Aumentare i click day, ma senza cambiare la Bossi-Fini: ecco la ricetta del governo per i lavoratori stranieri
Rivedere i meccanismi del decreto flussi, senza però toccare, almeno per ora, i fondamenti della normativa sull'immigrazione, a cominciare dalla legge Bossi-Fini. Questa in sostanza è la ricetta che il governo ha presentato a sindacati e organizzazioni delle imprese a palazzo Chigi, in vista dell'approvazione a breve di un provvedimento, che affronti il tema degli ingressi di lavoratori stranieri in Italia.
Nel corso del tavolo, convocato nella sede del governo, il sottosegretario Alfredo Mantovano ha illustrato le linee guida del decreto legge sulla materia, che sarà portato nei prossimi giorni in Consiglio dei Ministri. Un intervento che arriva appena un anno e mezzo dopo quello sullo stesso argomento, inserito all'interno del cosiddetto decreto Cutro. Misure all'epoca considerate rivoluzionarie, ma che evidentemente non hanno dato gli effetti sperati: il numero di lavoratori stranieri regolari rimane molto inferiore a quello di cui il tessuto produttivo italiano avrebbe bisogno.
Più click day e quote, ma avanti con la Bossi-Fini
Ecco dunque la necessità di agire di nuovo. Il progetto dell'esecutivo prevede ora di aumentare il numero annuale di click day, le lotterie con cui le imprese cercano di accaparrarsi le quote di permessi di soggiorno, per i lavoratori extracomunitari. Il sistema vedrà scadenze diversificate per diversi settori e i numeri complessivi saranno aumentati. Inoltre, dovrebbero essere snellite le procedure burocratiche. I sindacati – Cgil e Uil in particolare – ritengono però insufficienti le soluzioni proposte, pur apprezzando l'apertura di un confronto.
"L'impianto del del dispositivo dei flussi è collassato da tempo – spiega il segretario confederale della Uil Santo Biondo – Questo meccanismo va completamente azzerato e bisogna passare a nuovi strumenti che possano garantire la regolarità di chi viene nel nostro Paese a lavorare". Per la segretaria confederale della Cgil Maria Grazia Gabrielli: "Abbiamo bisogno di superare il click day. Serve un sistema di scorrimento annuale, non più legato a quote e scadenze ben precise, ma basato sul reale fabbisogno del Paese".
Secondo quanto si apprende, Mantovano avrebbe aperto alla possibilità di andare oltre i click day, ma in un ottica di più lungo periodo. Nessuna risposta invece sulla proposta della Cgil per permettere anche ai lavoratori – e non più solo alle imprese – di presentare le domande d'accesso al decreto flussi. Soprattutto, da parte del governo è emersa una netta contrarietà rispetto alle richieste di una revisione più profonda dei testi unici sull'immigrazione, a partire dalla legge Bossi-Fini. Nessun intervento, quindi, per permettere di fare ingresso nel nostro Paese con un visto temporaneo per la ricerca di lavoro, anzi semmai l'intenzione è di stringere ulteriormente le maglie. E nessuna azione per far emergere i circa 700mila di stranieri irregolari, in gran parte lavoratori in nero, presenti in Italia.
"Serve una riforma di insieme per rendere le persone più regolari e meno invisibili, la questione non si risolve soltanto con il decreto flussi, tema pur importante", spiega Maria Grazia Gabrielli della Cgil, che mette sul piatto anche l'abolizione del reato di clandestinità, la conversione dei permessi speciali in opportunità di occupazione, l'aumento delle tutele per chi denuncia situazioni di caporalato e di lavoro nero.
Il mercato irregolare dei visti
Il governo intende invece concentrarsi sui flussi, anche perché considera una vera e propria emergenza, quella legata alle frodi e le anomalie che si producono, sfruttando le falle degli attuali click day, A giugno, la stessa premier Meloni aveva presentato un esposto alla Procura Antimafia, per denunciare le possibili infiltrazioni della criminalità organizzata, nei meccanismi dei flussi. L'accusa è quella dell'esistenza di un mercato irregolare di rilascio di visti per lavoro, richiesti da aziende compiacenti o addirittura create ad hoc. A questi non seguirebbe poi l'effettiva firma di un contratto e così molte persone straniere – una volta arrivate in Italia con il decreto flussi – entrerebbero in condizione di clandestinità.
Durante, gli incontri a palazzo Chigi, il sottosegretario Mantovano ha spiegato: "Le richieste di far affluire in Italia lavoratori stranieri da parte di imprese localizzate su alcuni territori (in particolare, la Campania) sono manifestamente eccedenti rispetto alla capacità di assorbimento del tessuto imprenditoriale dei territori stessi; molti stranieri affluiti in quei territori per finalità di lavoro non stipulano poi alcun regolare contratto di lavoro". E ha continuato sostenendo che, con l'ausilio della malavita, i decreti flussi "sono stati utilizzati come meccanismo per consentire l’accesso in Italia, per una via formalmente legale, a persone che non ne avrebbero avuto diritto, verosimilmente dietro pagamento di somme di denaro".
Per affrontare la questione, Mantovano ha annunciato una stretta sui controlli – anche preventivi – sulle imprese e un tetto massimo di domande per datore di lavoro, in relazione alle dimensioni dell’azienda. Oltre al sempre molto evocato e poco realizzato incrocio fra le diverse banche dati. I sindacati si dicono d'accordo con l'aumento dei controlli, ma ribadiscono come dal loro punto di vista truffe e azioni criminali sono frutto di un sistema sbagliato alla radice.
Le sigle confederali segnalano inoltre come difficilmente gli uffici che gestiscono le diverse fasi del processo, potrebbero assumere nuovi compiti di controllo, perché già oggi soffrono di gravi carenze di organico. Dice Santo Biondo della Uil: "Prefetture, sportelli unici, questure, consolati hanno bisogno di più personale. Non ci si può basare sul meccanismo del silenzio-assenso, perché così l'incrocio tra domanda e offerta avviene al buio". Su questo punto Maria Grazia Gabrielli della Cgil ritiene che le risposte di Mantovano siano state insoddisfacenti: "È stata ammessa la criticità, ma non è stato promesso solo un incremento dei lavoratori interinali, senza assunzioni in pianta stabile". Una scelta che oltre a non colmare i vuoti, non garantirebbe nemmeno l'ingaggio delle figure specializzate, necessarie a trattare una materia così delicata.