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Opinioni

Angelino Alfano al Viminale: 14 mesi tra gaffe e polemiche

Dopo le dichiarazioni sul caso Yara, arriva la mozione di sfiducia del Movimento 5 Stelle: il bilancio drammatico della terza reggenza di Alfano al Viminale tra gaffe e casi politici.
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La mozione di sfiducia, presentata dal Movimento 5 Stelle in considerazione della gestione del fermo di Massimo Bossetti quale indagato principale per l'omicidio di Yara Gambirasio, è solo l'ultimo dei grattacapi per il ministro dell'Interno Angelino Alfano. Un tassello da aggiungere alla lunga collezione di gaffe, polemiche e "casi" politici collezionati dal leader del Nuovo Centro Destra in questa legislatura: insomma, quattordici mesi vissuti in precario equilibrio da quello che un tempo era il delfino di Silvio Berlusconi e sembrava destinato a poterne raccogliere l'eredità politica.

Ecco, la prima vera gaffe del ministro dell'Interno è proprio in apertura della nuova esperienza al Viminale, quando (come ricorda Linkiesta), nel pieno delle indagini sulla rapina in via della Spiga a Milano, "gli inquirenti tacciono, fino a che a Milano non torna lo “sciagurato” Alfano che a metà di gennaio di quest’anno si presenta in Prefettura e annuncia un successo: «Chiunque compia rapine o furti deve sapere che lo Stato è più forte»; e intanto rivela che due moldavi e due romeni erano stati arrestati".

Poi è la volta del caso Shalabayeva, dal maggio al luglio 2013 (con un epilogo a dicembre e nuovi approfondimenti ancora in corso, inclusa la promozione al funzionario che contribuì all'espulsione della donna, che risale a qualche giorno fa). Una vicenda dalla lettura semplicissima, come scrivemmo allora: "Il nostro Paese ha calpestato i diritti umani, passando sopra le vite di una donna e di una bambina di 6 anni. Le autorità kazake hanno mostrato arroganza, protervia e una tremenda mancanza di rispetto nei confronti del nostro Governo. L’intera vicenda ha assunto un carattere tragico, indegno di un Paese civile, al netto di ogni considerazione sulle questioni politiche interne al Kazakhistan. Un disastro, reso ancor più goffo dalla ricostruzione lacunosa, reticente, francamente improponibile resa dal ministro Alfano in Parlamento".

In quel caso Alfano la fece franca e conservò il suo doppio ruolo, soprattutto grazie alle angosce dell'esecutivo guidato da Enrico Letta, per "sopravvivere" anche alla crisi di Governo aperta da Berlusconi (al superamento della quale contribuì in maniera determinante). Poi, dopo qualche altra gaffe (si veda la scelta dell'hashtag #lastradagiusta, identico a quello utilizzato da Sinistra Ecologia e Libertà), la nuova crisi di Governo aperta dal segretario del Pd Renzi: anche in questo caso Alfano, i cui rapporti con l'ex Sindaco di Firenze non sono mai stati idilliaci, conserva la poltrona del Viminale (pur rinunciando alla carica di vicepremier). E riparte subito alla grande, il 10 marzo del 2014, con una conferenza stampa in cui parla della "caccia senza tregua" all'autore del triplice omicidio di Lecco ("Noi non daremo scampo a chi ha compiuto questo gesto efferato. Inseguiremo l'assassino fino a che non non l'avremo preso e poi lo faremo stare in carcere sino alla fine dei suoi giorni"), ignorando la confessione e l'arresto della madre delle tre piccole vittime, avvenuti qualche ora prima.

Poi i fattacci del 3 maggio 2014, con la finale di Coppa Italia fra Fiorentina e Napoli, il ferimento a morte di Ciro Esposito e le tante critiche alla gestione dell'ordine pubblico. Anche in questo caso, il ministro dell'Interno respinge al mittente le critiche e, in Parlamento, difende a tutto campo l'operato di prefetto, questore e forze dell'ordine, rifiutando di prendere ogni tipo di provvedimento e preannunciando interventi legislativi nel pacchetto sicurezza (se ne parla ancora oggi). Mostra invece solerzia e velocità di intervento quando il prefetto di Perugia si lascia sfuggire una infelice frase sulle madri che "non si accorgono" di avere figli tossicodipendenti. E sempre a proposito di contrasto alla droga, non manca anche la proposta curiosa di combattere lo spaccio tramite sms (letteralmente fatta a pezzi su twitter).

Infine, il caso Yara Gambirasio. Che lascia basiti, sinceramente, e ci spinge a confermare quanto scritto giorni addietro: "Chiediamoci se è normale che, pur di mettere il proprio sigillo su un’operazione di polizia (certo complessa e laboriosa), Alfano possa bruciare sul tempo inquirenti e magistratura, liquidando in poche parole i diritti inviolabili di un individuo e lasciando la patata bollente nelle mani della procura di BergamoSiamo davvero così assuefatti alla politica dell’annuncio da non fermarci nemmeno di fronte ad una vicenda così delicata e controversa? E, in fin dei conti, ne vale la pena? Conta più una foto di copertina, un lancio di agenzia, uno spot, rispetto ai diritti delle persone?"

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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