Aida a Verona, il soprano Tamara Wilson si rifiuta di truccarsi di nero: “È razzista”
Forse non pensava che la sua decisione avrebbe potuto suscitare tutto questo clamore. Ma ora il soprano Tamara Wilson è al centro dell’attenzione per la sua decisione di non truccarsi di nero per interpretare Aida, a Verona. Per ora ha vinto la “battaglia, ma non la guerra”, come dice lei stessa. In occasione dell’ultimo spettacolo che si è tenuto all’Arena è riuscita ad ottenere una gradazione più chiara, rifiutando il trucco nero, ritenuto razzista per quella tecnica – il blackface – che negli Stati Uniti viene da decenni criticata.
“Spero che la mia voce serva ad aprire un dibattito”, afferma in un video su Instagram il soprano. Il riferimento, dunque, è al blackface, questa pratica che prevede – per gli artisti bianchi – di dipingersi il volto di nero. Una tradizione ritenuta poco rispettosa negli Stati Uniti nei confronti delle persone di colore. Ma alla fine a Wilson non è andata così bene, come racconta ancora lei stessa: “Sono stata un’ingenua, pensavo non mi avrebbero truccato ma l’hanno fatto”. E ha giurato che non si truccherà più. L’ultima replica è prevista in questo weekend, ma i vertici di Fondazione Arena sembrano essere sul piede di guerra, tanto da pensare di sostituirla.
La versione dell’Aida in programma a Verona è un remake dell’allestimento di Ettore Fagiuoli. Il personaggio – Aida appunto – è una etiope, schiava degli egizi. E per il trucco è quindi necessario ricorrere a un forte fondotinta scuro. Wilson afferma ancora: “Mi aspetto che in tanti non condivideranno la mia presa di posizione, ma devo vivere con me stessa fino alla fine dei miei giorni. Ho parlato con alcuni colleghi, che non credono che rappresentare Aida in questo modo sia razzista. Pensano che presentarla bianca voglia dire cancellare un forte personaggio femminile di colore e capisco perfettamente, ma conosco anche colleghi che non vogliono che la loro pelle diventi parte del costume perché questo non aiuta la nostra industria ad abbracciare la diversità. Non c’è un giusto o sbagliato perché è una visione personale”.