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Ambiente, allo studio una tassa da 0,2 euro sulla plastica: cosa cambia per i consumatori

Il governo, in vista della prossima legge di Bilancio, sta studiando l’applicazione di una imposta sulla plastica: un prelievo di 0,2 euro su ogni chilogrammo di plastica, da far pagare ai produttori e agli importatori. Il rischio, però, è che i maggiori costi ricadano sui consumatori, evenienza che l’esecutivo vuole scongiurare.
A cura di Stefano Rizzuti
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La svolta green nella legge di Bilancio potrebbe esserci, ma probabilmente in forma meno rilevante di quanto inizialmente previsto. Almeno da un punto di vista dei disincentivi che il governo ha proposto. Accantonate le tasse sui biglietti aerei, sulle merendine e sulle bibite gassate – anche ieri il sottosegretario al Mef, Alessio Villarosa, ha assicurato che non ci saranno – l’unica che potrebbe rimanere è quella sulla plastica e, in particolare, sugli imballaggi di plastica. L’idea del governo, riportata dal Sole 24 Ore e dall’Huffington Post, è quella di un prelievo di 0,2 euro su ogni chilogrammo di plastica. Sarebbe, in sostanza, una sorta di imposta di consumo, qualcosa di simile a un’accisa, che andrebbe a rivalersi sui produttori ma anche su chi importa questi prodotti.

Questa imposta potrebbe essere applicati agli imballaggi di plastica, come bottiglie, contenitori e confezioni per i prodotti alimentari. Ad oggi l’intesa definitiva nella maggioranza sembra ancora non esserci. In vista della manovra la priorità è quella di capire quale sarà il quadro di bilancio da inserire nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza che il Consiglio dei ministri varerà lunedì. E il nodo, in questo caso, è quello del deficit. Per la tassa sulla plastica, invece, ci sarà da aspettare qualche altro giorno. L’obiettivo di questa tassa è quello di ridurre la produzione di plastica, cercando di convincere i produttori a usarla sempre meno. E, di conseguenza, gli utenti a non comprarla.

Tassa sulla plastica, cosa cambia per i consumatori

Il vero problema potrebbe essere rappresentato dalle ricadute sui consumatori. Il rischio è che la nuova imposta vada a pesare sui consumatori finali, con le imprese che potrebbero decidere di rivalersi – per gli eventuali maggiori costi – su chi acquista i prodotti imballati con la plastica. Anche se ai cittadini rimarrebbe comunque un’arma: scegliere altri prodotti, non imballati con la plastica, per evitare di pagare questa tassa che sembra possa essere indiretta. D’altronde un caso simile è stato già fronteggiato, non senza polemiche, in tempi recenti: parliamo delle bustine biodegradabili per frutta e verdura. Per alcuni era una tassa sulla spesa, per altri un giusto investimento green. Allora ci fu un acceso confronto sul tema, con accuse e pesanti attacchi. Ora, invece, sembra una prassi consolidata che non pesa più per i cittadini.

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