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Autonomia differenziata delle Regioni

Autonomia differenziata delle Regioni, via libera del Consiglio dei ministri alla riforma Calderoli

Il governo Meloni ha approvato il disegno di legge sull’autonomia differenziata delle Regioni, su proposta del ministro Roberto Calderoli. Il testo ora sarà sottoposto alla Conferenza unificata Stato-Regioni-Comuni per un parere.
A cura di Luca Pons
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È stato approvato in Consiglio dei ministri, tra gli applausi del governo, il disegno di legge sull'autonomia differenziata presentato da Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali e le Autonomie. Ora, il ddl sarà sottoposto anche al parere della Conferenza unificata Stato-Regioni-Città.

Calderoli aveva iniziato a parlare della proposta di riforma già a fine 2022, e aveva depositato il testo – che poi ha visto diverse correzioni – all'inizio dell'anno. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, però, in alcune occasioni era stata cauta e aveva rallentato i tempi. L'approvazione del Consiglio dei ministri, però, alla fine è arrivata prima delle elezioni regionali in Lazio e Lombardia, che si terranno il 12-13 feebbraio. Il via libera del Cdm è un successo politico che la Lega, ora, potrebbe provare a utilizzare negli ultimi giorni di campagna elettorale.

Cosa prevede la riforma Calderoli sull'autonomia differenziata

Nelle ultime settimane, il ministro Calderoli ha apportato diverse modifiche al testo. Nella nuova versione, tra le principali novità ci sono il fatto che anche le Regioni a Statuto speciale potranno fare richiesta per l'autonomia e la novità che non ci si baserà più sul criterio della spesa storica per ripartire le risorse economiche tra le Regioni.

Il disegno di legge, in 10 articoli, pone le condizioni generali per l'autonomia differenziata tra le Regioni. Per accettare le richieste di autonomia, sarà vincolante che siano stati definiti i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni. Il compito di stabilirli toccherà al governo, con un Dpcm (decreto della presidente del Consiglio dei ministri) ma saranno discussi anche coinvolgendo il Parlamento.

L'iter per definire l'intesa fra Regione e Stato durerà almeno 5 mesi. In questo periodo sono inclusi anche 60 giorni in cui le richieste di autonomia saranno esaminate dalle Camere. Una volta approvati definitivamente, gli accordi tra Stato e Regioni dureranno fino a 10 anni, e potranno essere rinnovate o terminate anche prima della scadenza, con un preavviso di 12 mesi.

L'autonomia "migliorerà" l'Italia, ha detto il leader della Lega Matteo Salvini: "Conviene a tutti, i Comuni del Centro e del Sud ci guadagnerebbero di più". Anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, quando nei giorni scorsi ha parlato del tema, ha assicurato che non ci saranno conseguenze negative per le Regioni più svantaggiate economicamente: "Non ci rassegniamo all'idea che ci siano territori e servizi di serie A o B".

Le reazioni delle Regioni: dal "primo passo verso la modernità" di Zaia all'indignazione di Emiliano

Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, ha sottolineato che il testo della riforma "non parla assolutamente delle materie, parla della procedura che si dovrà seguire". Sulla sostanza "di discuterà in seguito", ma per ora "questa riforma non spacca un bel niente". Il presidente dell'Emilia-Romagna – e candidato alla segreteria del Partito democratico – Stefano Bonaccini ha invece attaccato il progetto di Calderoli: la proposta "è proprio sbagliata e quindi non se ne farà nulla", ha detto. "Può un Paese rischiare di avere 20 pubbliche istruzioni diverse? Noi faremmo veramente ridere il mondo. Non so se il ministro Calderoli se ne stia rendendo conto".

Dalla Puglia, il presidente Michele Emiliano si è detto "profondamente indignato" da "questa cosa di voler fare l'autonomia differenziata prima delle elezioni in Lombardia" per evitare di "far fare brutta figura alla Lega", mentre Luca Zaia – leghista a capo della Regione Veneto – ha detto che quello di oggi è stato il primo passo: "Poi sarà un crescendo verso la modernità, per dare vita al percorso che già prevedevano i padri costituenti. È una scelta di modernità e di responsabilità; non è assolutamente ‘affamare' le Regioni del Sud o dividere l'Italia".

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