Arrestato per 1,9 grammi di cannabis, resta in carcere e rischia l’estradizione
In questo momento nel nostro paese c'è una persona detenuta al carcere di Belluno perché fermato dalla polizia con meno di due grammi di cannabis. Il protagonista della vicenda è M., un ragazzo di trent'anni della Repubblica Ceca, che si trovava in vacanza in Italia. Su di lui pende una richiesta di estradizione verso l'Ucraina e finché non ci sarà una decisione su questo, M. resterà in carcere. A sollevare il caso è l'associazione Antigone, che ha fatto appello al ministro della Giustizia Andrea Orlando perché si interessi di quanto sta accadendo.
Tutto è iniziato nel settembre del 2013, quando il ragazzo si trovava al confine ungherese, diretto in Ucraina. Durante un controllo è stato trovato con 1,9 grammi di cannabis, che ha dichiarato essere per uso personale. Da quel momento in poi, però, è iniziato un procedimento a piede libero per l'accusa di spaccio – per cui in Ucraina sono previsti fino a dieci anni di carcere – di cui lui non ha avuto alcuna ulteriore notizia, finché a fine giugno di quest'anno è arrivato in Italia in vacanza. Il giorno dopo aver consegnato i documenti in hotel, infatti, si sono presentate all'albergo le forze di polizia, che l'hanno arrestato. Dal 2 luglio M. si trova nel carcere di Belluno a tempo indeterminato: è detenuto in custodia cautelare fino a quando l'Ucraina non consegnerà tutti i documenti e non verrà decisa l'estradizione.
Secondo l'associazione Antigone la vicenda ha "qualcosa di assurdo". Nel nostro paese, secondo la legge Iervolino – Vassalli del 1990 – tornata in vigore nel 2014 dopo che la Consulta ha dichiarato incostituzionale la legge Fini – Giovanardi – per quelle quantità ci sono sanzioni amministrative. Secondo la legge italiana, dunque, 1,9 nove grammi di cannabis non dovrebbero portare in carcere, figuriamoci recluso a tempo indeterminato. "Non c'è una pena definitiva con un quantum da scontare, si tratta di un procedimento a piede libero che esiste in Ucraina con l'accusa di spaccio per la detenzione di 1,9 di stupefancente. Il paradosso è che nel momento in cui c'è un mandato di arresto europeo o una richiesta di estradizione spesso succede che il soggetto si ritrovi a fare tanta misura cautelare in carcere prima della decisione della corte interessata se estradarlo o meno", spiega l'avvocato Gennaro Santoro di Antigone. Il ragazzo, aggiunge, "viene trattenuto in carcere perché era qui in vacanza e, ovviamente non ha una dimora abituale, per cui la corte ipotizza un pericolo di fuga. Solo che chissà quando l'Ucraina consegnerà documenti per giustificare richiesta di estradizione".
Nella convalida d'arresto si legge che la custodia cautelare sarebbe "una misura idonea a garantire la consegna allo stato richiedente" e non si prefigurerebbero "ragioni plausibili per ritenere che la preannunziata domanda di estradizione dell’arrestato non possa trovare accoglimento". Estradizione che causerebbe al ragazzo una condanna fino a dieci anni di carcere. "Sostanzialmente – spiega l'avvocato Santoro – la corte d'Appello nella sua valutazione preliminare ha detto che non c'è nulla che potrebbe impedire l'estradizione. Orlando, però, ha potere di veto sull'estradizione, potrebbe rifiutarla considerata la lieve entità del quantitativo. Da un punto politico, cioè, potrebbe valutare diversamente la questione". Secondo Antigone "l’estradizione non dovrebbe essere concessa", in ragione della "disparità di trattamento tra l’Italia, dove appunto il possesso di due grammi di sostanza si costituisce come una sanzione amministrativa o un fatto di lieve entità, e l’Ucraina, dove l’uomo rischia fino a dieci anni di carcere costituendosi la stessa condotta come reato", si legge in un comunicato.
Quello che maggiormente denuncia l'associazione, però, è l'utilizzo eccessivo della custodia cautelare. Un istituto di cui, tra l'altro, l'Italia abusa, con una media vicina al 34% contro quella europea del 21%. In un recente rapporto di Antigone sul tema si legge che ad oggi nelle carceri italiane il 34,5% dei detenuti è in attesa di una sentenza definitiva e 17,1% di una sentenza di primo grado. Una situazione in lieve miglioramento, anche se ancora allarmante: "L’Italia è stata altresì per lungo tempo uno dei paesi dell’Unione europea con la più alta percentuale di contestazioni per violazione dell’articolo 5 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). La Corte Europea dei diritti dell’Uomo (Corte EDU) ha emesso infatti numerose condanne riscontrando violazioni specialmente riguardo l’eccessivo periodo di detenzione preventiva e l’assenza di effettive garanzie". "Nel momento in cui c'è un mandato di cattura dagli stati esteri – conclude l'avvocato Santoro – sembra che venga meno l'interesse in Italia a tutelare il diritto inviolabile alla libertà personale. Sicuramente prima di trenta giorni non arriverà la documentazione dall'Ucraina. E nel frattempo questa persona resterà in carcere".