La nuova panacea di tutti i mali si chiama EUNAVFOR Med ed è sotto il comando di Enrico Credendino, ammiraglio di divisione della Marina Militare Italiana. È una missione che prevede un massiccio utilizzo di mezzi navali ed aerei per la ricognizione al largo delle coste libiche e per il soccorso dei migranti (la search and rescue, prima affidata a Mare Nostrum), ma anche “operazioni per la cattura ed il sequestro delle imbarcazioni utilizzate dagli scafisti”. I costi dell’operazione saranno a carico di tutti i Paesi membri della Ue, con l’eccezione della Danimarca, che ha negato il proprio appoggio. La grande maggioranza dei commentatori e degli analisti ha parlato di “passo in avanti”, considerando invece molto complesso il raggiungimento di un accordo sul piano di distribuzione dei profughi, con il sistema delle quote che non convince molti dei membri Ue.
Va però detto che la missione (che non è solo anti – barconi, per fortuna) necessita ancora di una serie di passaggi essenziali: tramontata l’ipotesi di accordi con la Libia (il Governo di Tobruk di fatto non controlla gran parte della costa in cui operano gli scafisti), serve dunque una deliberazione delle Nazioni Unite e successivamente l’approvazione del Consiglio Europeo (l’appuntamento è per il 22 giugno a Bruxelles). In mezzo una serie di questioni ancora da chiarire e di incognite da superare, soprattutto legate alla questione "affondamento dei barconi".
In effetti la Mogherini ha usato parole tanto di buonsenso quanto piuttosto vaghe, precisando come l’obiettivo non sia quello di “distruggere le barche, ma le organizzazioni dei trafficanti” e chiudendo sostanzialmente la porta alle “incursioni” nei porti libici per “distruggere i barconi prima che partano”, come aveva detto con un po’ di precipitazione lo stesso ministro Alfano nel corso della sua partecipazione a DiMartedì. Come spiega bene Simone Cosimi su Wired, “la cattura e il sequestro dei barconi nei porti sono infatti fantastrategia, e pure la Mogherini sembra averli parcheggiati; ha forse più senso il sequestro e l’affondamento in mare dopo aver tratto in salvo i migranti”. Anche in questo caso, però, i dubbi restano molti: come portare a termine la "missione" senza lasciare in mare decine di cadaveri? Che margini ha l'intelligence per lavorare in Libia? Quindi torniamo a prendere i migranti vicino alle coste libiche come per Mare Nostrum (che noi rimpiangiamo, sia chiaro)?
Ma quella del bombardare i barconi nei porti è una fantastrategia che, manco a dirlo, aveva trovato entusiasti sostenitori tra i leghisti, con Salvini pronto a commentare: “Affondare nei porti libici i barconi che poi trasporteranno gli immigrati significa fare un atto di guerra? Allora partiamo con l’atto di guerra”.
L'idea, oltre che difficilmente praticabile, si mostra poi nella sua irragionevolezza più completa. Un report preliminare della Unione Europea aveva, ad esempio, già sottolineato come ogni tipo di intervento “militare” volto a colpire i barconi avrebbe comportato “effetti collaterali”: in soldoni, decine e decine di morti tra i migranti. Le stesse attività di intelligence, che avrebbero permesso di individuare i barconi da “eliminare”, sarebbero state tutt’altro che semplici e con un alto livello di approssimazione. Insomma, il rischio era quello di bombardare un po’ a caso, lasciando sul terreno morti e feriti innocenti e senza eliminare nemmeno le partenze (diciamo che non è che esista un “punto di partenza unico” per i barconi o un punto di imbarco per i migranti…).
Ci sarebbe poi anche un altro aspetto, per nulla secondario. Ne scrive Enrico Sitta, della rete Tilt: “I barconi sono una vergogna, gli scafisti dei criminali. Eppure, che lo si voglia o no, quelle barche oggi anche quando portano alla morte rappresentano l'unica speranza di salvezza da guerra, miseria e torture per migliaia di persone. Chi non ci sale invece di affondare nel Mediterraneo crepa dove si trova”. E aggiunge Furio Colombo sul Fatto: “Ora, vista la proposta di affondare l’intera flotta di “trafficanti di uomini” composta per lo più da vecchi pescherecci in disarmo, mi domando, e vi domando: quanto costerà approssimativamente l’affondamento di ogni singolo barcone, pur nelle condizioni economicamente vantaggiose di non dover rispondere di eventuali occupanti? […] Chi ha vissuto la Seconda guerra mondiale in Europa, l’Europa del razzismo perverso e della violenza assoluta, sa quante famiglie e folle di perseguitati senza speranza hanno dovuto mettersi nelle mani di “scafisti” di ogni genere, quanta di quella gente in fuga è stata costretta a cercare, implorare, pagare, corrompere per attraversare posti di blocco e frontiere impossibili, quando il pericolo si faceva estremo e non restava che fuga”.
Insomma, al di là degli scafisti, dei trafficanti di morte, dell’incuria degli Stati Europei, dell’instabilità politica in Libia, c’è una vera emergenza a due passi da noi, sull’altra sponda del Mediterraneo. Ci sono migliaia di persone nei lager libici e migliaia e migliaia che fuggono dalla fame, dalle guerre, dall’integralismo religioso. Che facciamo? Distruggiamo i barconi per impedire che arrivino da noi, ma poi? Ci giriamo dall’altra parte? Gli paracadutiamo un po’ di aiuti umanitari sulla testa, come hanno fatto i thailandesi? O esportiamo un altro po’ di democrazia?