Allarme sanità, nei prossimi anni mancheranno 100mila medici: uno su tre vuole lasciare il lavoro
In Italia ci sono 100mila medici che sono pronti a lasciare il Servizio sanitario nazionale nei prossimi 5 anni. Sempre più strutture vengono chiuse, gli stipendi non sono adeguati e lo stato di salute psico-fisica dei camici bianchi è peggiorato, ma per la politica i medici sono ‘Invisibili', come denuncia la campagna lanciata oggi a Roma dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo), che sarà diffusa con manifesti e con uno spot che verrà lanciato sui social media e proiettato nelle sale cinematografiche.
"La scarsa attrattività del Ssn – avverte il presidente della Fnomceo Filippo Anelli – potrebbe avere conseguenze drammatiche: se è vero che un medico su tre vuole abbandonare il Ssn, tra pensionamenti e dimissioni potremmo trovarci fra 5 anni con un ‘buco' di 100mila medici".
Secondo i dati della Federazione Cimo-Fesmed – ricorda ancora la Fnomceo – tra il 2010 e il 2020 in Italia sono stati chiusi 111 ospedali e 113 pronto soccorso e tagliati 37mila posti letto. Nelle strutture ospedaliere mancano oltre 29mila professionisti sanitari.
La stima è che già oggi, tra ospedale e territorio, manchino più di 20mila medici: 4.500 nei pronto soccorso, 10mila nei reparti ospedalieri, 6mila medici di medicina generale. La situazione potrebbe peggiorare nei prossimi 5 anni, quando andranno in pensione 41mila tra medici di famiglia e dirigenti medici (proiezioni su dati Agenas), che diventano 50mila se consideriamo tutti i professionisti del Ssn.
A questo si aggiunge il fenomeno della fuga dagli ospedali: dal 2019 al 2021 – secondo i dati Anaao-Assomed – hanno abbandonato l'ospedale circa 8mila camici bianchi per dimissioni volontarie, perché il peggioramento delle condizioni di lavoro porta molti professionisti a voler fuggire dal Ssn oppure a voler cambiare mestiere.
Situazione analoga per i medici di famiglia, che sempre più spesso ricorrono al pre-pensionamento per dedicarsi alla libera professione. Tanto che, tra pensionamenti e ‘rinunce', in 5 anni, dal 2016 al 2021, i medici di famiglia sono passati da 44.436 a 40.769 (dati Sisac) e molti pazienti sono rimasti privi di un proprio medico di fiducia.
E ancora: i numeri rilevati da Enpam mostrano 3mila pensionamenti di medici di famiglia l'anno negli ultimi 3 anni, rimpiazzati dai nuovi ingressi solo per un terzo. Eppure, secondo gli italiani, un medico non vale l'altro: a renderlo unico è il rapporto consolidato di fiducia. Tanto che, in tutti i sondaggi, la fiducia nel medico di famiglia si assesta intorno all'80%. E il 56% dei pazienti, secondo uno studio Fimmg, considera il proprio medico "speciale".
Il sondaggio dell'Istituto Piepoli sulla salute dei medici
La fuga dei medici dal Ssn – sostiene la Fnomceo – è una condizione strutturale di lungo periodo, le cui ricadute sono però esplose proprio in fase pandemica. Secondo l'indagine condotta quest'anno dall'Istituto Piepoli per Fnomceo, lo stato di salute psico-fisica dei medici è peggiorato durante l'emergenza Covid: il 71% ha avvertito una crescita di stress, mentre uno su 10 ha addirittura riscontrato problemi di salute che prima non aveva.
Al normale impegno quotidiano si sono aggiunti consulti e visite da remoto che hanno invaso la vita privata del 58% dei medici italiani, 3 su 4 dei quali non riescono più ad andare in ferie o anche solo a garantirsi un adeguato tempo per la vita personale. Tanto che un medico italiano su tre, potendo, andrebbe subito in pensione. E a sognare di dismettere il camice bianco è proprio la platea più giovane della professione: il 25% dei medici tra i 25 e 34 anni e il 31% di quelli tra i 35 e i 44 anni.
A questo si aggiungono gli stipendi non adeguati: secondo uno studio Sumai-Assoprof, siamo il terzultimo Paese in Europa sul fronte delle remunerazioni dei medici, davanti solo a Portogallo e Grecia. La Spagna, quartultimo Paese della classifica, offre ai propri professionisti ben 35mila euro lordi in più all'anno.
E poi c'è l'aziendalizzazione, che considera i medici come fattori produttivi e i pazienti come voci di spesa. "In questi anni – denuncia Anelli – il Fondo sanitario nazionale è cresciuto di 14 miliardi e altri 15 sono stati previsti dal Pnrr", il Piano nazionale di ripresa e resilienza. "Ma neanche un euro è stato destinato ai professionisti, che sono la spina dorsale del servizio sanitario. Non servono solo risonanze magnetiche e Tac, serve anche chi le fa funzionare e chi sa leggerne gli esiti".