Ancora soldi a Libia, Magi: “Pd ipocrita, criticava Salvini e Conte I, ora rifinanzia le milizie”
È arrivato i via libera della Camera sulle missioni internazionali. La risoluzione è stata approvata a Montecitorio con il sì del centrodestra. Ma la maggioranza è spaccata: a causa delle posizioni distanti sugli interventi in Libia – e in particolare sul supporto alla Guardia costiera libica – il testo è stato votato per parti separate.
Prima è arrivato il sì al finanziamento delle missioni internazionali, con 453 sì, nessuno voto contrario e 9 astenuti. Poi è stata votata la parte relativa agli interventi in Libia, che ha ottenuto 401 sì, 23 no e un'astensione. Sulla "scheda 22" (già approvata a Palazzo Madama), che prevede appunto la formazione e addestramento della cosiddetta Guardia costiera di Tripoli, era stata presentata una apposita risoluzione, frutto di un lavoro congiunto e di un accorpamento tra testi diversi, a prima firma di Erasmo Palazzotto LeU. La mozione non è stata votata, per via dell'approvazione dei documenti votati in precedenza.
Al testo ha lavorato, e ha aderito, il deputato di +Europa Riccardo Magi. Il parlamentare, contattato da Fanpage.it, illustra i punti del manifesto, che reca in calce le firme di 23 deputati. Oltre a Palazzotto e Magi, si leggono i nomi di Orfini, Boldrini, Pini, Bruno Bossio, Rizzo Nervo, Gribaudo, Raciti, Siani, Schirò (del Partito Democratico) Sarli, Trizzino, Lattanzio (del M5s), Muroni, Fratoianni, Pastorino, Fassina, (di Leu), Ungaro (Italia viva), Fusacchia (Misto), Fioramonti, Cecconi, (ex M5s)
Nel documento si chiede l'interruzione della collaborazione con le milizie, che intercettano i barconi di migranti nel Mediterraneo e li riportano indietro nei centri di detenzione libici, dove le persone subiscono stupri e torture, e in generale chiede di sospendere tutti gli accordi con la Libia in materia di controllo dei flussi migratori, almeno finché non saranno ripristinate nel Paese nordafricano delle condizioni minime di sicurezza e dialogo.
Solo nel 2019 sono stati 9225 i naufraghi catturati in mare e riportati indietro. "È una gigantesca omissione di soccorso da parte dell'Italia e dell'Europa, che di fatto delegano a forze paramilitari funzioni che dovrebbero essere governate dalle istituzioni, che in Libia continuano a essere instabili. In cambio abbiamo chiesto loro di fermare il rubinetto dell'immigrazione, in presenza di una zona grigia di commistione tra autorità libiche, carcerieri e trafficanti di esseri umani", ha detto Magi a Fanpage.it.
La denuncia di Magi: "Pd è in contraddizione con sé stesso"
LeU e Iv hanno espresso la loro contrarietà a sostenere l'intervento legato alla Guardia costiera libica (Italia viva non ha partecipato alla votazione). Mentre la gran parte del Pd ha votato insieme a Lega e Movimento 5 stelle. "La nostra posizione è l'unica coerente negli anni – ha detto Magi – sia rispetto alla presenza dell'Italia in Libia sia rispetto al supporto alla Guardia costiera libica. L'anno scorso ricordo che il Pd uscì dall'aula per protesta, sostenendo che non poteva esserci una proroga della missione. E all'ultima assemblea nazionale è stato approvato all'unanimità un ordine del giorno con cui i dem si ripromettevano di non sostenere più il rifinanziamento. In realtà oggi lì lo scenario è anche peggiorato, sia per i cittadini libici, sia per le condizioni dei detenuti nelle carceri, anche alla luce della pandemia di coronavirus. Ora il conflitto in Libia si è fatto più aspro, con l'ingresso anche di altri attori internazionali come la Turchia e l'Egitto. Non si capisce quindi perché la maggior parte dei deputati Pd oggi abbia votato a favore".
"Colgo l'occasione per ringraziare quei pochi colleghi del Pd che hanno sottoscritto la nostra mozione. Ma voglio ricordare che il capogruppo Graziano Delrio era con me a bordo della Sea Watch l'anno scorso, per denunciare le politiche del Conte 1 in tema di immigrazione e la criminalizzazione delle ong. Quelle azioni per noi non significavano appunto il voler mettere in discussione i decreti Salvini e le politiche migratorie del governo giallo-rosso, ma miravano anche contestare la presenza dell'Italia in Libia, criticando un approccio che a nostro avviso era fallimentare. Per il Pd quella era evidentemente una critica strumentale al governo di allora".
"Voglio precisare – ha aggiunto Magi – che non contesto la presenza dell'Italia in Paesi considerati instabili, credo possa avere senso l'addestramento delle forze dell'ordine locali, se mirato a riportare ordine in paesi in in conflitto. Ma in Libia c'è stata una vera e propria delega di alcune funzioni, come le operazioni di ricerca e soccorso, a forze che agiscono violando i diritti umani".
"Dal voto di oggi emerge un Partito Democratico sostanzialmente compatto, allineato sulle posizioni della maggioranza. Dov'è finito l'impegno, più volte annunciato, di rivedere il memorandum Italia-Libia del 2017? Ora il governo parla genericamente di una revisione ‘entro fine anno'. Eppure avevamo ascoltato un impegno solenne da parte della ministra dell'Interno Lamorgese, che tra l'altro oggi, nel giorno di un voto così importante per il Parlamento, è in Libia. E non ci sono garanzie sul fatto che le modifiche promesse a quel patto, nato per il contenimento dei flussi migratori, possano essere risolutive. È grave che la titolare del Viminale sia volata a Tripoli (Lamorgese è stata ricevuta dal presidente del Consiglio presidenziale del governo di accordo nazionale, Fayez Al-Sarraj, proprio per parlare degli sviluppi della situazione in Libia, di cooperazione in tema di sicurezza e di lotta alla tratta di esseri umani ndr) e che non ci sia stato alcun chiarimento da parte del governo".
Cosa chiedeva la risoluzione a prima firma Leu
In un passaggio del testo si specifica che "dal 2011 in Libia si protrae una condizione di instabilità generata dal conflitto contro Gheddafi e dall'incapacità della comunità internazionale ed in particolare dei Paesi europei di gestire una transizione del paese verso una condizione di pace e stabilità
La risoluzione teneva conto anche dell'emergenza Covid, e della pericolosa situazione sanitaria che i detenuti vivono ammassati nelle carceri libiche, "con oltre 480 contagi da coronavirus registrati ufficialmente nel Paese e molti altri che potrebbero non essere stati rilevati".
Un appello alle forze politiche era arrivato anche da Papa Francesco, il quale aveva richiamato l'attenzione sulla condizione disumane di quei centri: "La guerra sì è brutta, lo sappiamo, ma voi non immaginate l'inferno che si vive lì, in quei lager di detenzione. E questa gente veniva soltanto con la speranza di attraversare il mare", aveva detto durante la messa celebrata per il settimo anniversario della sua prima visita a Lampedusa. La risoluzione prendeva le mosse anche dai rapporti dell’Unhcr – l'agenzia Onu per i rifugiati – secondo cui "mentre il numero di persone che arrivano in Europa dal Mediterraneo Centrale è diminuito, il tasso di mortalità è aumentato bruscamente, in particolare per coloro che tentano la traversata dalla Libia".
"Italia e altri Stato membri dell'Unione europea – si legge ancora – hanno continuato a fornire supporto alle agenzie marittime e ad altre autorità libiche, anche tramite la donazione di motovedette d'altura, l'addestramento degli equipaggi e altra assistenza, cancellando di fatto dai propri programmi la questione del soccorso in mare che rimane un'incidentale legata prevalentemente all'addestramento della Guardia costiera libica; in questo momento non c'è un dispositivo di soccorso navale nel Mediterraneo centrale". Non solo Malta non effettua soccorsi, ma l'inchiesta giornalistica pubblicata da Avvenire "dimostra una fattiva collaborazione tra Malta e Libia finalizzata al respingimento dei migranti e alla loro cattura da parte della Guardia costiera libica che li riporta nell'inferno dei campi di detenzione", dove resta precluso l'accesso ai funzionari Onu.
Pertanto "il nostro governo, continuando a supportare e finanziare il sistema d'intercettazione e di controllo della Guardia costiera libica si rende corresponsabile delle violenze, delle torture e delle sistematiche violazioni dei diritti che i migranti subiscono durante la loro permanenza nei centri detenzione, in cui vengono rimandati una volta intercettati e ricondotti in Libia".