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Antonella Soldo: “Mi candido con Stati Uniti d’Europa per portare la cannabis al Parlamento europeo”

Antonella Soldo è coordinatrice dell’Associazione Meglio Legale e ha deciso di candidarsi alle elezioni europee per portare il tema della cannabis legale a Bruxelles.
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"Non diciamo che le persone debbano usare le sostanze, ma diciamo che siccome le usano, e le usano tanto (in Italia ci sono più di 6 milioni di consumatori), è meglio che sia legale, è meglio che questa cosa la gestisca lo Stato invece che lasciarla nelle mani delle mafie". Così Antonella Soldo spiega a Fanpage.it la battaglia che vuole portare al Parlamento europeo e che l'ha spinta a candidarsi alle elezioni del prossimo 8 e 9 giugno.

Da cosa nasce la scelta di candidarsi a queste elezioni europee?

Io non dissimulo, non farò come quei candidati che dicono "me lo hanno chiesto". Io volevo candidarmi per portare il tema della cannabis, e altre cose, all'attenzione del Parlamento europeo e delle istituzioni e di questo dibattito elettorale. Dopo aver organizzato, per quattro anni, un'associazione che si chiama ‘Meglio legale', con la quale ho provato a fare referendum, proposte di legge di iniziativa popolare, iniziative di disobbedienze civile, ho pensato, insieme alle persone che lavorano con me e che sostengono questo progetto, che fosse proprio il caso di occupare questo spazio politico per portare questo tema e quindi andare a parlarne in tv, sui giornali e con le persone.

Cosa manca, secondo lei, alla legalizzazione della cannabis?

Come tutte le cose che mancano nel nostro Paese, manca un dibattito serio e responsabile e scientifico. Manca togliere lo spauracchio, che fa tanto comodo a qualcuno, perché si dice sempre che non è un tema importante, che alle persone non interessa. In realtà è un tema che riguarda tante cose, a partire dalla lotta alla mafia: la cannabis occupa il 42% del narcotraffico nel nostro Paese. E con i soldi del narcotraffico le mafie comprano negozi, comprano ristoranti, inquinano l'economia legale, fanno concorrenza sleale e mettono a rischio lo Stato liberale nel nostro Paese, mettono a rischio la democrazia. Quindi questo è un tema che riguarda pure chi uno spinello non se l'è mai fatto, non gli piace e non lo consuma.

Poi riguarda la giustizia: abbiamo i tribunali intasati da 260.000 fascicoli. L'articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti intasa anche le carceri italiane. In questi mesi abbiamo parlato tantissimo dei suicidi in carcere, del sovraffollamento. Bene, un detenuto su tre è in carcere per aver violato questo articolo. Sono tutti "pesci piccoli", un quarto di loro è tossicodipendente e quindi  dovrebbe stare in un altro posto, dove può essere curato e riabilitato e tornare a dare il suo contributo positivo alla società.

Ed è un tema che riguarda la salute. La possibilità di creare nuovi posti di lavoro, riguarda pure il bene dei giovani. E in ultimo, se proprio non interessa a nessuno, riguarda pure la libertà delle persone di fare sul proprio corpo ciò che ritengono. Quindi non diciamo che le persone debbano usare le sostanze, ma diciamo che siccome le usano, e le usano tanto (in Italia ci sono più di 6 milioni di consumatori), è meglio che sia legale, è meglio che questa cosa la gestisca lo Stato invece che lasciarla nelle mani delle mafie.

Secondo lei quale sarebbe il canale giusto di vendita e di consumo?

Intanto partiamo da una questione europea. Noi oggi parliamo anche di Stati Uniti d'Europa, ma in realtà li hanno già fatti le mafie. Le mafie europee si sono federate per gestire il narcotraffico e non farsi concorrenza: la ‘ndrangheta gestisce la cocaina, le mafie albanesi i cannabinoidi e così via. Quindi hanno deciso di coordinarsi e federarsi per lo spaccio: se ce l'hanno fatta le mafie, ce la può fare anche l'Italia e l'Europa a gestire in un modo più razionale questa cosa. Va trovato un modello che sia buono per tutti, partendo dalle conquiste che sono già avvenute in Europa. Dal primo di aprile in Germania è possibile, per chiunque lo voglia, coltivare fino a tre piante di cannabis per il proprio uso personale. Lo si può fare anche con delle associazioni ad hoc e questo ha avuto anche l'approvazione della Commissione europea. Il testo di legge tedesco è una cosa che si può fare: l'ha fatta la Germania, lo può fare oggi stesso l'Italia e la possono fare gli altri Paesi europei.

Anche qui bisogna capire se noi guardiamo ai passi in avanti che fa un grande Paese, come la Germania, oppure se guardiamo a Orban e all'Ungheria, dove è vietata persino la cannabis medica e quindi anche chi si vuole curare con la cannabis non lo può fare perché è un tabù. Io penso che vada trovato un sistema italiano. Intanto parliamo di legalizzare, poi troviamo il nostro sistema: l'optimum sarebbe un sistema di liberalizzazione totale con dei passaggi intermedi ma con dei passaggi intermedi. Penso che sia la cosa più opportuna in un Paese dove c'è stato tanta mala informazione su questo tema e quindi ci sono tante paure da smontare, da accompagnare giorno per giorno.

Quali sono invece, secondo lei, i problemi principali dell'Unione in questo momento?

È la disunione. Proprio il fatto che non siamo abbastanza uniti. Quindi servirebbe mettersi d'accordo tra quelli che vogliono un po' di più dall'Europa, tra gli Stati che vogliono fare un passaggio ulteriore di integrazione, e decidere di mettere insieme più risorse. E con queste risorse fare più ricerca scientifica, fare più investimenti, avere una diplomazia più forte, che possa per esempio andare in Medio Oriente con una voce più forte per dire di fermare i bombardamenti, che possa essere più forte nella guerra in Ucraina, che possa essere più forte anche nelle interlocuzioni con le altre potenze con cui aspiriamo a dialogare.

Il problema dell'Unione è che ce n'è poca e abbiamo spinte ancora più isolazioniste. La nostra Presidente del Consiglio è andata dai suoi alleati in Europa, Pascal di Vox, da Orban, dal presidente polacco. Qual è l'Europa che vogliamo? Un'Europa di piccoli Stati sempre più impauriti, sempre più vecchi, sempre più poveri, in lotta e in competizione tra di loro. Oppure vogliamo un'Europa di Stati che superino le diffidenze più che le differenze e mettano in comune qualcosa in più?

Noi abbiamo un bilancio dell'Unione europea che è fatto dall'uno percento della somma dei PIL di tutti gli Stati membri e sono noccioline. Non ci facciamo nulla con questo denaro: mettiamone di più, saliamo fino al 5 per cento e facciamo investimenti nella ricerca e in tutte le cose che servono alle persone e raggiungiamo degli standard europei. Si sente tanto questa parola: standard europeo. Per me vuol dire che un cittadino di Rovigo deve avere la stessa possibilità di curarsi di uno di Francoforte, le stesse liste d'attesa, le stesse prestazioni e le stesse possibilità di potersi curare in tempi brevi e sicuri.

A prescindere dal tema legalizzazione della cannabis, quali istanza vorrebbe portare in sede europea?

Il dossier più importante che si gioca in questa partita è sicuramente quello dell'ambiente del Green Deal, del fare uno sforzo in più, tutti i Paesi insieme, per migliorare la qualità della vita delle persone, in un ambiente che sia anche più giusto. Quindi serve ridurre le emissioni e questa è la sfida decisiva per la quale, se non ci pensiamo noi, se non andiamo a votare, qualcun altro deciderà. Giorgia Meloni li ha già trovati i suoi alleati in Europa: sono persone che pensano che il Green Deal sia una follia e che massacri le imprese. Invece serve migliorare l'ambiente per migliorare la qualità della vita delle persone.

Questo stesso asse, questo nuovo ‘Patto di Varsavia' è lo stesso che poi si oppone anche all'aborto, all'eutanasia, all'immigrazione. Quindi, partendo dalla questione della cannabis, il mio ragionamento è questo: ci sono tanti fenomeni sommersi che, se vengono portati alla luce, fanno bene a tutti, quindi è meglio che siano legali. Così come per la cannabis, anche l'eutanasia è meglio che sia legale. Dopo la sentenza Cappato, anche in Italia si può fare ma le resistenze culturali e del nostro sistema sanitario sono ancora così forti che è impossibile accedervi. Allora dobbiamo mandare le persone che non vogliono più sofferenze intollerabili per il proprio corpo e per la propria mente, se hanno i soldi, in Svizzera a morire, magari lontano dalle persone che amano, lontano dalla propria casa. E questo non è giusto. Quindi l'eutanasia è meglio che sia legale.

Come l'aborto è meglio che sia legale. Con i soldi dell'Unione europea, del Pnrr, vogliamo davvero pagare i pro-life nei consultori? A parte che io non sono d'accordo nemmeno a chiamarli pro-life, perché la vera misura che ha salvato vite in questo paese è stato l'aborto legale. Dall'entrata in vigore in più di 40 anni, le interruzioni volontarie di gravidanza sono diminuite del settanta per cento. Nessun pro-life potrebbe mai convincere così tante donne a non accedere al servizio. Abbiamo salvato vite di donne, abbiamo ridotto gli aborti, abbiamo creato consapevolezza e salute. E possiamo fare di più: possiamo accedere a quella fascia di popolazione che ci dimostra di non essere raggiunta adeguatamente dai servizi.

L'immigrazione è meglio che sia legale: noi la trattiamo come un'emergenza, la trattiamo come un fenomeno che crea allarme e paura. In realtà è un fenomeno strutturale, vecchio quanto la storia dell'umanità. Se noi siamo in grado di gestire in modo legale l'ingresso di persone straniere nel nostro Paese, è un bene per tutti, per quelle persone e anche per noi, visto che creano ricchezza e PIL anche per il nostro Paese.

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