Alfano, un quid che si chiama Cicchitto
Della serata trascorsa, un solo dubbio resta irrisolto: il telefono di Sallusti, sul nascere della puntata di Ballarò, ha squillato sul serio, oppure è stata una completa messinscena per infastidire l'avversario, come fanno i portieri prima che un attaccante tiri dal dischetto? Nel caso della prima eventualità non ci sorprenderemmo, nemmeno della seconda. La lotta ventennale si è chiusa così, con un duello all'ultima allusione tra uno scopertosi ribelle ieri pomeriggio, Fabrizio Cicchitto, inorgoglito per i primi applausi spontanei a Ballarò della sua vita, e Sallusti appunto, il più gagliardo tra i fanti berlusconiani.
E la vera sorpresa è quella di aver avvertito la percezione netta che quella di ieri sia stata una rara, forse l'unica, forma di scazzo non esattamente programmato da quando il concept di Forza Italia è venuto alla luce. Già, una rottura inesorabile, irreversibile. Perché che Sallusti avesse deliberatamente adottato il metodo della "zeppata" ostinata e contraria uno l'avrebbe anche voluto mettere in preventivo; subito annotando, tuttavia, in questa virtuale partita doppia, la voce di compensazione di un Cicchitto remissivo, pacato, intenzionato a cercare una mediazione. E così avrebbe perso, lasciato aperti spiragli di risoluzione che ad ora hanno la stessa forma che hanno i miraggi. Invece Fabrizio Cicchitto, classe 1940, autore di sedici libri di cui due contenenti nel titolo il termine "Craxi" e solo una "Berlusconi", si è inavvertitamente spogliato delle abituali cravatte Marinella per vestire i panni di Titta Di Girolamo, il personaggio del film "Le Conseguenze dell'Amore". Ha esaudito i sogni di chi, da anni, chiedeva alla sua compagine di ammettere che Berlusconi potesse anche sbagliare e ha pronunciato, stanco, il suo "Io la valigia non ve la voglio dare".
E sarà stato l'orgoglio di quel gruppo d'ascolto organizzato a casa Alfano con quella manciata che oggi dovrebbe voltare la faccia a Berlusconi, avranno apprezzato la sua schiena dritta, si saranno contentati del favore del pubblico e dello studio (Paolo Mieli ha detto che "Il solo ad avere a cuore la vicenda umana di Berlusconi era Cicchitto"). Forse Alfano, stanotte, avrà avuto gli occhi sbarrati senza arrivare a prendere sonno, pensando di essere stato uno stupido: il suo quid, quello che tutti gli dicevano gli mancasse, era Cicchitto e lui non lo sapeva. Ora tuttavia, ci toccherà trovare le parole più giuste per spiegare ai nostri prossimi, fra qualche anno, a quale titolo Fabrizio Cicchitto e Alessandro Sallusti abbiano ufficialmente trascritto i titoli di cosa di un intero ventennio. Ammesso che domani non si rigiri il tutto e allora questo scritto perderà ogni senso.