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Alfano e la politica dell’annuncio che non si ferma nemmeno di fronte all’omicidio di Yara

Ma era proprio necessaria tutta questa fretta da parte di Alfano nell’annunciare la cattura del presunto assassino di Yara? Per il procuratore capo di Bergamo decisamente no. E sinceramente, non c’è un solo motivo per dargli torto.
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"Era intenzione della Procura mantenere il massimo riserbo, anche a tutela dell'indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza". È irritato il procuratore capo di Bergamo di fronte al clamore mediatico che ha reso praticamente ingestibili le vicende legate al fermo, al primo interrogatorio ed agli ulteriori accertamenti sul presunto colpevole dell'omicidio di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate sopra barbaramente uccisa nel novembre del 2010. Ma con chi ce l'avrà il magistrato bergamasco? Con qualche improvvido poliziotto incapace di tenere a freno la lingua? Con qualche talpa all'interno della Procura? Con qualche giornalista che ha trafugato importanti informazioni riservate e coperte da segreto istruttorio?

Ecco, per incredibile che possa sembrare, a rompere il riserbo, a rappresentare un pericolo per la tutela di un indagato, a sconfessare la presunzione di innocenza, è addirittura il ministro dell'Interno. È dal Viminale, nel pomeriggio di ieri, che parte un comunicato stampa che non lascia spazio a dubbi o interpretazioni: "Le Forze dell'Ordine, d'intesa con la Magistratura, hanno individuato l'assassino di Yara Gambirasio. Secondo quanto rilevato dal profilo genetico in possesso degli inquirenti, l'assassino della piccola Yara è una persona del luogo, dunque della Provincia di Bergamo". Insomma, "l'abbiamo preso, è il colpevole". Nessun altro dettaglio, grazie a tutti e arrivederci al prossimo aggiornamento.

Ecco, prima di strillare alla degenerazione dei media che "sbattono il mostro in prima pagina", prima di prendercela con i giornalisti che "emettono sentenze", prima di processare la folla che "cerca di farsi giustizia da sola" (?), chiediamoci se è normale che un ministro dell'Interno agisca in questo modo. Chiediamoci se è normale che, pur di mettere il proprio sigillo su un'operazione di polizia (certo complessa e laboriosa), Alfano possa bruciare sul tempo inquirenti e magistratura, liquidando in poche parole i diritti inviolabili di un individuo e lasciando la patata bollente nelle mani della procura di Bergamo. Siamo davvero così assuefatti alla politica dell'annuncio da non fermarci nemmeno di fronte ad una vicenda così delicata e controversa? E, in fin dei conti, ne vale la pena? Conta più una foto di copertina, un lancio di agenzia, uno spot, rispetto ai diritti delle persone? E la cosa peggiore è che sappiamo già quali sono le risposte a tali domande…

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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