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Al Consiglio Ue la cena decisiva per le nomine: Meloni al bivio tra ok a Von der Leyen e lo scontro totale

I leader dell’Unione europea si ritrovano a cena per discutere e decidere i ruoli di vertice della prossima legislatura europea. I Popolari, i Socialisti e i Liberali portano sul tavolo un pacchetto di nomi, con in testa la conferma di Ursula Von der Leyen alla presidenza della Commissione. Giorgia Meloni ha lamentato di essere stata esclusa dalla mediazione sulle nomine, ma non ha i numeri per bloccarle. Ecco cosa potrebbe succedere e quali sono le opzioni della premier italiana.
A cura di Marco Billeci
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Giorgia Meloni potrebbe essere costretta a ingoiare un boccone amaro, durante la cena dei leader, organizzata durante il Consiglio europeo, per provare a risolvere il rebus sulle nomine ai ruoli di vertice della prossima legislatura Ue. I 27 capi di stato e di governo si sono seduti a tavola attorno alle 19, per una discussione che si annuncia lunga e complessa, destinata a terminare a notte o ad allungarsi fino a domani, quando è in programma la seconda giornata del summit. La maggior parte degli osservatori però scommette che alla fine del dibattito saranno confermati i nomi favoriti alla vigilia del vertice: il bis di Ursula Von der Leyen (Ppe) a capo della Commissione, il socialista portoghese Antonio Costa a guidare il Consiglio europeo, l'estone Kaja Kallas in quota Liberali come responsabilità della politica estera dell'Unione.

Si tratta del pacchetto di nomi negoziato dagli emissari dei partiti Popolare, Socialista e Liberale alla vigilia del Consiglio europeo. Un metodo duramente contestato dalla premier italiana, che si è lamentata di essere stata esclusa dalle trattative informali della viglia. "Io penso che sia una mancanza di rispetto nei confronti dei cittadini  – ha attaccato Meloni, parlando in Parlamento il giorno prima della partenza per Bruxelles – a Roma si direbbe ‘non fare neanche la parte' di interrogarsi su cosa vada modificato in Europa". E ha sottolineato come il partito europeo da lei presieduto – i Conservatori di Ecr  – non sia stato considerato nella divisione dei ruoli di vertice, nonostante dopo le le elezioni dello scorso 9 giugno sia attualmente il terzo gruppo per consistenza nell'Europarlamento.

Cosa può succedere in Consiglio europeo

Meloni e gli altri leader (come il primo ministro ungherese Orban) che contestano le scelte fatte dai principali gruppi europei, non hanno però la forza numerica necessaria, a bloccare le possibili designazioni,  decise a maggioranza nel Consiglio Ue. Se dunque al termine della discussione, si procederà a votare i nomi annunciati, la premier italiana si troverà davanti a un bivio: tornare sui suoi passi e dare il semaforo verde oppure astenersi, mettendo di fatto l'Italia all'opposizione dell'esecutivo comunitario e creando una clamorosa spaccatura in seno all'Unione.

In teoria potrebbero esserci però anche delle vie di mezzo. Si potrebbe infatti scegliere di non votare insieme l'intero pacchetto di nomi, ma di procedere con tre diverse votazioni. Questo permetterebbe a Meloni di dare l'ok alla riconferma di Von der Leyen alla presidenza della Commissione, senza appoggiare per la guida del Consiglio europeo Antonio Costa, esponente dei Socialisti, partito con cui la leader di Fratelli d'Italia aveva giurato che non si sarebbe mai alleata in Europa. Altra opzione che sta emergendo nelle ultime ore è quella di arrivare alla designazione, senza passare dal voto, così da ammorbidire la frattura. Al termine della discussione, il presidente del Consiglio Ue uscente Charles Michel potrebbe limitarsi a prendere atto del consenso prevalente sui nomi emersi e se nessuno chiedesse di metterli ai voti, questo potrebbe bastare per avere il via libera.

Prima dell'avvio del summit, d'altra parte, alcuni big europei hanno ammorbidito i loro toni verso Meloni e il suo gruppo di Ecr, rispetto alle posizioni espresse nei giorni precedenti. Il premier polacco Tusk dei Popolari ha detto: "Non c'è Europa senza Italia, e non ci sono decisioni senza Meloni, per me è ovvio". E rispondendo a una domanda sulle critiche della premier italiana, il Cancelliere socialista Scholz, ha affermato che sulle nomine "decideranno insieme tutti e 27 gli Stati membri nel Consiglio europeo".

Il rischio dei numeri in Parlamento

Il tentativo di non arrivare allo strappo definitivo è da leggere anche nell'ottica del successivo passaggio che, se designata, Von der Leyen dovrebbe poi affrontare davanti al parlamento europeo, chiamato a confermare o meno la fiducia alla candidata indicata dal Consiglio. Qua, considerando i numerosi franchi tiratori che tradizionalmente si manifestano con il voto segreto, la presidente uscente rischia di non avere i numeri per sopravvivere alla prova, considerando anche la riluttanza di una buona parte del Partito Popolare ad allargare la maggioranza ai Verdi. Ecco, allora, che un eventuale appoggio dei 24 eurodeputati di FdI potrebbe risultare molto utile, se non decisivo.

Molto difficile però che in cambio dell'appoggio al Von der Leyen bis, Meloni possa ottenere una modifica allo schema sulle nomine o un rinvio del voto. La vera partita per la premier potrebbe allora essere quella che riguarda ruolo e competenze del prossimo commissario italiano, all'interno dell'esecutivo Ue. Un incarico a cui sembra essere destinato il ministro Raffaele Fitto, che potrebbe gestire in Europa, alcune delle materie di cui si occupa in Italia, come Pnrr e fondi di Coesione. E insieme, magari ,ottenere una delle poltrone di vicepresidente, anche se non è chiaro se nel caso rientrerebbe tra quelli di rango più alto, ovvero i vicepresidenti esecutivi. Almeno formalmente, tuttavia, la partita sui commissari si aprirà dopo il voto del parlamento sul presidente della Commissione. I

ntanto nelle prossime ore, Meloni dovrà scegliere che strada imboccare: da una parte accettare l'attitudine a sopire e troncare i conflitti, atteggiamento classico nelle stanze del potere di Bruxelles. Dall'altra lo scontro a muso duro con altri big dell'Unione, come tante volte ha fatto in Europa.

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