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Ascani (Pd): “La strategia di Meloni sull’intelligenza artificiale è raffazzonata. Così l’Italia rimarrà indietro”

Per la vicepresidente della Camera, Anna Ascani, il ddl del governo sull’intelligenza artificiale è stata “un’occasione mancata per l’Italia”, alle prese con una difficile corsa in cui rischia di rimanere fanalino di coda. Tra gli aspetti più controversi, una governance assente e investimenti insufficienti. “Una scelta miope e sbagliata”, dice intervistata da Fanpage.it.
A cura di Giulia Casula
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Fondi insufficienti, una strategia sconclusionata, governance e investimenti assenti. Per la vicepresidente della Camera, Anna Ascani, il disegno di legge promosso dal governo Meloni sull'intelligenza artificiale è stata "un'occasione mancata" per l'Italia, alle prese con una corsa in cui rischia di condannarsi a rimanere fanalino di coda.

"Nella fretta di rilasciare un documento da sbandierare in occasione del G7, questo esecutivo abbia sviluppato un’architettura gestionale che non ha nulla di strategico, con la conseguenza di ingessare il progresso e la governance. Una scelta miope, oltre che sbagliata", dice a Fanpage.it. Ascani, che tra le altre cose presiede il Comitato di Vigilanza sull’attività di Documentazione sull'IA alla Camera, avverte sul pericolo che il ddl finisca perfino per disattendere le previsioni dell'AI Act, la legge europea in materia, che a maggio ha ricevuto il via libera definitivo da parte del Consiglio dell'Ue.

"Quello sull’IA è un provvedimento praticamente a costo zero. Com’è possibile essere protagonisti a livello internazionale, senza dotare università e centri di ricerca di risorse adeguate? Senza investire un euro?", domanda. Per la deputata dem il quadro è chiaro: "Il governo non considera l’intelligenza artificiale una priorità. Se si è consapevoli dell’importanza di un determinato ambito, i soldi si trovano.

Il governo ha approvato il nuovo disegno di legge sull’intelligenza artificiale. Da più parti è stato giudicato una “lista di buone intenzioni” e anche lei ha parlato di “un’occasione mancata”. Perché?

Quando parliamo di intelligenza artificiale, non parliamo di qualcosa di distante da noi, di macchine da futuro distopico raccontate in un film o in un libro di fantascienza. Si tratta di qualcosa che è già qui, adesso, nelle nostre società. E che può rappresentare una straordinaria opportunità di progresso, se riusciamo a governarla, regolamentando i rischi per i cittadini e per la tenuta democratica delle nostre comunità. Il provvedimento del governo poteva essere l’occasione per intervenire in tal senso. Con urgenza, perché già in ritardo, e con un piano strategico, che vuol dire investimenti per la formazione, la ricerca, la promozione delle sperimentazioni, una governance seria ed efficace. Invece, nel testo presentato al Parlamento dall’esecutivo Meloni non c’è niente di tutto questo. Non è una critica gratuita al governo da parte di un’esponente dell’opposizione. Basta sfogliarlo per vedere che è così. E, francamente, non possiamo rassegnarci al “sempre meglio di niente” in un settore così rilevante per il Paese. Occorre fare di più e meglio, promuovere conoscenza, investire nella tecnologia e nelle competenze, sempre attenti alle persone che devono essere il centro di una rivoluzione di tale portata.

Nonostante la segnalazione del Garante per la protezione dei dati personali che chiedeva un’Autorità indipendente a vigilare sull’IA, a gestire la materia ci saranno, in base alle rispettive competenze Agid e Acn, che fanno capo alla Presidenza del Consiglio. Cosa ne pensa?

L’AI Act europeo è molto chiaro: prevede autorità indipendenti per scongiurare il rischio di una non effettiva tutela dei diritti dei cittadini, specialmente nei casi in cui sarà il governo a usare l’IA (pensiamo ai Ministeri o alle forze di polizia, ad esempio). Ma il ddl disattende, in maniera disarmante, questa previsione. Ogni responsabilità è in capo all’esecutivo, direttamente o attraverso Agenzie che ne sono emanazione. E viene meno l’autonomia di chi vigila rispetto al governo di turno che è potenzialmente un soggetto da vigilare. Mi sembra che, nella fretta di rilasciare un documento da sbandierare in occasione del G7, questo esecutivo abbia sviluppato un’architettura gestionale che non ha nulla di strategico, raffazzonata e che rischia anzi di frammentare politiche e azioni per questo ambito, con la conseguenza di ingessare il progresso e la governance. Una scelta miope, oltre che sbagliata.

Dall’attuazione della legge sull'IA non dovranno "derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”, si legge nella bozza. Meloni a marzo però aveva parlato di uno stanziamento fino a 1 miliardo di euro in fondi venture capital assegnati a Cassa depositi e prestiti.  A suo avviso questi investimenti sono sufficienti? 

Sono assolutamente insufficienti, ma le dirò di più: smascherano le intenzioni dell’esecutivo. Quello sull’IA è un provvedimento praticamente a costo zero. Non vengono destinati fondi nuovi al settore, quando invece si trovano 800 milioni per un centro per il respingimento dei migranti in Albania. Com’è possibile essere protagonisti a livello internazionale, senza dotare università e centri di ricerca di risorse adeguate? O richiedere alla pubblica amministrazione di acquisire sistemi all’avanguardia o fare formazione ai propri dipendenti senza investire un euro? È una decisione che si commenta da sola e che significa solo una cosa: l’intelligenza artificiale non è considerata una priorità. E penso che sia grave. Perché ciò che non viene governato, in genere viene subìto. E in questo caso le conseguenze possono essere drammatiche.

Ora che la palla passa al Parlamento, su quali ambiti si aspetta delle modifiche? A gennaio anche il Pd ha depositato una proposta di legge sull’IA. Può riassumerci i punti principali e le eventuali differenze dal ddl del governo Meloni?

Mi preme sottolineare un aspetto: il Parlamento, e nello specifico il PD, come ha ricordato, è già intervenuto da diversi mesi sull’intelligenza artificiale, presentando proposte di legge più organiche e strategiche. Abbiamo proposto di stanziare risorse adeguate per la formazione e l’aggiornamento professionale, di istituire un Ministero dell’innovazione e dello sviluppo tecnologico per governare meglio e in maniera più integrata il settore, di disciplinare l’uso dei contenuti generati dall’intelligenza artificiale attraverso il cosiddetto watermark. L’esecutivo è ben conscio di queste iniziative, tant’è vero che le uniche misure mirate che il ddl IA contiene sono la replica – riuscita non troppo bene – delle sollecitazioni che, come parlamentari, avevamo proposto. Le faccio un esempio: a proposito del watermark, anche qui siamo di fronte a un’occasione sprecata, perché la mancanza di indicazioni precise sul funzionamento di questo strumento rischia di rendere inapplicabile la disposizione. Continueremo, sia alla Camera che al Senato, a richiamare l’attenzione su questi strumenti, sulla necessità di una governance efficace e di una strategia nazionale di ampio respiro, oltre che sull’urgenza del reperimento di fondi per sostenere lo sviluppo, la conoscenza, la ricerca e la sperimentazione sull’IA.

Anche la vostra proposta prevede dei cospicui fondi (oltre due miliardi): dove intendete reperire le risorse? 

La questione del reperimento delle risorse, come dicevo prima, è specchio delle priorità che un governo si dà. E, da questo punto di vista, le leggi di bilancio sono la cartina di tornasole che mostra chiaramente l’indirizzo politico di un esecutivo. Quello guidato dalla Meloni sta facendo delle scelte che danneggiano i cittadini, comprimono i diritti delle persone, bloccano occasioni di sviluppo: tagliano sulla sanità, i fondi per le famiglie, per chi versa in condizioni di svantaggio e non può permettersi un affitto, sottraggono risorse alla ricerca e allo sviluppo, proprio come il caso dell’IA evidenzia. Se si è consapevoli dell’importanza di un determinato ambito, i soldi si trovano.

Altri governi come il Regno Unito o la Francia (dove Macron vuole destinare 5 miliardi all’IA) sembrano aver risposto più prontamente alla sfida posta dall’intelligenza artificiale. L’Italia rischia di rimanere indietro?

Naturalmente, ed è inammissibile. Ripeto: non stiamo parlando di un passatempo da nerd, l’intelligenza artificiale è già parte della nostra quotidianità e se non la conosciamo, non ne comprendiamo opportunità e rischi, è un problema. Da Presidente del Comitato di Vigilanza sull’attività di Documentazione della Camera dei deputati ho avuto la possibilità di incontrare, nel corso di una missione conoscitiva sull’IA negli Stati Uniti, giovani ricercatrici e ricercatori italiani qualificati. Professionisti indispensabili per aiutarci a comprendere questi strumenti, oltre che ovviamente a svilupparli, sempre tenendo al centro l’essere umano e i suoi diritti. A Montecitorio abbiamo lanciato nei mesi scorsi una call rivolta al mondo dell’università e della ricerca, per chiedere il contributo di esperti nella sperimentazione che abbiamo avviato per l’uso dell’intelligenza artificiale generativa a supporto del lavoro parlamentare. Il capitale umano, formato e preparato, c’è. Ma come si fa a sostenerlo senza politiche mirate, senza fondi? È una domanda che al governo evidentemente non si fanno. Una delle tante. Ma a farne le spese sono sempre e solo i cittadini.

La bozza del testo, inoltre, prevede anche nuovi reati connessi all’uso di strumenti di intelligenza artificiale tra cui, per esempio l’abuso di deepfake per diffamare le persone per cui è prevista la reclusione da sei mesi a tre anni. Eppure il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha più volte ribadito la sua contrarietà a un approccio panpenalista, ovvero al continuo aumento di norme penali. Qual è il suo parere?

I rischi legati a un uso distorto dell’IA sono sotto gli occhi di tutti e questo periodo elettorale li ha resi ancora più manifesti. Quindi ritengo sia opportuno definire un sistema che li minimizzi e tuteli le persone. Da questo punto di vista, l’AI Act europeo è un ottimo strumento, pensato proprio per garantire maggiore trasparenza, combattere usi illeciti, pratiche inaccettabili e, quindi, anche discriminazioni. Per quanto riguarda il testo italiano sicuramente non può passare inosservato un aspetto: mentre la parte relativa alla strategia, all’investimento, al coordinamento delle azioni di sviluppo dell’intelligenza artificiale rimane appena accennata, quella punitiva e sanzionatoria è estremamente più corposa e definita. Sulla tutela dei cittadini non si fanno sconti, ma bisognerebbe avere una visione di insieme più coerente. Gli usi distorti si contrastano anche con la consapevolezza e la conoscenza, e su questo il provvedimento del governo fa poco o nulla.

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