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Autonomia differenziata delle Regioni

Autonomia alle Regioni, il ministro Schillaci rallenta: “Sulla sanità lo Stato deve fare da guida”

Il ministro della Salute del governo Meloni, Orazio Schillaci, ha detto che il suo ministero dovrebbe continuare a “guidare” le Regioni nel settore della sanità. La riforma sull’autonomia differenziata sta creando allarme nel mondo sanitario: “Aumenteranno le disuguaglianze”, l’Ordine dei medici.
A cura di Luca Pons
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"Credo che per la salute sia necessario che le Regioni siano in qualche modo guidate dal ministero della Salute". Il ministro della Salute del governo Meloni, Orazio Schillaci, ha commentato così la nuova riforma Calderoli sull'autonomia differenziata delle Regioni, che il Consiglio dei ministri ha approvato giovedì.

Secondo Schillaci, il ministero deve avere "un potere di indirizzo e distribuzione dei fondi", oltre a "sostenere un meccanismo virtuoso insieme alle Regioni per capire chi lavora meglio e aiutare chi è in difficolta o non riesce a lavorare così bene". La riforma Calderoli, che stabilisce le modalità con cui una Regione può chiedere più autonomia allo Stato in certi settori, prevede che la richiesta possa riguardare anche la sanità.

Le Regioni hanno "già molta autonomia" e ci sono "gap inaccettabili"

"Già dal 2001 gran parte della sanità è affidata alle Regioni", ha spiegato Schillaci. "Delle differenze ci sono già adesso e bisogna analizzare bene tutto il sistema sanitario nazionale, però già attualmente c'è una grossa autonomia se si considera che l'80% delle spese dei bilanci di una Regione sta proprio sulla sanità". Questo dato mette in mostra "quanto sia importante il peso delle Regioni" nei servizi sanitari, "ma io credo che il ministero debba comunque avere un ruolo di indirizzo".

Tra una Regione e l'altra, infatti, "ci sono gap addirittura sull'aspettativa di vita", e questo per il ministro "è completamente inaccettabile in una nazione moderna come la nostra". Per questo "il ministero deve lavorare con le Regioni. Per la salute è necessario cioè che le Regioni siano in qualche modo guidate dal ministero".

L'allarme del mondo medico e le rassicurazioni degli altri ministri del governo Meloni

Prima che la riforma entri in vigore, e poi una Regione ottenga effettivamente l'autonomia in qualche settore, servirà ancora parecchio tempo. Intanto, però, dal mondo sanitario si sono alzate molte voci di protesta. Pierino Di Silverio, segretario del sindacato dei medici Anaao-Assomed, ha dichiarato: "L’autonomia è un provvedimento di disgregazione sociale, va nel senso di una disintegrazione di ciò che resta di un welfare che in Italia è già ai minimi termini e in profonda crisi". L'Ordine dei medici, rappresentato dal presidente Filippo Anelli, si è espresso così: "La riforma mette a rischio la tenuta del Servizio sanitario nazionale e aumenterà la disuguaglianze tra le Regioni, quelle più povere avranno servizi inferiori. C’è forte preoccupazione".

A rispondere è stato Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e segretario della Lega, il partito che ha puntato di più sull'autonomia differenziata: "Se in alcune Regioni il livello di assistenza sanitaria è scadente è per l’incapacità di alcuni governatori, penso a De Luca e a Emiliano che chiacchierano e per anni non hanno fatto nulla". Il ministro Francesco Lollobrigida, di Fratelli d'Italia, ha commentato così: "Il nostro partito nasce dalla coesione nazionale, un partito radicato e forte al Sud. Potrebbe mai approvare un testo di legge che produce quell'effetto? Sarebbe un po' un suicidio".

Roberto Calderoli, ministro degli Affari regionali e delle Autonomie che ha scritto la riforma in questione, aveva parlato del suo impatto sulla sanità già a dicembre, quando il testo del disegno di legge non era ancora ufficiale: "Questa riforma può finalmente permettere allo Stato di riuscire dove il centralismo ha fallito, anche nell’interesse di chi deve curarsi", aveva detto. "Io sono un medico, e in quanto dipendente del sistema sanitario pubblico in aspettativa non retribuita, sono perfettamente consapevole di quanto il sistema pubblico sia alla base della nostra sanità.

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