Agenda Digitale del Pd e la questione giovanile nel partito
Il segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani, si è rivolto ieri alla platea dell'assemblea nazionale Pd parlando di temi importanti come l'Agenda Digitale che deve essere al centro degli obiettivi da perseguire per potenziare l'innovazione nel nostro paese: “Noi dobbiamo essere quelli dei nuovi processi di innovazione e tecnologici, noi dobbiamo essere quelli dell’Agenda Digitale […] dobbiamo dare al Paese alcuni progetti fondamentali come la banda larga”. Ma la questione digitale è strettamente connessa a quella giovanile, così Il Post intervista oggi Matteo Mauri, uno dei giovani dirigenti del Pd, per chiedergli se Bersani abbia introdotto qualche elemento di svecchiamento nelle strutture di comando e nella segreteria del partito. Matteo Mauri ha 40 anni ed è sposato e laureato. Nella segreteria del Pd ricopre il ruolo di responsabile di Trasporti, Infrastrutture e Casa, inoltre è capogruppo del Partito Democratico alla Provincia di Milano. Eletto nel 2004 è stato Assessore nella Giunta Penati, ma la sua militanza politica è cominciata dal basso, come coordinatore della Segreteria e organizzatore regionale per i DS: “so bene come funziona un partito. Non sono uno improvvisato, pregi e difetti compresi”. Certo, per sua stessa ammissione, la carica di “responsabile di Trasporti, Infrastrutture e Casa” è un ruolo anonimo, anche se fondamentale per il funzionamento del partito: “Sono uno di quelli (tanti) che sgobbano parecchio, studiano, scrivono i documenti. E soprattutto non fanno polemiche sui giornali, non vendono notizie interne riservate per ingraziarsi i giornalisti per avere visibilità, non hanno santi in Paradiso. Sono uno di quelli che hanno in testa il bene della ditta”.
Bersani ha introdotto un processo di ringiovanimento all'intero della dirigenza del Partito Democratico, Matteo Mauri ne è convinto: “Sia nella Segreteria nazionale che nei gruppi dirigenti locali. Era un processo già in atto ma lui l’ha rafforzato molto perché ci crede parecchio. Il paradosso è che nessuno glielo riconosce, la vicenda rottamatori docet”. Un rinnovamento reale, ma purtroppo i giovani non decidono “le cose importanti” perché la segreteria non è un luogo di decisione: “La Segreteria deve diventare più autorevole. Così non lo è abbastanza. Ma l’autorevolezza non la si compra al mercato. Si conquista nelle situazioni difficili, e allora mettiamo alla prova quelli e quelle che se la sentono. E qui non si tira indietro nessuno, te l’assicuro”.
Il Partito Democratico cerca di mandare i giovani in tv e far guadagnare loro visibilità? Secondo Matteo Mauri il Pd ci prova, ma non fa abbastanza. Le redazioni televisive fanno molta resistenza per ospitare dei volti nuovi:
“Ma io capisco le ragioni di chi fa la televisione, conduce, decide le scalette e seleziona gli ospiti ogni giorno. Invitare sempre gli stessi è comodo, sicuro, dà garanzie di affidabilità, certo. È anche vero però che dopo un po’ annoia sapere già in anticipo cosa dirà questo, cosa risponderà quell’altro, come si indignerà il terzo, come si incazzerà quell’altro ancora… Perché allora non fare uno sforzo in più per raccontare una storia che magari non sarà collaudata ma può essere molto interessante? Perché non correre il “rischio” di non sapere cosa uno dirà? Ormai certe trasmissioni sembrano un salotto di famiglia, ci si sente a casa, si conoscono tutti. Che palle, direi”.
Ed è qui che la politica deve fare la sua parte: “Facciamo vedere agli italiani anche la faccia nuova di questo PD. Poi sceglieranno loro se gli piace o no (gli piace, gli piace)”.