Il Consiglio dei ministri ha deliberato di impugnare la legge della Regione Veneto n.6 del 21 febbraio 2017 recante “Disciplina degli Interventi regionali per i servizi educativi alla prima infanzia: asili nido e servizi innovativi”. Si tratta della nota proposta di destinare i posti disponibili negli asili nido “in via prioritaria” ai bambini figli di genitori residenti in Veneto da almeno 15 anni. In pratica, come vi abbiamo spiegato in questa scheda, la legge prevede la modifica alle graduatorie, “sancendo per i veneti di lungo corso una sorta di corsia preferenziale rispetto agli altri”. La corsia preferenziale per le graduatorie avrebbe finito con il penalizzare la famiglie "non italiane", ma anche quelle emigrate in Veneto da altre parti d'Italia.
Il passaggio contestato era nello specifico questo, con la modifica al comma 4 dell’articolo 8 della legge regionale dell’aprile del 1990:
Per il Consiglio dei ministri si tratta di una norma da impugnare, poiché è “una norma, che introduce un criterio di preferenza per l’accesso agli asili nido regionali basato sulla residenza nel territorio per un periodo considerevolmente protratto nel tempo (15 anni), viola, come costantemente affermato dalla Corte Costituzionale, il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione, nonché gli interessi costituzionalmente protetti dall’art. 31 della Carta costituzionale riguardanti il sostegno delle famiglie nella cura dei figli e le finalità formative volte a favorire l’espressione delle potenzialità cognitive, affettive e relazionali dei bambini, protette anche dall’art. 3, secondo comma, della Costituzione”.
Ma non solo, perché la scelta della Regione Veneto, guidata dal leghista Zaia, contrasterebbe anche con la normativa europea “in materia di libera circolazione dei cittadini dell’Unione e di parità di trattamento dei cittadini dei Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo”.
Insomma, con una sola norma si violano gli articoli 3, 31 e 117 della Costituzione. Non era semplice, in effetti.