Approvazione della manovra, il governo vuole un ok rapido ma per le opposizioni non c’è accordo
L'iter parlamentare della manovra si prospetta molto simile a quello percorso ogni anno. Nonostante gli annunci del governo e l'intenzione originaria di chiudere la pratica entro Natale, alla fine l'esame degli emendamenti è slittato più volte, tanto che ancora non c'è un calendario condiviso con le opposizioni. Il programma dell'esecutivo, rimodulato in base agli eventi delle ultime settimane – con le tante grane che il governo ha dovuto risolvere, a partire dalle pensioni dei medici – resta quello di portare la legge di Bilancio in Aula al Senato il 18 dicembre, per poi approvarla prima di Natale. Il passaggio successivo sarà alla Camera dei deputati, dove il testo arriverà blindato e chiuso a quadrupla mandata. Bisognerà avere il via libera entro il 31 dicembre, per evitare l'esercizio provvisorio.
Il governo è passato dal voler approvare la manovra in tempi record per dare un segnale un po' a tutti – dall'Ue ai cittadini – alla solita corsa contro il tempo. I contenuti della riunione di maggioranza che si è tenuta ieri a Montecitorio, nella sala dell'esecutivo, sono stati ben riassunti dai parlamentari di centrodestra: non ci si può più permettere alcun errore, perché i tempi tecnici per una terza lettura entro la fine dell'anno non ci sono. Tradotto: approvazione al Senato entro Natale, via libera della Camera il 29 dicembre. Nessuno vuole passare sabato 30 e domenica 31 in Parlamento, né maggioranza né opposizione.
È proprio con l'opposizione che, però, il centrodestra deve trovare rapidamente un accordo. Al momento non c'è alcuna intesa su come procedere sulla manovra, secondo quanto riferito oggi pomeriggio dagli esponenti di Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Italia Viva e alleanza Verdi e Sinistra al termine di una riunione in commissione Bilancio al Senato. I parlamentari si riaggiorneranno domani mattina, ma per il governo non avere un accordo è un problema enorme. Al momento le opposizioni contestano il fatto che con gli emendamenti del governo e dei relatori si usino più dei 100 milioni del tesoretto parlamentare e protestano anche contro la fretta di andare in Aula ma senza un percorso chiaro. Se non c'è intesa, affermano le opposizioni, si dovranno discutere tutti i 2500 emendamenti. Tradotto: freno a mano tirato sulle aspirazioni del governo di andare rapidamente verso l'approvazione.