Ci sono state due reazioni degne di nota alle manganellate agli studenti di Pisa che manifestavano per il cessate a fuoco a Gaza. C’è stata la reazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, secondo cui i manganelli sui ragazzi sono un fallimento. E c’è stato il silenzio della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Se fossimo in una repubblica presidenziale come quella americana, o semipresidenziale come quella francese, ci sarebbe stato solo il silenzio.
Dobbiamo partire da qua, per riflettere non tanto su quanto è accaduto, quanto piuttosto su quanto potrebbe accadere. Perché se c’è un punto centrale nella riforma costituzionale proposta da Giorgia Meloni, sta proprio nella riduzione dei poteri del Capo dello Stato. Che non potrà più indicare il premier dopo le consultazioni, mentre dovrà solo limitarsi a conferirgli l’incarico. Che, in caso di crisi, potrà affidare il nuovo incarico solo al premier dimissionario o a un altro esponente della medesima maggioranza. E che non avrà più la facoltà di nominare senatori a vita a sua discrezione.
Sembrano piccole cose, o comunque cose che nulla c’entrano con la possibilità che il presidente della Repubblica possa esternare le sue opinioni. Ma c’entrano, in realtà. Perché se ridimensioni un potere dello Stato, un altro finirà per acquisirne di più. In altre parole, se riduci il potere di Sergio Mattarella, aumenti il potere di Giorgia Meloni. O, per tornare a oggi, è come se abbassi il volume delle parole di Sergio Mattarella e alzi il volume del silenzio di Giorgia Meloni.
È questo il senso profondo di tutte le riforme costituzionali che vogliono aumentare il potere di chi governa: ridurre il potere di qualunque contrappeso, sia esso quello del presidente della Repubblica, o del parlamento, o della magistratura. Che a farlo sia un governo di destra, che in questi mesi ha sovente mostrato il suo volto autoritario con chi dissente col suo operato, dai giovani che chiedono più sforzi contro il cambiamento climatico a quelli che chiedono la pace tra Israele e Palestina, rappresenta un’aggravante al problema, che dovrebbe far riflettere, soprattutto chi minimizza l’impatto potenziale di questa riforma sull’assetto costituzionale del nostro Paese.
E, già che ci siamo, sulle intenzioni di questo governo.