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Asgi: “Inquietante caso Almasri, non è stato scarcerato per cavillo tecnico ma per scelta politica”

La scarcerazione di Almasri, capo della Polizia giudiziaria libica, e la sua espulsione con un volo di Stato verso la Libia, nonostante un mandato della CPI che lo ritiene responsabile di crimini di guerra, solleva dubbi inquietanti sulla trasparenza e legalità dell’operazione. Luca Masera (Asgi) a Fanpage.it: “Il nostro Paese finanzia queste persone da anni”.
A cura di Francesca Moriero
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Applausi e grida di felicità hanno accolto Najeem Osema Almasri Habish, influente capo della Polizia Giudiziaria libica, accusato di torture e gravi violazioni dei diritti umani all’interno del lager di Mitiga. Conosciuto anche come Almasri, l’uomo era stato arrestato dalla Digos, domenica scorsa a Torino, su richiesta della Corte Penale Internazionale (CPI), che lo ritiene responsabile di crimini di guerra, torture e violenze sistematiche. A causa di quello che viene chiamato "cavillo procedurale", Almasri è stato tuttavia rilasciato e immediatamente espulso dall’Italia. L’arresto era rimasto segreto fino a lunedì 20 gennaio, quando il procuratore generale di Roma ha chiesto alla Corte d’Appello di non convalidare la detenzione. Secondo il procuratore, l’arresto di Almasri sarebbe infatti avvenuto senza consultare adeguatamente il Ministero della Giustizia, responsabile dei rapporti con la Corte Penale Internazionale. Di conseguenza, mancava la necessaria validazione formale dell’arresto. Pur riconoscendo la gravità delle accuse, la Corte d’Appello di Roma ha annullato immediatamente la detenzione, definendola non conforme alle procedure, e ha ordinato il rilascio immediato dell’uomo, che è così tornato indisturbato a Tripoli e ai gravi crimini per i quali pende procedimento davanti alla Corte penale internazionale. Gli anni di abusi e torture commessi nel lager di Mitiga restano quindi ancora molto lontani da un'aula di giustizia internazionale.

Fanpage.it ha discusso il caso con Luca Masera, penalista e docente esperto di diritto internazionale e membro dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), per approfondire le implicazioni legali e le criticità emerse da questa vicenda.

Il capo della polizia libica, Almasri, è stato arrestato a Torino sotto mandato della Corte Penale Internazionale (CPI), subito dopo aver assistito alla partita Juve-Milan. Come è possibile che un torturatore accusato di crimini contro l’umanità si trovasse in Italia, apparentemente libero di muoversi?

Partiamo dal fatto che si tratta di un mandato di arresto emesso dalla CPI che non era stato reso noto. In alcuni casi la Corte lo fa per evitare che il sospettato, sapendo di essere ricercato, non si muova dal suo paese. La Libia non collabora con la CPI, quindi purtroppo, anche come avvenuto in altri casi con altri soggetti, non si può far nulla fino a che sta nel proprio Paese. La Corte non ha una forza militare, ma si serve della cooperazione degli Stati. Quando il soggetto si trova in uno Stato che ha sottoscritto lo Statuto della Corte, lo Stato deve arrestarlo. Fino a che non usciva dalla Libia, l'arresto di Almasri non si poteva eseguire.

Erano giorni che però Almasri si trovava in Italia. Di chi è la responsabilità?

Dal punto di vista di chi è la responsabilità di questo fallimento, non è sicuramente della polizia. Certo, era in Italia da due giorni, ma in due giorni la polizia è riuscito a individuarlo e ad arrestarlo. Ha fatto il suo dovere. Ci sono stati invece una serie di elementi davvero inquietanti, che meritano di essere indagati.

Il ministro Nordio ha dichiarato che "il complesso carteggio è in valutazione per la trasmissione formale della richiesta della CPI al Procuratore generale di Roma", ma nel frattempo Almasri è stato liberato. Si tratta davvero di un "cavillo tecnico"? Era possibile trattenere Almasri con un'altra procedura?

Sicuramente si. Per prima cosa, voglio precisare che quello che viene chiamato "cavillo", è un'interpretazione molto discutibile della Corte d'Appello di Roma, che ritiene che non sia applicabile ai casi di esecuzione del mandato di arresto della Corte Penale Internazionale, la procedura che si applica invece in caso di estradizione, in cui la polizia può procedere di propria iniziativa all'arresto. Questo, per quanto riguarda il punto giuridico. Si può invece sostenere che, visto che c'è una norma della legge relativa alla Corte Penale Internazionale e i rapporti con l'Italia, che dice che si applicano tutte le disposizioni del codice di procedura penale, ove non diversamente disposto, si poteva benissimo argomentare che questa procedura era valida.

E il ministero?

Il ministero avrebbe potuto procedere a seguire ciò che diceva la Corte. Cioè chiedere al procuratore generale, e quest'ultimo alla Corte d'appello, di predisporre l'arresto. C'era benissimo, insomma, la possibilità di chiedere l'arresto. Se c'era la volontà politica di farlo.

Risulta che la notizia della scarcerazione sia arrivata nel pomeriggio, mentre Almasri era già stato liberato da ore e si trovava già su un volo per Tripoli. Perché è stata data solo la sera la notizia della sua scarcerazione? Il Ministro Nordio dice di essere stato informato tardi, è una ricostruzione plausibile?

Il Ministro diceva che stava valutando le carte, quando in realtà l'aereo italiano era già partito. E questa è una cosa gravissima.

Almasri è accusato di crimini gravissimi contro l’umanità, torture, violenze, abusi sessuali. Il governo italiano, in particolare il governo Meloni, ha più volte dichiarato di voler combattere gli scafisti in tutto il mondo. Tuttavia, in questo caso, sembra che Almasri sia stato rapidamente rimandato in Libia, persino con un aereo italiano e delle scuse.

Credo sia importante mettere in luce infatti chi è questo soggetto, che ha una posizione apicale all'interno di una banda di, sostanzialmente, assassini e torturatori, che il nostro Paese finanzia da anni. Che tutti i governi hanno finanziato. Questo è l'elemento. Quindi è evidente che era interesse assoluto di tutti.

La rapidità con cui si è conclusa questa vicenda è indicativa di una scelta politica?

Si, parliamo di un personaggio che ha sulle mani la morte di centinaia di migliaia di persone. Parliamo di torture, violenze, abusi sessuali. Non è un pesce piccolo. Fa parte di quelle persone con cui il nostro Paese collabora, a cui rimandiamo le persone che facciamo soccorrere dalla Guardia Costiera Libica. Nelle loro mani e nei centri di tortura.

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