Domani cominciano le votazioni per il dodicesimo Presidente della Repubblica. Il Parlamento bloccato cerca un’intesa per un nome condiviso. I grillini la intendono così: questo è il nostro, votatelo. I partiti tradizionali, invece, lavorano nelle retrovie. Incontri, sussurri, per trovare una persona. Se, però, il nome imposto dai grillini (Gabanelli) ha il sapore di uno scherzo, quello su cui si starebbe costruendo l’intesa è da ricovero. Si parla con insistenza di Giuliano Amato, e mi chiedo come sia possibile. Non mi interessano le due pensioni d’oro (ce le ha anche il mistico Rodotà). Mi interessa che con Amato si va esattamente nella direzione contraria ai bisogni del Paese. Oggi l’Italia chiede un padre caloroso. Un uomo rassicurante e vero. Un uomo di emozione, di vicinanza agli umili e agli ultimi. Un uomo di sapienza ed equilibrio, di prestigio e di cuore civile. Un’epica nuova, a cui il volto, la voce, la storia di Amato stanno come una grandinata a primavera. Una calamità.