutto il lavoro fatto durante l'estate", ha proseguito Azzolina.
Per parlare poi dei test rapidi nelle scuole: "Il ministero dell'Istruzione da metà agosto chiede i test rapidi. Il commissario Arcuri ne ha comprati 13 milioni: è importante farli nelle scuole, perché così si evita di mandare in quarantena intere classi", ha anche aggiunto la ministra. Per puntare ancora il dito contro "le Asl che sono in affanno" e che non riescono a seguire il protocollo sui test rapidi che era stato approvato all'inizio dell'anno scolastico. Sui ritardi la ministra ha commentato: "Io i test li chiedo da metà agosto. Ma non bisogna pensare alla scuola come un problema ora, perché la scuola è un formidabile mezzo di tracciamento. Il problema di fondo è che le Asl sono in affanno".
Cosa si rischia chiudendo le scuole
Azzolina quindi ha ricordato come a maggio il ministero per precauzione avesse deciso di non riaprire le scuole: "Ma oggi la situazione è diversa. Oggi la scuola è molto preparata. Non si deve pensare solo ai rischi derivanti dalla riapertura delle scuole. Pensiamo a quelli che ci sarebbero con la chiusura. Rischieremo un disastro da un punto di vista psicologico, dello sviluppo formativo, sociologico, educativo per un bambino. Noi dobbiamo essere molto prudenti, perché siamo nel mezzo di una pandemia, ma ricordiamoci anche che i ragazzi hanno anche diritto a un pezzo di normalità nelle loro vite".
Per poi concludere affermando che il ministero farà in modo di tenere le scuole aperte il più possibile: "Compatibilmente con la situazione epidemiologica, noi dobbiamo provare a tenere aperte le scuole. Anche se dovessero esserci ulteriori restrizioni: più si limitano le attività fuori della scuola, più si abbassa il rischio dentro la scuola. Perché dentro la scuola ormai lo riconoscono tutti che le regole ci sono. Guai a pensare che la scuola non sia un'attività produttiva e sacrificarla per questo: la scuola è principessa delle attività produttive, perché senza formazione questo Paese non ha futuro. Non possiamo accumulare dispersione scolastica, soprattutto in alcune zone del Sud dove questa c'era anche in tempi di pace. Ora siamo in tempi di guerra e questa si accumula ancora di più. Perché un bambino campano in questo momento a causa di un regionalismo delle diseguaglianze non ha lo stesso diritto di andare a scuola rispetto a un bambino lombardo o veneto".