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Aumenta la violenza sulle donne, ma la regione Lazio vuole sgomberare Lucha y Siesta

Sfrattare Lucha y Siesta significa ignorare l’apporto fondamentale che le realtà femministe indipendenti portano sul territorio. Non solo come erogatori di servizi che si sostituiscono alle istituzioni, ma anche per le campagne di attivazione, gli incontri nelle scuole, i corsi di formazione e attività culturali. Tutte attività fondamentali alla prevenzione.
A cura di Jennifer Guerra
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La casa delle donne Lucha y Siesta, polo culturale femminista e centro antiviolenza romano, rischia lo sfratto per volontà dell’amministrazione della regione Lazio e dell’assessora per le pari opportunità Simona Baldassarre, che con una deliberà cancellerà la convenzione che la casa aveva stipulato con la regione durante la giunta Zingaretti. La vicenda di Lucha y Siesta, che dal 2008 occupa un ex stabile dell’Atac in via Lucio Sestio 10, sembrava essersi risolta per il meglio nel 2021, quando la regione Lazio aveva acquistato all’asta l’immobile per poi concederlo in comodato d’uso gratuito alla realtà transfemminista. Ora, nonostante i numeri allarmanti della violenza di genere e dei femminicidi, la giunta Rocca ha deciso che Lucha y Siesta va sfrattata. L’opposizione si è subito schierata al fianco della casa, che ha ricevuto anche la solidarietà della rete nazionale dei centri antiviolenza D.i.Re e di una grande campagna social, Lucha siamo tutt3.

L’intento di Baldassare è quello di sgomberare l’edificio, ristrutturarlo e di aprire un bando per regolarizzarne la situazione, stralciando l’accordo precedente che aveva già riconosciuto ufficialmente l’importanza del lavoro di Lucha y Siesta. La gestione antiviolenza a Roma è infatti estremamente carente: la casa delle donne, con le sue 14 stanze, mette a disposizione il 60% dei posti letto della capitale nelle case rifugio.

Lucha y Siesta però non è un semplice centro antiviolenza, ma una realtà che opera nel segno del femminismo e che non lesina di criticare le mancanze delle istituzioni sul contrasto alla violenza di genere: “Non ci stupisce che la Giunta Rocca pensi di poter cancellare Lucha y Siesta, che porti avanti la politica del ‘far quadrare i conti’ al di sopra delle vite, che promuova paternalismo e assistenzialismo laddove germoglia autonomia e autodeterminazione, che neutralizzi a servizio ciò che è spazio bianco dell’immaginario femminista, l’unico in grado di costruire le risposte adeguate all’inasprirsi di violenza, stupri e discriminazioni”, hanno fatto sapere le attiviste in un comunicato.

Le politiche di contrasto alla violenza di genere messe in atto dalle amministrazioni di destra, così come quelle del governo, tradiscono infatti una visione protezionista e punitiva che non tiene conto della Convenzione di Istanbul, dell’apporto dei centri antiviolenza e dell’importanza della prevenzione. Dopo ogni femminicidio o violenza eclatante, le risposte della classe politica si limitano a promettere aumenti delle pene o nuove leggi, senza però agire sulle cause profonde della violenza di genere. La Camera ad esempio ha recentemente approvato le nuove disposizioni sul Codice rosso, il cosiddetto “Codice rosso rafforzato”, che consente alla procura di ritirare l’assegnazione del procedimento al PM nel caso in cui questi non senti la vittima di violenza entro 3 giorni (come prevedeva la legge precedente). Una misura che non fa altro che aggiungersi all’ampio impianto normativo sulla violenza di genere in Italia, che evidentemente non basta a contenere, o ancora meglio, a prevenire il fenomeno.

La vicenda di Lucha y Siesta è paradigmatica in tal senso. I centri antiviolenza sono visti sempre più come erogatori di servizi che si sostituiscono alle istituzioni, anziché come luoghi autonomi di sostegno e relazione fra donne. Inoltre convivono da anni – e certamente non solo dall’insediamento del governo attuale – col grande problema della distribuzione dei finanziamenti, che a causa di un meccanismo farraginoso che prevede molti passaggi prima che arrivino nelle casse dei centri, devono far fronte a ritardi che possono superare anche i due anni. Questo comporta in molti casi non solo l’interruzione del pagamento degli stipendi (comunque pochi, solo il 32,5% delle operatrici ne riceve uno), dell’acquisto dei beni essenziali e in casi estremi dell’apertura delle case-rifugio, ma anche di tutte quelle iniziative che sensibilizzano davvero la cittadinanza al problema della violenza di genere.

I centri antiviolenza di ispirazione femminista come Lucha y Siesta infatti non si limitano alla protezione e al supporto delle vittime, ma fanno campagne di attivazione, incontri nelle scuole, corsi di formazione e attività culturali aperte a tutti, non solo con l’obiettivo di educare la cittadinanza sul tema, ma anche di mostrare che la vita delle donne non si limita soltanto alla violenza di genere e che solo una loro piena partecipazione e autodeterminazione può porre fine a questo enorme problema. Lo dice chiaramente anche la Convenzione di Istanbul: la violenza di genere è la conseguenza dei rapporti diseguali fra uomini e donne. Sfrattare Lucha y Siesta nel nome del “rispetto delle norme”, a maggior ragione dopo che la loro esperienza era già stata valorizzata e riconosciuta dalla città e dalla regione, significa ignorare l’apporto fondamentale che le realtà femministe indipendenti portano sul territorio. Non solo quella di Lucha y Siesta, ma anche di tutti i centri antiviolenza che operano sapendo che prima che con le vittime, hanno a che fare con le donne.

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Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia e oggi vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
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