Neanche il tempo di ragionarci su, che la giostra delle finte contrapposizioni e del "parlare di tutto e di niente" è ripartita frenetica. Dopo mesi di rinvii, ipotesi, contrapposizioni e rimpalli di responsabilità, il Governo ha messo nero su bianco il piano per eliminare (si fa per dire) l'Imu dalla prima casa. Con un compromesso che finirà per far pagare di più chi non possiede una casa di proprietà, sostanzialmente (e si badi, non è un giudizio personale, ma la somma delle analisi di due esponenti di primo piano della maggioranza). E con una confusione enorme su coperture e modalità con le quali entrerà in vigore la nuova Taser, o Service Tax che dir si voglia.
Nemmeno il tempo di gioire, o incazzarsi in realtà, che subito però è ripartito il trenino delle dichiarazioni e delle schermaglie verbali fra le diverse "anime" della maggioranza. Questa volta l'oggetto del contendere (si fa per dire) è l'entrata in vigore dell'aumento di un punto percentuale dell'Iva che, dopo i rinvii successivi impostati dall'esecutivo, dovrebbe scattare dal primo ottobre. Certo, anche stavolta il Governo del rinviare si troverà nelle condizioni di dover decidere se recuperare o meno circa un miliardo di euro per evitare l'aumento dell'imposta, ma quello che colpisce è la facilità con cui la politica riesce ancora a creare a tavolino vere o presunte emergenze. Il tempismo con il quale (con estrema facilità) sia quel che resta della politica a dettare l'agenda a media ed opinione pubblica: altro che democrazia partecipativa, insomma.
Così, per inciso, lasciamo per strada Cig ed esodati (cui pure l'ultimo Cdm ha dato risposte, sia pure con ritardo imbarazzante), non ci scandalizziamo del brodino tiepido contro la disoccupazione giovanile (meno di un miliardo di euro, più o meno la cifra che Saccomanni dovrà trovare per evitare l'aumento dell'Iva negli ultimi tre mesi dell'anno), non apriamo bocca sulla vergogna delle sanatorie per le concessionarie del gioco d'azzardo che hanno evaso miliardi di euro al fisco, e finiamo (tutti) col replicare all'infinito gli stessi balletti, che seguono sostanzialmente lo stesso copione. E non possiamo nemmeno illuderci che "il momento della verità" (quello in cui i nodi verranno al pettine e saremo costretti a confrontarci con le lacune strutturali del sistema Paese) stia per arrivare: a pagare e rinviare, per parafrasare un detto popolare, c'è sempre tempo.