Albania, il nuovo complotto di Meloni su parlamentari Pd e giudici: cosa farà ora il governo
Una parte della magistratura fa "opposizione" al governo, e la decisione dei giudici sui centri migranti in Albania – o meglio, sulle dodici persone che erano state portate lì ma dovranno tornare in Italia – è "pregiudiziale". Questa è la linea della premier Giorgia Meloni, dopo che il progetto Italia-Albania è stato messo in seria difficoltà dalla non convalida del trattenimento delle persone in questione, che provenivano da Bangladesh e Egitto. Non solo: la presidente del Consiglio ha detto che "deve anche colpire" il fatto che "questa decisione dei giudici è stata anticipata ieri da alcuni esponenti del Partito democratico".
Lunedì, il Consiglio dei ministri si riunirà per trovare una contromossa che permetta di mantenere funzionanti i centri in Albania – che per ora restano aperti ma potrebbero essere destinati a rimanere vuoti. Oggi è partita la nave che riporterà a Bari le dodici persone migranti trattenute per pochi giorni a Gjader. Sembra probabile che nel fine settimana i trasferimenti verso l'Albania saranno fermati, in attesa che il governo decida come muoversi.
Il complotto della premier: "I parlamentari del Pd hanno anticipato la decisione dei giudici"
È stata una sola frase, affermata durante un punto stampa, ma il messaggio è stato chiaro. Le parole della leader di Fratelli d'Italia sono sembrate suggerire che ci fosse una ‘vicinanza' dei giudici al Pd, se non addirittura un vero e proprio complotto per cui i parlamentari avevano conosciuto le decisioni in anticipo, o le avevano dettate ai magistrati.
La realtà però è diversa. Molti di coloro che hanno seguito il caso avevano già anticipato nelle ore precedenti che, con tutta probabilità, i giudici non avrebbero convalidato i trattenimenti. Non per affiliazioni politiche, ma perché una sentenza della Corte di giustizia europea arrivata il 4 ottobre era stata molto chiara un punto: un Paese al di fuori dell'Unione europea non può essere considerato ‘sicuro' per le persone migranti che arrivano da lì, se anche solo una sua parte del suo territorio non è sicura, o se solo alcune categorie di persone sono in pericolo.
Nei centri migranti in Albania si applicano le "procedure rapide" per le richieste di asilo. E queste, secondo le norme europee, si possono applicare solo a gruppi specifici di persone: gli uomini, adulti, salvati in acque internazionali (non italiane) dalla Guardia costiera o dalla Marina. Soprattutto, si possono applicare solo se queste persone vengono da un Paese sicuro. Visto che, secondo la definizione ribadita dalla Corte di giustizia europea (che l'Italia è obbligata a seguire), Bangladesh e Egitto non sono sicuri, allora le dodici persone portate in Albania non potevano restare in quei centri.
La stessa sentenza europea, peraltro, aveva già prodotto effetti simili in Italia, a Palermo, nei giorni scorsi. Non era quindi complicato, per i parlamentari del Pd come per chiunque altro, "anticipare" che anche per l'Albania sarebbe potuta succedere la stessa cosa. Anche Fanpage.it, parlando con fonti di palazzo Chigi, lo aveva fatto.
Il piano del governo per ‘rispondere' alla magistratura
Lunedì si riunirà il Consiglio dei ministri, per "approvare delle norme per superare questo ostacolo", ha affermato Meloni. Non è chiaro, al momento, quali possano essere queste norme, ma secondo varie fonti di stampa sarebbero soprattutto due le ipotesi.
Una premessa: molto probabilmente, l'unico modo per "superare" davvero questa questione sarebbe cambiare la norma Ue su cui la Corte di giustizia europea si è basata per la sua sentenza. Cosa che in realtà è già stata fatta: Il nuovo Patto migrazione e asilo, approvato quest'anno, ha cambiato anche il modo in cui si può stabilire che un Paese è sicuro: potrà esserlo anche se ci sono "eccezioni" per alcuni territori o gruppi di persone. Ma il nuovo Patto non entrerà in vigore fino alla metà del 2026, a meno che non arrivino decisioni politiche per anticiparlo.
Per il momento, quindi, il governo Meloni deve trovare un altro strumento. Come detto, le possibilità sarebbero due. La prima sarebbe di confermare l'elenco dei ventidue Paesi che l'Italia considera sicuri, inserendoli in un decreto legge. Oggi la lista dei Paesi sicuri è stabilita da decreto interministeriale, che è una norma di rango più basso rispetto a un decreto legge (equivalente a una legge).
La seconda possibilità sarebbe quella di creare una struttura al ministero degli Esteri che abbia il compito di individuare quali sono i Paesi sicuri. In entrambi i casi, non è chiaro se questo basterebbe a ‘obbligare' i giudici italiani a considerare questi Stati come sicuri. Finché resteranno in vigore le attuali norme europee, infatti, sarà valida anche la sentenza della Corte di giustizia europea. E sembra improbabile che i giudici in Italia possano ignorarla a fronte di una legge nazionale che dice il contrario (ad esempio, che l'Egitto è un Paese sicuro). Insomma, la ricerca del governo per gli strumenti con cui contrastare le decisioni della magistratura continuerà nei prossimi giorni.