Anche Piantedosi dice che in Italia non c’è un allarme migranti: “L’emergenza è solo tecnica”
"Non esiste in Italia un allarme immigrazione". Parola di Matteo Piantedosi, ministro dell'Interno del governo Meloni, che pochi giorni fa ha dichiarato lo stato d'emergenza nazionale per la gestione dei flussi di persone migranti che arrivano dalle rotte del Mediterraneo. Nei primi mesi del 2023 gli arrivi sono decisamente accelerati: secondo i dati ufficiali del ministero di Piantedosi, fino al 13 aprile sono entrate in Italia 32.321 persone, contro le poco più di 8mila che si registravano negli anni precedenti nello stesso periodo.
La dichiarazione dello stato d'emergenza ha sollevato diversi dubbi da parte della politica e del terzo settore. "La vera emergenza è Lampedusa da mesi, dopodiché può essere che serva per dare davvero delle risposte definitive ma emergenza è un fenomeno molto maggiore di questo", ha commentato il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei. Piantedosi ha risposto: "Ho profondo rispetto per la Cei, sono d'accordo se il discorso emergenza viene visto in maniera tecnica. Non esiste in Italia un allarme immigrazione, esiste un tema più acuto di gestione nei luoghi di sbarco, ma lo stato di emergenza di cui si è parlato altro non è una formula tecnica".
La dichiarazione dello stato di emergenza permette di stanziare fondi ad hoc per la gestione di un fenomeno, ma anche di dare al governo poteri straordinari per agire tramite ordinanze. Un modo, per Piantedosi, di "allargare la platea dei soggetti istituzionali che se ne possono occupare, e garantire procedure accelerate e semplificate". Perciò, ha continuato il ministro, "io condivido quello che dice la Cei, che non esiste un allarme ma esiste uno stato di emergenza tecnicamente inteso", che ha reso necessarie "procedure semplificate per essere all'altezza di queste sfide complesse", cioè la "concentrazione acuta degli sbarchi su luoghi ben definiti come Sicilia e Calabria".
Il ministro ha fatto riferimento anche al caso dei profughi ucraini arrivati in Italia dopo l'invasione della Russia: in quel caso si è fatto ricorso allo stato d'emergenza, "e non credo che nessuno volesse dire che ci stesse un'emergenza sugli arrivi degli ucraini". Piantedosi non ha evidenziato, però, che il grande afflusso di profughi dall'Ucraina è stato un fenomeno improvviso legato allo scoppio di un conflitto tendenzialmente imprevisto, mentre le migrazioni sulle rotte del Mediterraneo verso l'Italia sono iniziate da oltre dieci anni e seguono delle dinamiche in parte analizzabili.
Schiavone a Fanpage: "Perché lo stato d'emergenza è la risposta sbagliata"
Come spiegato a Fanpage.it da Gianfranco Schiavone, presidente dell'Ics e coordinatore del gruppo asilo di Asgi, anche da un punto di vista tecnico non c'è tanto un'emergenza, quanto l'incapacità del governo Meloni di gestire gli arrivi. "Se consideriamo l'aumento degli sbarchi di questi giorni è facile giungere a una conclusione allarmista", ha detto Schiavone, ma per quanto riguarda il numero di domande di asilo in rapporto alla popolazione l'Italia è "al di sotto della media europea". Considerando il contesto, "i numeri, che sono ciò a cui dobbiamo guardare, non ci indicano un'emergenza".
Al contrario, il problema è che "l'Italia non fa una programmazione dell'accoglienza, perché partiamo dall'idea ingenua che non si possa programmare niente", per quanto già dall'anno scorso fosse possibile prevedere un aumento dei flussi. Dopo la scelta di intervenire con lo stato d'emergenza, ci sarà "un ulteriore e grave peggioramento del sistema di accoglienza". Insomma, lo stato di emergenza è una formula tecnica, come spiegato da Piantedosi, ma è comunque la formula sbagliata.