Alla fine vincerà la credibilità di Draghi, ma a pagare saranno le istituzioni
di Gregorio De Falco
"Non abbiamo votato la fiducia al Governo Draghi, ma il Governo non è indebolito". Così la capogruppo 5 stelle al Senato. Significa forse che: "oggi non votiamo la fiducia, ma domani si"?
Questi minuetti accadono mentre la borsa italiana perde il 4%; l'euro, dopo 20 anni, vale 1 dollaro; c'è una guerra in Europa; la pandemia si riacutizza ed un ministro della Repubblica non vota la fiducia al governo di cui fa parte. Esce dall'aula, pronto però a salvare il suo dicastero, anche lui, da domani. Il ministro dimostra così più fedeltà al proprio capo partito, che lealtà alla Repubblica cui ha giurato fedeltà. E la sua coerenza non gli impone di dimettersi.
Il Presidente della Repubblica avrebbe potuto dare un mandato esplorativo stesso a Draghi, ma questi aveva già dichiarato che non c'era un'altra possibilità. E Draghi ha un patrimonio di credibilità.
L'altra possibilità è che il PdR rinvii Draghi alle Camere e che queste gli confermino la fiducia, come nulla fosse.
A questo punto avrà vinto la credibilità personale, anche internazionale, di un uomo che riuscirà forse ad evitare il peggio a questo Paese, in cui l'opportunismo e la vanità hanno fatto scempio delle istituzioni democratiche, Governo e Parlamento .
La insipienza e la vacuità della rappresentazione politica rendono oramai tristemente chiaro che il Parlamento, mal ridotto, ha abdicato ad esprimere la Sovranità, rimanendo un orpello del Governo; ma anche quest'ultimo è divenuto un organo collaterale, lo Stato Maggiore, del Presidente del Consiglio.
Nelle gravi circostanze in cui si trovano il Paese e l'Europa intera, Draghi trova oggi limite alla propria discrezionalità politica solo in se stesso e nel Presidente della Repubblica.
In definitiva, per l'azzardo di uno che ha considerato un'opportunità (elettorale) la situazione di crisi, a vincere sarà la credibilità di un uomo, ma a pagare il prezzo saranno le istituzioni democratiche.