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Anche la Campania presenta ricorso contro l’Autonomia differenziata: “Unità nazionale a rischio”

Anche la Campania ha presentato ricorso contro l’Autonomia differenziata. La Regione si aggiunge alle altre tre che finora hanno impugnato la legge Calderoli: Sardegna, Toscana e Puglia. “Mina l’unità nazionale”, denuncia l’ente.
A cura di Giulia Casula
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Anche la Campania ha presentato ricorso contro l'Autonomia differenziata. La Regione, guidata da Vincenzo De Luca, si aggiunge alle altre tre che finora hanno impugnato la legge Calderoli: Puglia, Sardegna e Toscana.

Il ricorso è stato notificato a Palazzo Chigi questo pomeriggio. A rappresentare la Regione, il professore di Diritto costituzionale dell'Università Suor Orsola Benincasa, Francesco Marone. La richiesta rivolta alla Consulta dall'Avvocatura regionale è quella di dichiarare l'illegittimità costituzionale della legge varata a giugno.

Tra i motivi di illegittimità esposti nel ricorso (in tutto quindici), alcuni riguardano il procedimento previsto dalla legge per la sottoscrizione delle intese con le singole Regioni, altri i contenuti e gli effetti che tali intese potrebbero avere.

Il primo aspetto contestato dalla Campania è che la riforma prevede un'attribuzione di competenze alle Regioni così ampia da rappresentare un rischio sia per l'uguaglianza dei cittadini che per la tenuta dell'unità nazionale. Specie se si considera una maggiore autonomia verrà riconosciuta anche in materie sensibili come la sanità, la scuola, la previdenza integrativa e la protezione civile.

Nel mirino del ricorso, c'è anche il ruolo del Parlamento che risulterebbe sminuito rispetto a quello del Presidente del Consiglio, a cui spetta il potere di decidere l'oggetto delle intese con le Regioni. Quest'ultime saranno il risultato di una trattativa con il governo che secondo la Campania finirà per "mortificare" il ruolo delle Conferenze, violando il principio di leale collaborazione.

C'è poi la questione dei Lep, i Livelli essenziali di prestazione, ovvero quei servizi e quelle prestazioni minime che devono essere garantite in tutto il territorio e a cui è connessa la concessione di maggiore autonomia. Il governo avrà due anni di tempo per definirli, ma sul loro finanziamento restano molte incognite, dal momento che, come ricordato anche nel ricorso, la riforma non dovrà comportare nuovi oneri a carico dello Stato.

Peraltro, l'individuazione dei Lep "viene affidata al governo senza predeterminare alcun principio o criterio direttivo, in contrasto con la Costituzione", si legge nel ricorso.

In sostanza, la legge bandiera del Carroccio determina "un sistema iniquo, volto a realizzare non un progetto di autonomia, fattispecie lecita, ma più correttamente di secessione, evento illecito, che si colloca fuori dell'ordinamento costituzionale", come segnalato in sede di audizione anche da Giovanna De Minico, professoressa di diritto costituzionale presso l'Università Federico II di Napoli.

Ora i giudici della Corte dovranno dapprima valutare la legittimità dei ricorsi e poi determinare se la legge risulti effettivamente in contrasto con le competenze regionali, come segnalato da Puglia, Sardegna, Toscana e Campania. Laddove questo accadesse, la riforma voluta dal governo Meloni risulterebbe costituzionalmente illegittima e dunque perderebbe immediatamente efficacia.

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