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Ambulatori aperti anche sabato e domenica, quando parte la novità e cosa cambia per le visite

Gli ambulatori dovranno essere aperti anche sabato e domenica, per fare più visite e accorciare le liste d’attesa. C’è anche la possibilità di orari prolungati. È una delle misure del decreto Liste d’attesa, convertito in legge dalla Camera. La novità riguarda anche i centri per le trasfusioni, ma i fondi ci sono solo fino alla fine dell’anno.
A cura di Luca Pons
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Con il via libera al decreto Liste d'attesa, convertito in legge ieri dalla Camera, è ufficialmente legge anche la norma che prevede un'apertura più prolungata degli ambulatori. L'articolo 4 del decreto, infatti, indica che le "visite diagnostiche e specialistiche" verranno "effettuate anche nei giorni di sabato e domenica". Per di più, si potrebbe anche andare avanti la sera o comunque al di fuori degli orari tradizionali, anche se questa è una possibilità lasciata alle singole Asl. L'obiettivo è rispettare la "tempistica di erogazione delle prestazioni sanitarie", evitando tempi lunghi dovuti agli slittamenti degli esami.

Quando partono gli ambulatori aperti nel fine settimana

La novità, in teoria, dovrebbe già essere attiva da diverse settimane. Infatti, il decreto Liste d'attesa è entrato in vigore l'8 giugno, subito dopo l'approvazione del Consiglio dei ministri e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale: la parte sugli ambulatori aperti nel fine settimana era già praticamente identica alla sua versione definitiva. Ieri poi la conversione in legge del decreto ha confermato la norma, con pochissime modifiche. Dunque, ora non ci sono più incertezze: gli ambulatori dovranno restare aperti anche il sabato e la domenica, sette giorni su sette, fin da subito.

Una delle novità introdotte durante l'iter in Parlamento del decreto è che non ci saranno più giorni di apertura solo per le visite e gli esami. Anche i centri trasfusionali potranno – non è un obbligo – aprire in orari straordinari, nel pomeriggio e nei giorni festivi. A tenerli aperti saranno gli enti e le aziende del Servizio sanitario nazionale, o eventualmente anche le associazioni volontarie e le federazioni di donatori convenzionate. Le aperture extra potranno proseguire fino a quando non ci raggiungerà il "fabbisogno nazionale di sangue e di plasma".

Ad essere responsabili di queste aperture, con il dovere di controllare che vengano messe in atto, saranno i direttori regionali della sanità, che stileranno un rapporto al ministero della Salute per confermare che l'attività nei fine settimana procede o segnalare eventuali problemi. Ma c'è un problema già in partenza per questa nuova misura, ed è una questione non nuova per la sanità pubblica: la carenza di soldi.

Il problema dei fondi

Nella legge non vengono stanziati nuovi fondi. Per quanto riguarda i centri trasfusionali, si specifica che le eventuali aperture straordinarie possono avvenire "nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente". Per gli ambulatori, invece, le Regioni potranno usare i soldi già stanziati dal governo alla fine del 2023, nella legge di bilancio, per mettere in atto i Piani operativi per il recupero delle liste d'attesa. Soldi che, peraltro, sono stati assegnati solo fino alla fine del 2024. Così, anche se nel testo del decreto non c'è una scadenza prevista (gli ambulatori aperti anche nel fine settimana non dovrebbero essere solo una misura tampone), di fatto c'è un limite economico.

Dall'anno prossimo il governo dovrà quindi stanziare più fondi per rinnovare la misura, oppure sperare che siano le Regioni a farlo. In questo caso, sembra plausibile che in molte zone si tornerà alla chiusura di sabato e domenica, mentre la sperimentazione proseguire solo in alcune Asl. D'altra parte, molte avevano già lanciato l'apertura nel weekend da tempo, soprattutto al Nord.

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