Se vi siete persi ieri l'ennesima, rocambolesca figuraccia del ministro Bonafede dovete provvedere subito perché dentro c'è tutto il sottovuoto spinto che sta intorno al discorso Diciotti, al processo che non si farà e all'ammuina patetica per negare l'autorizzazione (di fatto, per garantire l'immunità politica al ministro dell'interno Salvini). Da una parte c'è Gianrico Carofiglio (che il sottopancia definisce scrittore ma che è anche un ex magistrato, quindi uomo di legge, e un ex parlamentare, quindi uomo di istituzione che pone a Bonafede una domanda semplice semplice: "In quale consiglio dei Ministri avete preso la decisione di non fare sbarcare la Diciotti?".
Se ci pensate è una domanda semplice semplice. Del resto nel Consiglio dei Ministri esistono verbali e ordini del giorno ed è proprio quello che il processo avrebbe dovuto chiarire.
Bonafede, trangugiando acqua nella speranza che fosse tequila per ritrovare sprint conferma (in televisione, eh, davanti a milioni di telespettatori) che la decisione è stata solo di Salvini. Ma come? E quindi tutta questa manfrina della colpa del governo? Eh, no, dice il ministro Bonafede: Salvini avrà condiviso la sua decisione con gli altri ministri. E come, lo incalzano gli ospiti? Al telefono? Con un messaggino? Ma davvero siamo in un Paese in cui decisioni del genere vengono prese con la leggerezza con cui si twitta una colazione pronta per essere mangiata?
E il ministro Bonafede, badate bene, in quanto ministro alla giustizia, dovrebbe essere colui che difende fino alla fine la separazione dei poteri e quindi anche l'abuso di immunità. E invece che fa? Propone una ricostruzione dei fatti assolutamente illegale e parla degli altri ministri come se lui fosse capitato lì per caso?
Capite perché non c'entra nulla l'interesse pubblico che il Movimento 5 Stelle si è inventato per dirottare il voto?
Perché qui si parla di niente. Niente, condito con niente.