Sono anni che sento ripetere la stessa frase, lo stesso commento, lo stesso incipit ad ogni discorso celebrativo: "Il 25 aprile è ancora attuale, i valori della Resistenza sono ancora attuali" e via discorrendo. Così come da sempre sentiamo e ripetiamo frasi fatte sul valore della memoria, sull'obbligo morale di fare i conti con un periodo buio della storia del nostro Paese. Una abitudine nemmeno tanto spiacevole (ci mancherebbe…), ma che rischia di trasformare una giornata del genere in un cerimoniale vuoto. E invece basterebbe poco. Mettere dei paletti, dei punti fermi e ripensare criticamente il senso delle parole e il "valore delle conquiste". Senza indugiare oltre nella stagnante palude del revisionismo (che ha certo avuto il merito di contribuire a riaprire il dibattito, ma che è fin troppo appesantito da propaganda e faziosità). Punti fermi, dicevamo, che ci consentano anche di andare "oltre" il 1945. A partire dalla constatazione del legame strettissimo tra i valori della Resistenza e il "fondamento etico – politico del nuovo ordine democratico" e del carattere "patriottico" del movimento di Liberazione, base essenziale per la "costruzione di un’unità e di un sentimento nazionale condivisi, un secondo Risorgimento, che rese possibile immaginare, impostare un quadro di valori all’interno del quale si poteva designare una nuova espressione della cittadinanza e dell’orgoglio nazionale".
La nuova Liberazione, la nuova Resistenza – Considerazioni che non possono però essere un punto di arrivo, né possono consentirci di arretrare di un solo centimetro. Perché se è vero che il fascismo non ha "dignità di parola", è anche vero che in un quadro profondamento mutato il senso "traslato" della lotta di liberazione nazionale continua ad essere di fondamentale importanza. Perché la "nuova guerra è quella spirituale", la vera liberazione è quella dal pregiudizio, dall'indifferenza, dall'impotenza appresa, dal qualunquismo rampante, dalla banalità e dalla mediocrità. E in questo senso resistere, resistere, resistere è quasi un mantra: "Resistere al qualunquismo dilagante, resistere alla propaganda sistemica e alle derive complottiste alla stesso tempo", resistere alla tentazione dell'indifferenza, resistere all'omologazione del pensiero, al trionfo della mediocrità e dell'arroganza al potere. E ancora, resistere all'intolleranza, all'aggressività dei rapporti sociali, al conformismo e al manicheismo delle opinioni che prevale sul confronto. A maggior ragione in un momento come questo, in un'Europa sferzata dalla crisi e costretta a rimettere in discussione il complesso di un modello sociale e politico nato anche dalle ceneri del nazi – fascismo. Dite che non c'entra poi molto?