Parlare di golpe è una esagerazione, non c'è alcun dubbio. Così come bisognerebbe valutare con grande calma e razionalità la questione "caschi tolti – abbracci – cortei congiunti" che tiene banco dopo la diffusione di alcuni documenti relativi alla prima giornata di mobilitazione dei forconi (e non solo). Senza dubbio però la lettera aperta di Beppe Grillo segna un discrimine rilevante: per la prima volta un partito politico che ha il consenso di un quarto del Paese chiede pubblicamente alle forze dell'ordine di "non proteggere più la classe politici" e non difendere i palazzi del potere; per la prima volta un partito che ha oltre 160 rappresentanti nelle istituzione chiede ai tutori dell'ordine pubblico di schierarsi al fianco dei manifestanti che chiedono la "caduta del Governo e la cacciata dei politici". Comunque la si pensi, è un atto di rilevanza estrema, anche perché il capo politico del Movimento 5 Stelle chiama in causa soggetti "dipendenti" tanto dal potere politico (Polizia e Carabinieri che fanno riferimento a ministero Interni e Difesa) che istituzionale (Esercito che risponde in ultima istanza a Capo dello Stato).
In pochi però hanno ricordato che parole simili il buon Beppe Grillo le aveva scritte anche a novembre dello scorso anno, in un momento di grande tensione per il Paese: "Soldato blu non ti senti preso per i fondelli a difendere l'indifendibile, a non schierarti con i cittadini? Togliti il casco e abbraccia chi protesta, cammina al suo fianco. È un italiano, un'italiana come te, è tuo fratello. È tua sorella, qualche volta, come ieri per gli operai del Sulcis, un padre che ha sputato sangue per farti studiare. Sarà un atto rivoluzionario". Nulla di nuovo allora? Non proprio, perché non ha senso evitare di scendere nel merito della questione e considerare quanto sia mutato il quadro complessivo. A partire dalla considerazione basilare della presenza del Movimento 5 Stelle in Parlamento, dal febbraio di quest'anno: una presenza che non dovrebbe equivalere certo ad un annacquamento delle rivendicazioni o ad un "moderazione" nella proposta (cosa che del resto non avviene nemmeno sul piano della comunicazione), ma che almeno dovrebbe servire ad una normalizzazione del rapporto con le istituzioni e soprattutto ad una maggiore consapevolezza della responsabilità verso gli italiani. Grillo, che gli piaccia o meno, è un leader che ha la fiducia di milioni di italiani e non un profeta che blatera al vento.
E deve sapere che provando a mettere il cappello ad una mobilitazione del genere compie un'operazione pericolosissima. Perché la legittima politicamente e la rafforza non solo nelle rivendicazioni, ma anche nella modalità di ideazione / costruzione / propaganda. Una mobilitazione che ha radici chiare a tutti, una genesi politico – ideologica netta (al di là di alcuni distinguo piuttosto forzati), obiettivi tanto netti quanto (finora) pretenziosi: la cacciata dei politici, la caduta del Governo e l'occupazione dei luoghi del potere.
A questo punto, però, viene spontaneo chiedersi se il capo politico del Movimento 5 Stelle ritiene di parlare in rappresentanza di tutti gli italiani che lo hanno votato. O se magari la scelta di appoggiare i forconi, di chiedere l'appoggio delle forze dell'ordine e di chiamare alla mobilitazione è stata condivisa da / con qualcuno. Se si sono espressi i militanti, gli elettori, i cittadini portavoce o gli iscritti certificati. Non verrà mica a dirci che la virata a tutta dritta sulla mobilitazione forconiana è una sua iniziativa personale, frutto magari di una pessima giornata? Insomma, Grillo a nome di chi parla?