Attenzione ai numeri: un governo tra M5s e Pd potrebbe non avere i voti in Parlamento
Le intenzioni del MoVimento 5 Stelle dopo il primo giro di consultazioni al Quirinale sono chiare: un contratto di governo da proporre e formulare o insieme alla Lega o insieme al Pd. Due casi completamente diversi non solo perché si parla di due partiti che hanno idee e proposte radicalmente opposte, ma anche per quanto riguarda i numeri di una eventuale maggioranza così formata. Se, da una parte, un governo formato da M5s e Lega avrebbe un minimo margine (non poi così largo, soprattutto al Senato), diverso è il discorso di una eventuale alleanza tra pentastellati e Pd, con numeri molto stretti a Palazzo Madama.
I numeri di un governo M5s-Lega
I seggi conquistati dal MoVimento 5 Stelle alla Camera garantiscono una certa tranquillità a Luigi Di Maio, qualunque sia la maggioranza che si andrà a formare. A Montecitorio la maggioranza è fissata a 316 voti su 630: una eventuale alleanza tra Cinque Stelle e Lega potrebbe contare su 347 seggi, con un margine di oltre 30 voti. Ancora più ampia sarebbe la maggioranza se l’accordo comprendesse tutto il centrodestra, con 483 voti su 630 dell’aula. Ben diverso il discorso al Senato, dove – in proporzione – M5s e Lega hanno conquistato meno seggi.
Il M5s ha 109 voti al Senato, la Lega ne ha 58. Insieme raggiungerebbero la quota fatidica per avere la maggioranza, ovvero 161 seggi. I due partiti insieme arriverebbero a 167 voti a Palazzo Madama, un margine non molto ampio ma che potrebbe garantire una certa sicurezza sapendo di poter – di volta in volta – rimediare qualche altro appoggio in altri gruppi, come Fratelli d’Italia, Forza Italia, o anche il gruppo Misto e quello per le Autonomie. Sei voti di margine non sono molti, ma tanto basta per poter quanto meno far partire la legislatura con serenità.
I numeri di un governo M5s-Pd
La seconda ipotesi avanzata da Di Maio è quella di un governo formato da Cinque Stelle e Pd. Finora da parte del Partito Democratico c’è un totale rifiuto anche solo a dialogare con il M5s, ma anche se nei prossimi giorni dovesse arrivare un’apertura dai vertici dem, i numeri per tenere in piede una eventuale maggioranza di governo così composta non sarebbero molto solidi. Alla Camera i problemi sarebbero quasi nulli. Insieme M5s e Pd hanno 333 deputati, con maggioranza fissata a 316: un buon margine di quasi 20 voti. In più potrebbero contare, anche se più facilmente su singoli provvedimenti, su parte dei 36 componenti del gruppo Misto, di cui alcuni eletti proprio insieme alla coalizione guidata dal Pd e un’altra parte facente riferimento all’area di sinistra con Liberi e Uguali.
C’è da stare molto meno tranquilli al Senato, dove – ad oggi – un eventuale governo formato solo da Pd e M5s raggiungerebbe con gran fatica la maggioranza: a Palazzo Madama servono 161 seggi, esattamente quanti ne hanno pentastellati e dem insieme. C’è da fare una precisazione: la maggioranza è fissata a 161 comprendendo anche i senatori a vita (cinque più il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano) e alcuni di questi – molto spesso – non sono presenti in aula, facendo così ridurre questa soglia. Ma il margine rimane comunque strettissimo: sono sufficienti poche assenze o magari impegni istituzionali per qualcuno degli eletti che si troverà a fare il ministro per andare sotto e mettere a rischio la stabilità della maggioranza.
Non è da escludere neanche la possibilità che i due gruppi abbiano delle fuoriuscite, come già accaduto peraltro ancor prima di iniziare la legislatura nei Cinque Stelle. O, ancora, altro rischio è quello che una componente del Pd (soprattutto i renziani e al Senato c’è anche lo stesso ex presidente del Consiglio) decida di non sostenere il governo o quantomeno alcuni suoi provvedimenti. E anche solo una cinquina di senatori in questo caso potrebbe essere decisiva. Allo stesso tempo, però, un eventuale governo così composto potrebbe appellarsi ad altre forze, soprattutto quelle che fanno parte del gruppo Misto. In totale 12 senatori, di cui 4 (la componente più forte) di Liberi e Uguali: LeU potrebbe anche avvicinarsi a un governo a guida pentastellata ma con trazione a sinistra. Va però sottolineato che finora Di Maio non ha mai considerato il partito di Pietro Grasso come un interlocutore, tanto da non citarlo neanche quando ha proposto un contratto di governo al Pd.