Altro che tagli, per il Servizio sanitario nazionale servirebbe un incremento di 5 mld per 5-6 anni
I numeri della Nadef, la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, hanno evidenziato dal prossimo anno una riduzione della spesa sanitaria, in rapporto al Pil: dall'anno prossimo la spesa in rapporto al Pil scenderà al 6,2%, un vero e proprio crollo se rapportato al 7,4% del 2020 e al 7,1% del 2021.
Secondo una tabella di previsione tecnica della Nadef, in 5 anni, tra il 2020 e il 2025, si passa dal 7,4% al 6,2%, cioè 1,2 punti in meno. Un dato preoccupante, visto che da anni l'Italia è sotto la media Ocse e Ue, che si assesta al 7,1% del Pil destinato alla spesa sanitaria.
A legislazione vigente, è prevista una diminuzione di due miliardi, da 134,7 miliardi nel 2023 (6,6%) a 132,9 nel 2024 (6,2%). Come si traduce tutto questo e che impatto avrà sul Sistema sanitario nazionale? Ne abbiamo parlato con il presidente di Anaao Assomed, Carlo Palermo, secondo cui queste stime, non denunciano al momento un vero e proprio "taglio alla sanità", perché si riferiscono a uno scenario "a legislazione vigente", cioè calcolato sulla base delle norme attualmente in vigore: serve attendere appunto l'approvazione della manovra, per capire quante nuove risorse effettivamente il governo deciderà di destinare al settore.
"Il primo dato da considerare a proposito dei cosiddetti ‘tagli', è che quando si analizza la Nadef si parla del tendenziale economico, a legislazione vigente: significa che per vedere se effettivamente ci saranno dei tagli bisogna aspettare la legge di Bilancio, dove verrà definita l'entità del finanziamento finale. In manovra il governo potrebbe avere un tesoretto fiscale da spendere in diversi settori, a seconda delle scelte politiche. Sappiamo che c'è un tesoretto di 14 miliardi, teoricamente il governo potrebbe destinarli tutti alla sanità. Ma questo è inverosimile. La vera domanda però è: l'attuale spesa è in grado di rendere sostenibile il servizio sanitario nazionale? È evidente che ci troviamo in presenza di una crisi di sostenibilità. Basti pensare alla rinuncia alle cure, ai tempi di attesa per una protesi all'anca o al ginocchio. Oppure pensiamo alla carenza del personale, accentuata dalla norma di 20 anni fa che inchioda la spesa per il personale del Servizio sanitario nazionale ai livelli 2004, addirittura contratta dell'1,4%", ha detto Palermo a Fanpage.it.
Il punto è che se l'esecutivo volesse portare la spesa sanitaria al 7 per cento del Pil, servirebbero almeno 10 miliardi di euro in più alla sanità. A fine luglio il ministro della Salute Schillaci aveva anticipato in un'intervista con Il Sole 24 Ore che per la sanità sarebbero serviti circa 3-4 miliardi di euro da destinare al personale, per rendere più attrattivo il servizio sanitario nazionale. Soldi che ad oggi non ci sono e che comunque non sarebbero sufficienti, secondo Carlo Palermo. "Bisogna iniziare da subito un percorso di rifinanziamento del Ssn. Non bastano 4 miliardi una tantum, ma servirebbero 4-5 miliardi di incremento per 5-6 anni, se vogliamo riportare il finanziamento più vicino a quello della media Ocse. I soldi servono subito, per non far saltare il sistema. E nella Nadef questo non è neanche prospettato".
Secondo la premier Meloni però sarebbe "miope" ridurre tutta la discussione a un problema di aumento di risorse. Piuttosto, secondo Meloni, bisognerebbe concentrarsi su "come queste risorse vengono spese". Una dichiarazione che Meloni ha fatto rispondendo all'appello delle Regioni, che invece lanciano allarmi da tempo, chiedendo soldi aggiuntivi per gestire la sanità sui territori. Secondo la presidente del Consiglio "non basta aumentare le risorse se poi queste vengono spese in modo inefficiente". Il governo comunque, ha assicurato la premier, si concentrerà sul problema delle liste d'attesa e sulle risorse per il personale. Non è chiaro però quale sarà l'ammontare effettivo delle risorse.
"Bisognerebbe dire a Meloni che se le Regioni spendono male, questo è dovuto ai mancati controlli da parte del sistema centrale. Al contrario andrebbe ricentralizzato il controllo sull'erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea). Non si può dire ‘si spende male' senza verificare dove si spende male e perché", ha commentato Palermo, che non vede di buon occhio l'autonomia differenziata: "L'organizzazione del sistema deve essere periferica, decentrata, però il ministero della Salute con i propri settori tecnici, Agenas, Aifa, deve effettuare i controlli e deve essere in grado di intervenire quando qualcosa non funziona. Se i Lea in Calabria o in Puglia sono distanti anni luce da quelli del Veneto e dell'Emilia-Romagna, il ministero della Salute deve intervenire".
Perché il nodo delle risorse per il personale sanitario è cruciale
Il problema delle risorse per il personale è secondo Palermo "uno degli elementi principali che comporta una fuga verso il privato, e stiamo parlando di circa 2-3mila persone, che si aggiungono ai 5mila pensionamenti ogni anno per il settore pubblico. A questi ritmi, se queste risorse non vengono sostituite, il Ssn tra qualche anno non sarà più in grado di reggere. A meno che non si decida di scivolare lentamente verso la privatizzazione, ma il governo allora dovrebbe dirlo chiaramente ai cittadini, spiegando che d'ora in poi, se qualcuno vuole avere una prestazione deve farsi un'assicurazione o un fondo integrativo, oppure deve pagare di tasca sua".
"Per questo bisogna rendere attrattivo il lavoro nel pubblico. Oggi il personale sanitario deve sopportare carichi di lavori pesantissimi che portano al burn-out e alla demotivazione. E ci sono invece ritardi imperdonabili per la stipula dei contratti: pochi giorni fa abbiamo firmato addirittura il contratto 2019-2021, cioè un contratto che era già scaduto il 31 dicembre 2021. E al momento non abbiamo ancora il finanziamento del contratto 2022-2024, che invece è cruciale, perché nel 2024 avremo lo sviluppo massimo dei tassi inflattivi", ha spiegato il presidente di Anaao Assomed.
Le richieste di Anaao Assomed al governo
Anaao Assomed ha fatto delle richieste chiare al governo per la prossima manovra: "Noi chiediamo una particolare attenzione alla questione del personale, con il finanziamento del contratto 2022-2024, che solo per i medici vale più di 2 miliardi, a cui poi bisognerebbe aggiungere il finanziamento per tutto il comparto sanitario, che vale almeno altri 2 miliardi; e poi la defiscalizzazione dell'indennità di specificità medica e sanitaria, un intervento che richiederebbe l'impiego di circa 300 milioni. Per tutto questo andrebbe bene anche un finanziamento parziale, uno per il 2024 e uno per il 2025. Sarebbe già un segnale importante. Poi, oltre a un intervento per abbattere le liste d'attesa, è urgente togliere il tetto di spesa per il personale sanitario", ha spiegato Carlo Palermo a Fanpage.it. È evidente però che già per queste voci occorrerebbe un finanziamento più alto dei 4-5 miliardi chiesti da Schillaci.